Cassazione Civile Szione III 15 luglio 2014 n. 16133. Non tutte le violazioni delle norme sul trattamento dei dati sensibili integrano una violazione del fondamentale diritto alla privacy: affinché si configuri l’obbligo di ristorare il danno non patrimoniale è necessario superare la soglia di risarcibilità, ciò che avviene quando risultano riscontrati i requisiti della gravità della lesione e la serietà del danno, i quali devono essere provati dal leso e valutati caso per caso dal giudice. La pronuncia fa riferimento alla arcinota sentenza delle Sezioni Unite dell’11 novembre 2008 n. 26972 che tende a bilanciare gli interessi contrapposti ed il proliferare di liti bagatellari. La mera violazione delle prescrizioni dell’articolo 11 codice privacy da sola non rileva: è necessario un vulnus effettivo da valutare nel caso concreto. E ciò perché la mera circostanza che il legislatore abbia inserito un dato diritto, come quello alla riservatezza, nell’alveo del rimedio risarcitorio del danno non patrimoniale non implica di per sé che ricorrano i presupposti di gravità della lesione del diritto e di serietà del danno che ne consegue, ormai da tempo individuati dalla giurisprudenza di legittimità nelle ipotesi ex articolo 2059 Cc di pregiudizio inferto ai diritti inviolabili tutelati Costituzione. Qui, dunque, interviene il principio di solidarietà, con l’immediato precipitato costituito dalla tolleranza, che «costituisce il punto di mediazione che permette all’ordinamento di salvaguardare il diritto del singolo nell’ambito di una concreta comunità di persone».
Avv. Carmine Lattarulo