Cassazione Civile Sezione VI 27 ottobre 2014 n. 22737. Una delle più fastidiose chiose che un avvocato possa sopportare nella sua carriera è la pretesa del cliente di non dover pagare la parcella, pur avendolo consultato, ritenendo di non avergli sottoscritto alcun incarico. E mentre il medico, il dentista, l’ingegnere od altro professionista possono pretendere il loro compenso senza alcuna sottoscrizione di mandato, l’avvocato deve vedersi respingere la propria pretesa, perchè, a dire del cliente, in mancanza della firma sul mandato, il suo studio vale alla stregua di circolo ricreativo, ove chiunque può accedervi senza pagare. A mettere fine a questa burla interviene la Suprema Corte per un caso che vedeva coinvolta una società che ricusava il pagamento al professionista sebbene i suoi incaricati si erano rivolti dal legale al fine di fare esaminare un atto di citazione per una causa già pendente. Peraltro, non si trattava di un mero colloquio informativo ma vennero sottoposti all’attenzione del legale atti giudiziari ancora in possesso in copia dell’avvocato e prodotti in giudizio, al fine di ottenere un parere e in vista di un futuro mandato professionale. La Corte ha ritenuto sussistere un rapporto professionale tra la società e il legale e il conferimento di un incarico, dalla società al legale, avente ad oggetto un parere professionale in merito ad una causa già pendente. Non rileva il mancato conferimento formale dell’incarico, non essendoci dubbio che il legale abbia impegnato il proprio tempo e le sue competenze professionali anche al solo fine del parere.
Avv. Carmine Lattarulo