Cassazione Civile Sezione III 8 marzo 2016 n. 4540: l’obbligo di tale informazione non sussiste quando le apparecchiature tecniche siano adeguate allo scopo e tali da fornire una risposta corretta e completa.
Il caso.
Una donna conveniva in giudizio medici e struttura sanitaria ove gli stessi prestavano attività lavorativa, per sentirli condannare in solido tra loro al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza della negligente ed imperita assistenza medica prestata durante la sua gravidanza e della omessa informazione sull’esistenza di gravissime malformazioni fetali in capo al nascituro, colpevolmente non rilevate neppure nel corso degli accertamenti ecografici eseguiti alla 19° e alla 25° settimana di gestazione, ma ravvisate soltanto alla 32° settimana, epoca in cui non era più consentito il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza. Rigettata la domanda in Tribunale e Corte di appello, la donna ricorreva in Cassazione.
La decisione.
Con precedente arresto del 13 luglio 2011 n. 15386, la stessa Sezione aveva affermato che “in tema di responsabilità medica, il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l’obbligo d’informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell’esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti” (precisandosi, poi, che “al riguardo la prova, pur se incombente sulla parte attrice, lamentandosi la mancata informazione da parte del medico, non può che essere di natura presuntiva quanto al grave pericolo per la salute psichica della donna che costituisce la condizione richiesta dalla legge per l’interruzione di gravidanza”).
Si tratta di inadempimento legato a deficit organizzativi della struttura sanitaria, la quale, infatti, è obbligata, proprio in base al citato contratto di spedalità, a mettere a disposizione non solo il personale sanitario, ma anche le necessarie attrezzature idonee ed efficienti, della cui inadeguatezza, essa, struttura inadempiente ex art. 1218 cod. civ., risponde in modo esclusivo (si veda ex multis Cass., sez. un., Io luglio 2002, n. 9556; Cass., 26 gennaio 2006, n. 1698), essendo, dunque, esonerato da siffatta specifica responsabilità il medico che, diligentemente e in modo perito secondo le leges artis, sia intervenuto sul paziente (Cass., 11 maggio 2009, n. 10743).
L’inadempimento (da parte della struttura sanitaria) dell’obbligazione da ultimo indicata genera l’ulteriore obbligo informativo anzidetto, che si pone a protezione del paziente e che grava non solo sulla struttura sanitaria, ma, questa volta, anche sul medico operante, il quale, pure se esente da colpa professionale nella fase esecutiva del suo intervento, è comunque tenuto ad avvisare il paziente della inadeguatezza degli strumenti diagnostici, così da non determinare in esso l’insorgere di un incolpevole affidamento sulla sicura bontà dell’esame strumentale (Cass., 22 ottobre 2014, n. 22338) .
Dunque, l’obbligo protettivo di informazione nasce unitamente all’obbligo di adeguatezza organizzativa in rapporto all’assunzione della prestazione di spedalità in favore del paziente nonostante il deficit organizzativo.
Tuttavia, il principio enunciato dalla decisione del 2011 non impone sempre e comunque alla struttura sanitaria ed al medico strutturato (che abbia correttamente operato in base agli strumenti diagnostici a sua disposizione) di indirizzare la paziente ad un centro ecografico di più elevata specializzazione, ma soltanto ove le apparecchiature tecniche non siano adeguate allo scopo; ossia – nella specie – non fossero tali da fornire una risposta corretta e completa in ordine alla diagnosi morfologica del feto diversamente da altri strumenti ecografici presenti in strutture sanitarie diverse.
Avv. Carmine Lattarulo ®