Cassazione Civile Sez. II 9.9.2019 n. 22455: deve aversi riguardo all’intero valore del bene per determinare la quota, giammai al valore della quota stessa.
Il fatto.
Si discute se nella richiesta di una parte del bene, il valore della causa debba attenersi all’intera massa oppure alla quota.
La decisione.
Si tratta di uno dei più ricorrenti errori che commette la maggioranza della giurisprudenza di merito. E’ necessario ricorrere ad un esempio: un danneggiato, avendo subito un danno alla propria vettura per l’importo di € 10.000,00 e ricevuto un acconto di € 9.000,00 dall’impresa assicuratrice, ricorre in giudizio per ottenere la residua somma di € 1.000,00. Nella maggior parte dei casi, nella liquidazione delle spese processuali, il giudice riterrà che il valore della causa sia pari ad € 1.000,00 e non di € 10.000,00, con conseguente applicazione del primo scaglione, anzicchè del terzo, della tabella del dm 55/2014. Questa ratio obbedisce ad una parziale e distorta lettura dell’art. 5 dm 55/2014, il quale dispone che “nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, si ha riguardo di norma alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata“. Senonchè, dimentica che la stessa norma prosegue indicando che “in ogni caso si ha riguardo al valore effettivo della controversia“. Ma il ragionamento è completamente sbagliato. Infatti, per poter procedere alla determinazione del residuo, è necessario accertare l’intero danno, altrimenti sarebbe impossibile calcolare il residuo. Poco importa che venga riconosciuto al danneggiato la somma di € 1.000,00, ovvero di € 5.000,00, che dir si voglia, in quanto il discrimine tra le due ipotesi è solo una mera ultimale operazione di sottrazione; in ambedue le ipotesi bisognerà calcolare il valore della massa ovvero del bene danneggiato e questa rappresenta la disamina più difficile, per poter determinare se e quanto competa al danneggiato per differenza. Soccorrono le norme in tema di procedimento di divisione. L’art 5 del dm 55/2014, indica che “nella liquidazione dei compensi a carico del soccombente, il valore della causa … e’ determinato a norma del codice di procedura civile … quando nei giudizi di divisione la controversia interessa anche la massa da dividere, si ha riguardo a quest’ultima”. L’art. 12 comma II cpc, a cui fa riferimento l’art. 5 dm 55/14, conferma che “il valore delle cause per divisione si determina da quello della massa attiva da dividersi“.
Questo indirizzo è stato confermato da una recentissima pronuncia del Supremo Collegio, il quale ha motivato che “oggetto della controversia nel cui ambito si è spiegata l’attività professionale del ricorrente era l’intera massa ereditaria anche con riguardo alla sua entità, con la conseguenza che secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte era il valore della stessa a dover costituire parametro di riferimento per la esatta liquidazione dei compensi dovuti al ricorrente ai sensi dell’art. 12 ultimo comma cpc, con la relativa applicazione degli inerenti criteri tariffari di cui all’art. 5 d.m. 140/2012, di cui è stata legittimamente denunciata in questa sede la violazione (Cassazione Civile Sez. II 9.9.2019 n. 22455). Lo aveva ricordato la stessa Sezione quattro mesi prima, indicando che sebbene la domanda riguardasse una frazione della massa ereditaria, “avrebbe dovuto essere deciso ponendo riferimento all’indicato valore della complessiva massa ereditaria e non a quello della quota in contestazione relativa alla sola domanda di riduzione […]. Pertanto, essendo venuta a costituire oggetto della richiamata controversia l’intera massa ereditaria anche con riguardo alla determinazione della sua entità, ne consegue che – secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte – era il valore della stessa a dover costituire il parametro di riferimento per la esatta liquidazione dei compensi dovuti al ricorrente ai sensi dell’art. 12, ultimo comma, c.p.c., con la relativa applicazione degli inerenti criteri tariffari di cui all’art 5 del D.M. n. 140/2012, di cui, perciò, è stata legittimamente denunciata in questa sede la violazione” (Cassazione Civile Sez. II 20.05.2019 n. 13512).
Infatti, nonostante la ritualità degli errori della giurisprudenza di merito, l’indirizzo è risalente: “deve, al riguardo, richiamarsi l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale nei giudizi divisori il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso ai difensori, si determina in base alla massa da dividere, se la controversia riguarda la sua entità, ed in base alla quota se la contestazione riguardi solo quest’ultima” (ad esempio, in merito a quest’ultima ipotesi: è certo che il valore della massa sia € 10.000,00, e quindi non è necessario accertarlo, ma si discute che la quota di € 1.000,00, certa anche questa, sia stata già percepita: Cassazione civile, sez. II 24/09/2014 n. 20126); “non era in contestazione solo la quota spettante agli eredi pretermessi, ma l’entità della massa attiva da dividere con la conseguenza che il valore della controversia va determinato a norma dell’art. 12 e segg. cpc” (Cassazione civile, sez. II 05/06/2012 n. 9058); “nei giudizi divisori il valore della causa, ai fini della liquidazione del compenso ai difensori, si determina in base alla massa da dividere, se la controversia riguarda la sua entità; ed in base alla quota se la contestazione riguardi solo quest’ultima” (Cassazione civile, sez. II, 13/11/1997, n. 11222).
L’analogia ai procedimenti di divisione ereditaria è un procedimento legittimo, in quanto è la ratio ed essere esatta; infatti, la Cassazione aveva applicato medesimo principio in giudizio attinente a risarcimento danni da circolazione stradale parzialmente soddisfatti, insegnando che il valore deve tener conto della somma dell’offerta e del residuo: “tuttavia le spese giudiziali sono state calcolate in base al valore residuale della pretesa giudiziale contestata dalla compagnia assicuratrice e non per l’intero ammontare complessivamente riconosciuto in via stragiudiziale e giudiziale. La Corte d’Appello, pertanto, non ha correttamente applicato il principio sopra indicato (Cassazione Civile Sez. III 14.02.2019 n. 4306). Infatti, c’è una situazione del tutto diversa che è quella della riduzione della domanda perchè il diritto azionato è stato soddisfatto in parte nel corso del giudizio. La ratio si raccorda a quella della soccombenza virtuale nel caso in cui l’intera pretesa azionata sia stata soddisfatta e sia cessata la materia del contendere. In tal caso – come più volte affermato da questa Corte (ex plurimis Cass., sez. 3^, 11 gennaio 2006, n. 271) – il giudice deve valutare la fondatezza della domanda al solo fine del rimborso delle spese di lite, senza che possa tenersi conto della estinzione del debito per sopravvenuto adempimento nelle more del giudizio. La situazione è analoga nel caso in cui il diritto sia stato soddisfatto solo in parte: per la determinazione degli onorari occorrerà considerare il disputatum e non già il decisum allorchè il giudice, sollecitato dalla parte che chieda il rimborso degli onorari sulla base dell’originario valore della controversia, ritenga la piena fondatezza dell’originaria domanda, accolta solo in parte per il sopravvenuto parziale adempimento nelle more del giudizio” (Cassazione civile, sez. un. 11/09/2007 n. 19014).
Avv. Carmine Lattarulo ©
Risarcimento di una frazione del bene e liquidazione delle spese processuali.
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