Corte di cassazione – Sezione Lavoro – sentenza 21 novembre 2013 n. 26143. Sempre maggior tutela riveste il diritto alla riservatezza, che nel prossimo volgere degli anni potrà diventare un diritto di rango costituzionale assoluto. È legittimo il licenziamento di chi registra le conversazioni dei colleghi a loro insaputa. Per questo la sezione Lavoro della Cassazione ha confermato, con la sentenza 2 ottobre-21 novembre 2013 n. 26143, il licenziamento intimato a un medico dall’azienda ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino «per la grave situazione di sfiducia, sospetto e mancanza di collaborazione venutasi a creare all’interno dell’equipe medica di chirurgia plastica». L’uomo, infatti, era stato accusato di aver registrato brani di conversazione di numerosi suoi colleghi senza che questi ne fossero a conoscenza, violando dunque il loro diritto alla riservatezza, per poi utilizzarli in sede giudiziaria, a supporto di una denuncia per mobbing che egli stesso aveva presentato nei confronti del primario. I giudici del merito, il Tribunale e la Corte d’Appello di Torino, avevano confermato il licenziamento, rilevando che la condotta tenuta dall’uomo integrasse «gli estremi della giusta causa di recesso in conseguenza della irrimediabile lesione del vincolo fiduciario con la parte datoriale». Il dipendente, quindi, aveva presentato ricorso in Cassazione, che però ha confermato le motivazioni dei giudici di merito. Le risultanze processuali hanno dato conto, si legge nella sentenza depositata oggi, di un «comportamento tale da integrare una evidente violazione del diritto alla riservatezza dei suoi colleghi, avendo registrato e diffuso le loro conversazioni intrattenute in ambito strettamente lavorativo alla presenza del primario ed anche nei loro momenti privati svoltisi negli spogliatoi o nei locali di comune frequentazione, utilizzandole strumentalmente per una denunzia di mobbing rivelatasi, tra l’altro, infondata». Da ciò é conseguito «un clima di mancanza di fiducia – conclude la Corte – indispensabile per il miglior livello di assistenza e, quindi, funzionale alla qualità del servizio, il tutto con grave ed irreparabile compromissione anche del rapporto fiduciario» tra il dipendente e l’azienda.