Corte di cassazione – Sezione V penale – sentenza 4 febbraio 2014 n. 5227. Una delle frasi più ricorrenti nel gergo quotidiano e nel comune immaginario non è considerata ingiuria (si immagini il tripudio di nuore e generi). Un uomo era stato denunciato per aver pronunciato, in pubblico, la frase «è scesa mia suocera come una vipera». La Corte ha ritenuto che «l’espressione è stata pronunciata dal ricorrente in un contesto di rapporti tesi», con «acredine personale a causa di fatti pregressi, che hanno portato a questioni giudiziarie», legati a «un quadro di conflittualità derivante dalla crisi del rapporto» dell’uomo con la figlia della parte offesa. La frase non era stata indirizzata alla suocera, ma era «stata utilizzata dal ricorrente per descrivere agli agenti intervenuti l’azione della donna ‘scesa come una vipera’ … se è vero che il reato di ingiuria si perfeziona per il sol fatto che l’offesa al decoro o all’onore della persona avvenga alla sua presenza, è altrettanto vero che non integrano la condotta di ingiuria le espressioni verbali che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell’altrui onore o decoro, persino se formulate con terminologia scomposta o ineducata». La Corte ricorda che «la valenza offensiva di una determinata espressione deve essere riferita al contesto nel quale è stata pronunciata, tenendo conto, tra l’altro, dello standard di sensibilità sociale del tempo … pronunciata all’esito di un contrasto che aveva determinato l’intervento delle forze dell’ordine e per descrivere, nella concitazione del momento, le modalità di azione», tali da non connotare «l’attivazione della tutela penale».