Cassazione Civile Sezione III 10 giugno 2015 n. 12089. La Suprema Corte ha affermato che “nel giudizio di risarcimento del danno promosso dal danneggiato con l’azione diretta contro l’assicuratore, è necessaria, ai fini dell’integrità del contraddittorio, la presenza in processo del responsabile del danno … il responsabile del danno … deve essere chiamato in causa come litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta” (Cass. Civ. Sez. III 10 giugno 2015 n. 12089). Alcuni giorni prima lo aveva già scandito: “accanto all’azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo utilizzato, la persistenza della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal momento che il codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i suo diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso (v. Corte Cost. 28/05/2010 n. 192” (Cass. Civ. Sez. III 29 maggio 2015 n. 11154). La Corte Costituzionale, con sentenza del 19.06.2009 n. 180, aveva del resto chiarito che l’azione tradizionale risarcitoria ex artt. 2043 e 2054 cc sopravvive e non può dirsi discriminata dalla procedura di indennizzo diretto: “un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 149 consentirebbe, accanto all’azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo utilizzato, la persistenza della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal momento che il Codice della assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di far valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso (ordinanza n. 441 del 2008). Il predetto Codice, nel quadro di un complessivo riassetto della materia (…) introduce un meccanismo che, in presenza di certe condizioni, agevola la tutela del danneggiato e, in prospettiva, come lo stesso giudice a quo riconosce, si propone di creare le condizioni per un miglioramento delle prestazioni assicurative. Pur nell’approssimativo coordinamento delle norme del titolo X del Codice, nel loro complesso e nei rapporti con la disciplina vigente, nulla autorizza a ritenere che siano stati stravolti i principi in tema di responsabilità civile, tanto più che le norme poste dal legislatore delegato sono da interpretare nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega (sentenza n. 98 del 2008 e nn. 170 e 340 del 2007). Nella misura in cui l’azione diretta contro l’assicuratore del danneggiato non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato, non è riconoscibile un vizio nel procedimento di formazione legislativa: il sistema di liquidazione del danno creato nell’esercizio della delega è misurabile nei termini del riassetto normativo delegato. … il predetto Codice (…) introduce un meccanismo che (…), agevola la tutela del danneggiato e (…) si propone di creare le condizoni per un miglioramento delle prestazioni assicurative. (…) nulla autorizza a ritenere che siano stati stravolti i principi in tema di responsabilità civile (…). Nella misura in cui l’azione diretta contro l’assicuratore del danneggiato non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato, non è riconoscibile un vizio nel procedimento di formazione legislativa … La sentenza richiamata si propone lo scopo di rafforzare la posizione del danneggiato, il quale, qualora fosse costretto a citare solo l’assicuratore e non anche il responsabile civile, avrebbe una diminuzione di tutela, ossia lo scopo paradossalmente opposto a quello voluto dal legislatore e chiarito dalla Consulta, qualora le intenzioni del legislatore non fossero esattamente quelle. Con ulteriore sentenza, la Corte Costituzionale (13 giugno 2008 n. 205) ha ritenuto manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale intorno all’art. 141 nella parte in cui – prevedendo l’azione diretta del trasportato verso la compagnia assicuratrice del veicolo – escluderebbe che il medesimo trasportato possa agire nei confronti del vero responsabile del danno, così come previsto dal sistema degli artt. 1917, 2043 e 2054 cc, in quanto “dette norme si limitano a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso”. Anche questo arresto prevede, pertanto, la cumulabilità delle azioni. Con altro affondo (3 maggio 2012 n. 111), la Consulta ha sancito per inciso: “… per altro verso, del tutto impropriamente si postula dal rimettente una parità di disciplina tra l’azione nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile e quelle per «risarcimento diretto» (a carico del proprio assicuratore o dell’assicuratore del trasportante) di cui agli artt. 141, 144, 149 dello stesso codice, una volta che dette ultime azioni, rispetto alla prima, non sono alternative, ma rappresentano un rimedio in più a disposizione del danneggiato (sentenza n. 180 del 2009; ordinanze n. 85 del 2010, n. 201 e n. 191 del 2009, n. 440 e n. 205 del 2008) …”; con questa sentenza, il giudice delle leggi ha voluto semplicemente sottolineare che l’azione di risarcimento diretto, in quanto alternativa a quella tradizionale, proprio perchè rappresenti un rimedio in più, non può avere alcuna reformatio in peius rispetto all’altra.
