Cassazione Civile Sezione I 13 maggio 2016 n. 9892: l’ordine di investimento rischioso deve essere impartito per iscritto dall’investitore, mentre la dichiarazione resa dal cliente su modulo predisposto dalla banca non è dichiarazione confessoria, ma formulazione di un mero giudizio, non già affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo; alla banca, infatti, s’impone di recedere dall’incarico per giusta causa, qualora non ravvisi tale adeguatezza.
Il caso.
Un investitore evocava in giudizio la banca, chiedendo dichiararsi la nullità del contratto di negoziazione in virtù del quale aveva effettuato una serie di operazioni di investimento con effetti negativi sul suo patrimonio. Il Tribunale rigettava la domanda, che invece veniva parzialmente accolta dalla Corte di Appello. La banca ricorreva in Cassazione (unitamente all’investiore, sotto altri profili).
La decisione.
La Corte di Cassazione ribadisce l’obbligo per la banca di segnalare all’investitore la non adeguatezza delle operazioni (cd. “suitability rule”). Infatti, la banca assume una pluralità di obblighi consistenti in diligenza, correttezza, trasparenza, informazione, di evidenziazione dell’inadeguatezza dell’operazione che si va a compiere, previsti dagli artt. 21, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 58 del 1998, 28, comma 2, e 29 del Reg. CONSOB n. 11522 del 1998 (applicabile “ratione temporis”).
La segnalazione deve contenere specifiche indicazioni concernenti: 1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del soggetto emittente; 3) il “rating” nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali carenze di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo (situazioni cd. di “grey market”); 5) l’avvertimento circa il pericolo di un imminente “default” dell’emittente (cfr Cass. 1376/2016).
Meno recentemente, il Supremo Collegio si era peraltro espresso affermando che, in tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (cfr. Cass. 17340/2008; Cass. 22147/2010).
A tal proposito, gli ermellini avevano anche soggiunto che la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell’investimento e della conseguente inadeguatezza, “non può di certo costituire dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo” (Cass. 6142/2012). Tale dichiarazione può – aveva detto la Suprema Corte – al più, comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario, sempre che, però, sia corredata da una, sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell’investitore ed alla sua propensione al rischio, tali da poterne sconsigliare l’acquisto, come nel caso in cui venga indicato nella dichiarazione che si tratti di titolo non quotato o emesso da soggetto in gravi condizioni finanziarie (Cass. 4620/2015).
Secondo la Cassazione, perfino nel caso in cui l’ordine di investimento sia impartito dal cliente, la responsabilità dell’istituto di credito non potrebbe escludersi. Ed invero, è configurabile la responsabilità dell’intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorchè vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, atteso che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone comunque di valutare l’adeguatezza di quell’operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà, peraltro, di recedere dall’incarico per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3 e 1727, comma 1, cod. civ., qualora non ravvisi tale adeguatezza (Cass. 7922/2015; 1376/2016). In altri termini, tra gli obblighi nascenti in capo all’intermediario finanziario vi è anche quello di dissuadere operazioni pericolose espressamente richieste dall’investitore.
Il Supremo Collegio passa ad analizzare l’eventuale concorso colposo dell’investitore. Nella prestazione del servizio di negoziazione di titoli, qualora l’intermediario abbia dato corso all’acquisto di titoli ad alto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi nei confronti del cliente, e questi non rientri in alcuna delle categorie d’investitore qualificato o professionale previste dalla normativa di settore, non è configurabile un concorso di colpa del medesimo cliente nella produzione del danno, neppure per non essersi egli stesso informato della rischiosità dei titoli acquistati. Ed infatti, lo speciale rapporto contrattuale che intercorre tra il cliente e l’intermediario implica un grado di affidamento del primo nella professionalità del secondo che non può esse sostituito dall’onere per lo stesso cliente di assumere direttamente informazioni da altra fonte (Cass. 29864/2011). Un concorso di colpa dell’investitore può ravvisarsi, pertanto, nella sola peculiare ipotesi in cui questi tenga un contegno significativamente anomalo ovvero, sebbene a conoscenza (in quanto investitore qualificato) del complesso “iter” funzionale alla sottoscrizione dei programmi di investimento, ometta di adottare comportamenti osservanti delle regole dell’ordinaria diligenza od avalli condotte del promotore devianti rispetto alle ordinarie regole del rapporto professionale con il cliente e alle modalità di affidamento dei capitali da investire, così concorrendo al verificarsi dell’evento dannoso per inosservanza dei più elementari canoni di prudenza ed oneri di cooperazione nel compimento dell’attività di investimento (Cass. 13259/2009; 18613/2015).
Avv. Carmine Lattarulo