Cassazione Civile Sezione III 2 novembre 2015 n. 21925: la legittimazione riguarda l’allegazione ed il relativo difetto è rilevabile in ogni stato e grado, anche d’ufficio, mentre la titolarità d’azione, riguardando il merito, non è rilevabile d’ufficio e soggiace alle preclusioni di rito.
Il caso. Un danneggiato, invocando in giudizio solo il responsabile del danno, si vedeva rilevare ingiustamente dal giudice di appello, e quindi di ufficio, peraltro oltre i termini di rito, la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di altro effettivo proprietario.
La decisione. Trattasi della sconosciuta e disapplicata differenza tra legittimazione al processo e titolarità d’azione. In termini estremamente schematici, la questione riguarda la legittimazione se il danneggiato allega egli stesso un diritto altrui e quindi inammissibile, appunto per allegazione, senza fare ricorso al merito. Se il danneggiato non allega un diritto altrui, ma tanto viene accertato nel merito, contrariamente all’allegazione, rileva come difetto di titolarità d’azione. Infatti, di difetto di legittimazione attiva è dunque lecito discorrere tutte le volte che (e solo se) si faccia valere, in sede giudiziaria, o un diritto rappresentato come altrui (un soggetto agisce in rivendica reclamando un bene che egli stesso asserisce di proprietà di un terzo), ovvero un diritto rappresentato come oggetto della propria sfera di azione e di tutela giurisdizionale al di fuori dal relativo modello legale tipico (un comodatario agisce in rivendica del bene del comodante prospettando come legittima tale azione). In altri termini, la legittimazione ad agire e a contraddire, quale condizione dell’azione, si fonda sulla prospettazione ovvero sull’allegazione fatta in domanda (Cass. Civ. Sez. II 10 maggio 2010 n. 11284; Cass. Civ. Sez. III 09 aprile 2009 n. 8699; Cass. Civ. Sez. III 30 maggio 2008 n. 14468; Cass. Civ. 06 marzo 2008 n. 6132; Cass. Civ. Sez. I 10 gennaio 2008 n. 355; Cass. Civ. Sez. I 28 febbraio 2007 n. 4776; Cass. Civ. Sez. I 29 settembre 2006 n. 21192; Cass. Civ. Sez. III 26 settembre 2006 n. 20819; Cass. Civ. Sez. III 14 giugno 2006 n. 13756).
La differenza tra difetto di legittimazione attiva e titolarità d’azione è sostanziale: mentre il difetto di legittimazione, passiva ed attiva, è rilevabile in ogni stato e grado del processo, tranne i limiti del giudicato, il difetto di titolarità passiva, poiché attiene al merito, non è rilevabile mai d’ufficio, e soggiace, per l’effetto, alle normali regole e preclusioni dettate per il processo civile nei rispettivi gradi di merito (Cass. Civ. Sez. II 10 maggio 2010 n. 11284; Cass. Civ. Sez. III 09 aprile 2009 n. 8699; Cass. Civ. Sez. III 30 maggio 2008 n. 14468; Cass. Civ. 06 marzo 2008 n. 6132; Cass. Civ. Sez. I 10 gennaio 2008 n. 355; Cass. Civ. Sez. I 28 febbraio 2007 n. 4776; Cass. Civ. Sez. I 29 settembre 2006 n. 21192; Cass. Civ. Sez. III 26 settembre 2006 n. 20819; Cass. Civ. Sez. III 14 giugno 2006 n. 13756) affidato alla disponibilità delle parti e, dunque, deve essere tempestivamente formulato (Cass. Civ. Sez. I 5 marzo 2012 n. 4304).
Avv. Carmine Lattarulo