Alla Consulta, si era già allineata la Suprema Corte: “ … il proprietario del veicolo assicurato deve essere, quale responsabile del danno, chiamato in causa come litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore con azione diretta, in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali, trovando detta deroga giustificazione nell’esigenza di rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore, consentendogli di opporre l’accertamento di responsabilità al proprietario del veicolo, quale soggetto del rapporto assicurativo, ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti da tale rapporto, e in particolare, dall’azione di rivalsa ex art.18 della legge citata. Ove l’azione giudiziaria sia stata in siffatta ipotesi proposta soltanto contro alcuni dei legittimati passivi il contraddittorio deve essere integrato nei confronti degli altri, affinché la sentenza possa essere utiliter data”1 (Cass. Civ. Sez. III 04 ottobre 2013 n. 22757); “la legge sull’assicurazione obbligatoria per la R.C.A. attribuisce al danneggiato il diritto, ma non l’obbligo, di proporre azione diretta contro la compagnia assicuratrice, oltre che contro il responsabile, per ottenere il risarcimento dei danni, ma litisconsorte necessario è solo il proprietario dell’autovettura che abbia provocato il danno; qualora l’assicurato non si avvalga della facoltà di proporre l’azione diretta contro l’assicuratore, non è prospettabile alcuna violazione del contraddittorio. Lo stesso vale nel caso in cui si sia avvalso dell’azione diretta e abbia proposto la sua domanda anche contro l’assicuratore …” (Cass. Civ. Sez. III 16 giugno 2014 n. 13671); “… va, infatti osservato che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, (Cass. 12.2.1998, n. 1471; Cass. 13.3.1996, n. 2056; Cass. 1.6.1995, n. 6128) l’entrata in vigore della l. n. 990-1969 non ha fatto venir meno il disposto dell’art. 2054 c.c., il cui contenuto è anzi richiamato dall’art. 1 della detta legge. Pertanto il danneggiato ha conservato accanto all’azione diretta di cui all’art. 18, quella codicistica di cui all’art. 2054 c.c. contro il conducente o il proprietario del veicolo. Quanto alla possibilità di proporre cumulativamente dette azioni (quella ex art. 18 l. ass. rca e quella ex art. 2054 c.c.), dopo un iniziale contrasto giurisprudenziale, la giurisprudenza pacificamente ritiene (Cass. 4.10.1996, n. 8717; Cass. 1.6.1995, cit.; Cass. 3.5.1990, n. 3624) che il debito da fatto illecito che fa capo al danneggiante e quello di pagamento dell’indennizzo, che grava sull’assicuratore, sono legati da un vincolo di solidarietà, ancorché atipico, con la conseguenza che è ammissibile la proposizione cumulativa da parte del danneggiato delle relative azioni e così la condanna in solido del danneggiante e dell’assicuratore …”; “… l’introduzione, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18, dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore (o del Fondo di garanzia a norma dell’art. 19 stessa Legge), non ha escluso l’azione per responsabilità aquiliana nei confronti dei danneggianti … costoro sono tenuti in solido al risarcimento del danno, stante l’eadem causa obbligando a fondamento dei diversi titoli (nel caso, rispettivamente, responsabilità da illecito conseguente a circolazione stradale e obbligazione indennitaria ex lege gravante sull’assicuratore) di responsabilità (v. Cass., 10/10/2003, n. 15179; Cass., 27/8/1999, n. 9003; Cass., 12/2/1998, n. 1471). Trattasi di un vincolo di solidarietà (v. Cass., 13/4/2007, n. 8825) atipica, atteso che il debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto ed è illimitato mentre quello di natura indennitaria dell’assicuratore deriva ex lege e trova limite