La sentenza si distingue per rappresentare una vera e propria rubrica delle voci risarcitorie spettanti a seguito della morte di congiunto e dei conseguenziali riconoscimenti. La molteplicità delle disposizioni emanate obbliga una sorta di elencazione. Preliminarmente, il danno biologico iure hereditatis (sul defunto) si può calcolare attraverso una specifica consulenza tecnica, come avevano già affermato precedenti prionuce della Suprema Corte (11039/2006, 19493/20071). Sussiste il danno differenziale, ossia il maggior danno da corrispondersi da parte del responsabile a saldo del risarcimento, di natura indennitaria, dell’assicuratore sociale (come da precedenti arresti 10035/2004; 7195/2001). Ancora una colta, la Corte, smarcandosi dalla nota (e disastrosa) pronuncia delle Sezioni Unite 11 novembre 2008 n. 26972, richiamandosi alle recenti sentenze n. 22585/2013 e 160141/2013, distingue l’autonomia ontologica tra danno morale, danno biologico e soprattutto del danno esistenziale, inteso come quella dequalificazione della vita e la conseguente rinuncia alle attività extralavorative ed alle normali abitudine di vita relazionali. La Corte offre importante definizioni e conseguenti distinzioni del danno catastrofale (“sofferenza patita dalla vittima, nell’assistere nel lasso di tempo compreso tra l’evento che le ha provocate e la morte, alla perdita della propria vita”), del danno tanatologico (“perdita della vita come massima espressione del bene salute”), del danno iure hereditatis (“sofferenza del defunto, per un considerevole lasso di tempo, consistente nella lesione della propria integrità psico fisica, consistente un autonomo danno biologico”).
Avv. Carmine Lattarulo