Cassazione Penale, sezione IV 6 marzo 2015 n. 9923. E’ una sentenza con principio fortemente innovativo, in quanto sanziona l’esercente che si sia attenuto alle regole. La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione si è allineata sostanzialmente alla legge Balduzzi che ha dato luogo ad una “abolìtio criminis” parziale degli artt. 589 e 590 c.p. nei confronti dei medici, avendo ristretto l’area del penalmente rilevante individuata alle ipotesi di colpa grave: l’articolo 3 della legge 8 novembre 2012 n. 189 (c.d. legge “Balduzzi”,) prevede che l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività’ si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità’ scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. L’articolo 3 della legge n. 189 del 2012 appare porre un limite alla possibilità per il giudice di sancire la responsabilità del medico che abbia rispettato le linee guida e le best practices: ma la novità dell’arresto consiste nella astratta possibilità che possa pur sempre essere riconosciuta la responsabilità penale del medico per omicìdio e lesioni personali che si sia attenuto ad esse, laddove avrebbe dovuto invece discostarsene in ragione della peculiare situazione clinica del malato e questi non lo abbia fatto per “colpa grave”, quando cioè la necessità di discostarsi dalle linee guida era macroscopica, immediatamente riconoscibile da qualunque altro sanitario al posto dell’imputato. E’ noto che per aversi colpa grave occorre che il medico sì sìa altamente dìscostato dallo standard di agire dell'”agente modello”, avendo attenzione alle peculiarità oggettive e soggettive del caso concreto. Così, sotto il primo profilo, non si potrà mancare dì valutare la complessità, l’oscurità del quadro patologico, la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o novità della situazione data. Neppure si potrà trascurare la situazione nella quale il terapeuta si sia trovato ad operare: l’urgenza e l’assenza di presidi adeguati rendono infatti diffìcile anche ciò che astrattamente non è fuori dagli standard. Così, sotto il profilo “soggettivo”, per determinare la misura del rimprovero, bisognerà considerare le specifiche condizioni dell’agente, cosicché, sulla base del princìpio secondo cui tanto più si è adeguato il soggetto all’osservanza della regola tanto maggiore deve ritenersi il grado della colpa, l’inosservanza della norma terapeutica avrà un maggiore disvalore per un insigne specialista che per un comune medico generico. In definitiva, potendosi configurare la “colpa grave” nel caso dell’errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo dì abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell’atto operatorio e che il medico deve essere sicuro di poter gestire correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria.
Carmine Lattarulo