nella capienza del massimale (v. Cass., 3/6/2002, n. 7993; Cass., 9/4/2001, n. 5262;Cass., 1/6/1995, n. 6128), che legittima la proponibilità cumulativa delle due azioni (v. Cass., 9/4/2001, n. 5262). Il principio della solidarietà di cui all’art. 2055 c.c., presuppone infatti l’unicità del fatto dannoso subito dal danneggiato (da considerarsi solamente con riguardo alla posizione di quest’ultimo, e non anche intesa come identità delle azioni giuridiche nei confronti dei danneggianti, nè come identità delle norme giuridiche sulla cui base essi sono tenuti al risarcimento: v. Cass., 16/12/2005, n. 27713; Cass., 14/7/2004, n. 13071; Cass., 3/5/2002, n. 6365), al cui risarcimento siano chiamati più soggetti, a nulla rilevando in contrario la diversità delle fonti dalle quali le relative obbligazioni derivano. In tema di illecito conseguente a circolazione stradale, la natura solidale o meno dell’obbligazione è una questione di diritto sostanziale, essendo entrambi i debitori tenuti – pur se, come detto, in base a diverso titolo – per l’intero ammontare nei confronti del danneggiato (v. Cass., 8/3/2007, n. 5331), in ragione del verificarsi dell’unico fatto dannoso fonte della responsabilità aquiliana del danneggiante e dell’obbligazione risarcitoria dell’assicuratore (cfr., da ultimo, Cass., 25/1/2008, n. 1680), con la conseguenza che il pagamento effettuato dall’uno ha effetto liberatorio nei confronti dell’altro (v. Cass., 7/7/1999, n. 7019; Cass., 28/11/1988, n. 6402;Cass., 16/8/1988, n. 4950. V. anche Cass., 6/6/2002, n. 8216; Cass., 14/6/1999, n. 5883” (Cass. Civ. Sez. III 11 giugno 2008 n. 15462). Si potrebbe obiettare, prendendo in prestito l’art. 149 comma VI laddove disponga che “il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’art. 145 comma II nei soli confronti della propria impresa di assicurazione”, consenta di escludere il responsabile civile dalla partecipazione al processo. Ma non è così. Per convincersene, basti continuare a leggere il comma: “l’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l’altra impresa …”. Il termine soli è riferito all’impresa assicuratrice del danneggiato che sostituisce processualmente quelle del responsabile e non esclude ques’ultimo ex artt. 2043 e 2054 cc dal processo. Ricorrendo all’interpretazione letterale, ex art. 12 disp. prel., non esiste alcuna norma che prescrive letteralmente la esclusione del responsabile civile dal processo. Quod lex voluit, dixit. Se il legislatore avesse voluto escludere il responsabile civile dal processo, lo avrebbe detto chiaramente. Il responsabile civile è sempre stato considerato litisconsorte necessario (Cass. Civ. Sez. III 2 dicembre 2014 n. 25421; Cass. Civ. Sez. III 4 ottobre 2013 n. 22757; Cass. Civ. Sez. III 22 maggio 2007 n. 11885; Cass. Civ. 14 dicembre 2007 n. 26298; Cass. Civ. Sez. III 27 marzo 2007 n. 7487; Cass. Civ. Sez. III 18 aprile 2007 n. 9294; Cass. Civ. Sez. III 13 aprile 2007 n. 8825). Ma la possibilità di eludere una delle due parti è categoricamente esclusa in un più ampio contesto dei principi fondamentali del processo: se la decisione – prevede l’art. 102 c.p.c. – non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo (Cass. Civ. Sez. III 03 novembre 2008 n. 26422). La Suprema Corte applicava un principio monofilattico, ma anche imperativo dettato dalla Consulta, la quale, sebbene in tema di analisi di profili di incostituzionalità dell’art. 140 d. lgs 209/2005, aveva modo di riaffermare che “in … ipotesi originata da una inscindibilità del rapporto giuridico dedotto in giudizio o da una dipendenza di diverse posizioni giuridiche … la pronuncia è unica nei confronti di tutte le parti … (Corte Costituzionale 24 giugno 2010 n. 230).
Carmine Lattarulo