Cassazione Civile Sezione lavoro 17 febbraio 2016 n. 3074: Il danno biologico riconosciuto dall’INAIL ha natura indennitaria e non risarcitoria. Inoltre cessa con la morte del lavoratore e non passa nell’asse ereditario.
Il caso.
Tribunale e Corte di appello rigettavano la richiesta del danno non patrimoniale conseguente alla neoplasia contratta dal dipendente e causativa del decesso in data 16.10.2005. I congiunti del deceduto ricorrevano in terzo grado sostenendo che l’indennità erogata dall’Inail, in base ai parametri stabiliti dall’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 per il danno biologico riportato dal lavoratore, non esclude la corresponsione del danno differenziale ossia del maggior pregiudizio sofferto in concreto.
La decisione.
E’ molto noto che l’art. 13 del D.Lgs. n. 38 del 2000 prevede l’estensione della copertura assicurativa obbligatoria gestita dall’INAIL anche al danno biologico, ma le somme eventualmente erogate dall’istituto non esauriscono il diritto al risarcimento del danno biologico in capo all’assicurato. Infatti, lo stesso art. 13 citato, dopo aver premesso che le disposizioni in esso contenute si pongono nell’ottica della “attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento”, definisce il danno biologico solo in via sperimentale e ai soli ” fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali’.
Il tenore lessicale della disposizione rende chiaro che la prospettiva della norma non è quella di fissare in via generale ed omnicomprensiva gli aspetti risarcitori del danno biologico, ma solo quella di definire i meri aspetti indennitari agli specifici ed unici fini dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. Infatti, l’erogazione effettuata dall’INAIL è strutturata in termini di mero indennizzo, indennizzo che, a differenza del risarcimento, è svincolato dalla sussistenza di un illecito (contrattuale od aquiliano) e, di conseguenza, può essere disposto anche a prescindere dall’elemento soggettivo di chi ha realizzato la condotta dannosa e da una sua responsabilità. Gli ermellini rilevano, inoltre, la rendita INAIL cessa con la morte del lavoratore (e non passa nell’asse ereditario), mentre il diritto al risarcimento, una volta consolidatosi, si trasferisce agli eredi; l’indennizzo trova il suo fondamento nella finalità solidaristica prevista dall’art. 38 Cost. mentre il risarcimento del danno biologico trova titolo nell’art. 32 Cost. Insomma, secondo la Corte, la differenza strutturale e funzionale tra l’erogazione INAIL ex art. 13 cit. e il risarcimento del danno biologico preclude di poter ritenere che le somme eventualmente a tale titolo versate dall’istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato od ammalato, nel senso che esse devono semplicemente detrarsi dal totale del risarcimento spettante al lavoratore.
Ritenere il contrario significherebbe attribuire al cit. art. 13, la finalità non già di apprestare un arricchimento di tutela in favore del lavoratore ma, al contrario, un trattamento deteriore – quanto al danno biologico – del lavoratore danneggiato rispetto al danneggiato non lavoratore.
La Corte di Cassazione richiama la Corte Costituzionale: ulteriore conferma del fatto che il D.Lgs. n. 38 del 2000, cit. art. 13, non possa integrare una limitazione di tutela del lavoratore danneggiato, ma debba, anzi, costituire il contrario, si evince – se dalla giurisprudenza della Corte cost. che, fin dalla sentenza n. 87/91, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 2, 3 e 74, in riferimento all’art. 3 Cost., art. 32 Cost., comma 1, art. 35 Cost., comma 1, e art. 38 Cost., comma 2, sollevata in ragione della mancata indennizzabilità del danno biologico da parte dell’INAIL, ebbe tuttavia a rilevare che: “… indubbiamente, l’esclusione dell’intervento pubblico per la riparazione del danno alla salute patito dal lavoratore in conseguenza di eventi connessi alla propria attività lavorativa non può dirsi in sintonia con la garanzia della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività (art. 32 Cost.) e, ad un tempo, con la tutela privilegiata che la Carta costituzionale riconosce al lavoro come valore fondante della nostra forma di Stato (art. 1 Cost., comma 1, artt. 4, 35 e 38 Cost.), nel quadro dei più generali principi di solidarietà (art. 2 Cost.) e di eguaglianza, anche sostanziale (art. 3 Cost.). È vero che il danno biologico, in sè considerato, deve ritenersi risarcibile da parte del datore di lavoro secondo le regole che governano la responsabilità civile di quest’ultimo. Tuttavia, le stesse ragioni, che hanno indotto a giudicare non soddisfacente la tutela ordinaria e ad introdurre un sistema di assicurazione sociale obbligatoria contro il rischio per il lavoratore di infortuni e malattie professionali capaci di incidere sulla sua attitudine al lavoro, inducono a ritenere che anche il rischio della menomazione dell’integrità psicofisica del lavoratore medesimo, prodottasi nello svolgimento e a causa delle sue mansioni, debba per se stessa, e indipendentemente dalle sue conseguenze ulteriori, godere di una garanzia differenziata e più intensa, che consenta, mediante apposite modalità sostanziali e procedurali, quella effettiva, tempestiva ed automatica riparazione del danno che la disciplina comune non è in grado di apprestare”. Deve, pertanto, conclude la Cassazione, ritenersi che, anche alla stregua di una doverosa interpretazione costituzionalmente orientata, le prestazioni eventualmente erogate dall’INAIL non esauriscono di per sè e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato (cfr. Cass. nn. 777/2015, 18469/2012).
La sentenza della Suprema Corte perde tuttavia, ancora una volta, l’occasione per affermare a chiare lettere che l’indennizzo INAIL per i lavoratori soggetti all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con esposizione ultradecennale a detta sostanza morbigena, non prevede affatto una componente biologica: infatti, l’indennizzo si connota di una mera rivalutazione del periodo di esposizione per il coefficiente di 1,5, ai fini del diritto e della misura della pensione. Per i lavoratori non soggetti alla predetta assicurazione con l’INAIL, con esposizione di almeno dieci anni all’amianto, il beneficio pensionistico si sostanzia nell’applicazione del coefficiente di 1,25 al periodo di esposizione per la sola determinazione dell’importo della pensione e non anche per la maturazione del diritto alla stessa. Pertanto, allorquando la Corte di Cassazione afferma che un lavoratore abbia diritto al danno differenziale tra la massima tutela risarcirtoria ex art. 2043 codice civile e l’indennizzo INAIL da amianto, dimentica che quell’indennizzo, così come istituito dal legislatore, non ha alcuna componente biologica, ragion per cui al lavoratore colpito dalla sostanza morbigena spetta, da parte del datore di lavoro, l’intero danno biologico e non quello differenziale.
Avv. Carmine Lattarulo