Corte di Cassazione 12 maggio 2014 n. 19487. La Suprema Corte ha affermato che quanto alla risarcibilità del danno sia patrimoniale che morale, l’elaborazione giurisprudenziale l’ha estesa da tempo anche ai conviventi della vittima in quanto, agli effetti della legitimatio ad causam, del soggetto, convivente di fatto della vittima dell’azione di un terzo, viene in considerazione non già il rapporto interno tra i conviventi, bensì l’aggressione che tale rapporto ha subito ad opera del terzo. Conseguentemente, mentre è giuridicamente irrilevante che il rapporto interno non sia disciplinato dalla legge, l’aggressione ad opera del terzo legittima il convivente a costituirsi parte civile, essendo questi leso nel proprio diritto di libertà, nascente direttamente dalla Costituzione, alla continuazione del rapporto: diritto assoluto e tutelabile erga omnes, senza, perciò, interferenze da parte dei terzi. Tuttavia, perché il danno sia risarcibile, la convivenza deve avere avuto un carattere di stabilità tale da far ragionevolmente ritenere che, ove non fosse intervenuta l’altrui azione, la convivenza sarebbe continuata nel tempo. Trattasi di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c., nel cui ambito rientrano i danni patrimoniali, ma ad una riparazione ai sensi dell’art. 2059 c.c., senza il limite ivi previsto in correlazione all’art. 185 c.p. in ragione della natura del valore inciso, vertendosi in materia di danno che non si presta ad una valutazione monetaria di mercato. La condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della esistenza – desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità – di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, restando impregiudicato l’accertamento riservato al giudice della liquidazione dell’esistenza e dell’entità del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudizio formatosi sull’an.
di Carmine Lattarulo