Cassazione Civile Sezione Lavoro 21 novembre 2017 n. 27669: dal danno biologico va detratto non già il capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il capitale della quota di danno biologico stesso, con esclusione della quota rapportata alla capacità lavorativa.
Il fatto.
Tribunale e Corte di Appello accoglievano la richiesta di condanna di un dipendente volta ad ottenere il risarcimento del danno differenziale (risarcimento del responsabile datore di lavoro al netto dell’indennizzo dell’assicuratore sociale). Il datore di lavoro ricorreva in Cassazione.
La decisione.
La Sezione Lavoro segue il dettato della ordinanza manifesto del Consigliere, Dott. Marco Rossetti, Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza 30/08/2016 n° 17407, che, in assenza di norme chiare, aveva emesso un vero e proprio vademecum per l’interprete (vedi precedente articolo: http://www.altalex.com/documents/news/2016/09/01/danno-differenziale-le-linee-guida-della-cassazione). Ha quindi ribadito: “in tema di liquidazione del danno biologico c.d. differenziale, di cui il datore di lavoro è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa INAIL in termini coerenti con la struttura bipolare del danno-conseguenza, va operato un computo per poste omogenee, sicché, dall’ammontare complessivo del danno biologico va detratto, non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato, volta all’indennizzo del danno patrimoniale (v. Cass. lav. n. 20807 del 14 ottobre 2016)”.
Un ulteriore aspetto importante della sentenza è il rilievo della “differenza strutturale e funzionale tra l’erogazione INAIL ex art. 13 cit. e il risarcimento del danno biologico” ed afferma: “ne consegue la preclusione a ritenere che le somme eventualmente a tale titolo versate dall’istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato od ammalato, nel senso che esse devono semplicemente detrarsi dal totale del risarcimento spettante al lavoratore (forse sarebbe stato più corretto dire “dal totale del risarcimento, limitatamente alla quota omogenea a quella sottraenda”, altrimenti verrebbe meno il primo principio testè invocato dalla sentenza) anche perché ritenere il contrario significherebbe attribuire al lavoratore “un trattamento deteriore – quanto al danno biologico – del lavoratore danneggiato rispetto al danneggiato non lavoratore”, con dubbi di legittimità costituzionale. Tale esigenza di detrazione è confermata da altre recenti pronunce della Corte che hanno chiarito alcuni criteri che presiedono allo scomputo. Così Cass. n. 20807 del 2016, in continuità con Cass. n. 13222 del 2015, ha affermato il principio secondo cui: “in tema di liquidazione del danno biologico c.d. differenziale, di cui il datore di lavoro è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa INAIL in termini coerenti con la struttura bipolare del danno-conseguenza, va operato un computo per poste omogenee, sicché, dall’ammontare complessivo del danno biologico, va detratto non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato, volta all’indennizzo del danno patrimoniale”.
La sentenza si distingue per altri due aspetti. In primis, afferma che l’operazione di computo avviene “indipendentemente da una richiesta di parte in quanto si tratta dell’applicazione di norme di legge al cui rispetto il giudice è tenuto”. In secondo ordine, ma non d’importanza, pone il pagamento del danno morale (ad avviso del deducente, escluso dalla tutela INAIL), a carico dell’assicuratore sociale. Questo il passaggio: “ in seguito alla riforma di cui al dl.vo n. 38 del 2000 che ha assorbito le lesioni all’integrità psico-fisica nell’ambito della copertura assicurativa obbligatoria, “ogni pretesa in tal senso non può che essere oramai indirizzata nei confronti dell’INAIL”, configurando, così, un “difetto di legittimazione passiva” del datore di lavoro, anche per il danno morale ritenuto “necessariamente una componente del danno biologico”. (n.d.r.: magari il danno morale è una componente del danno non patrimoniale, piuttosto che del danno biologico, dal quale si distingue ontologicamente).
In ultima analisi, è opportuna una considerazione che citiamo con parole del Supremo Collegio: “per quanto detto, le prestazioni dovute dall’INAIL a titolo di indennizzo in seguito all’entrata in vigore del dl.gs . n. 38 del 2000 non sono a priori integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno in capo al soggetto infortunato o ammalato; il datore di lavoro, anche ove ricorra una ipotesi in cui è operante l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, resta debitore e titolare dal lato passivo dell’obbligazione di risarcire i danni complementari e differenziali”. Deriva da quanto precede che il datore di lavoro resta esposto, sebbene parzialmente, ad azioni residuali risarcitorie da parte del danneggiato, pur essendo in regola con tutti gli obblighi di legge: è abbastanza evidente che un sistema di tal guisa non sia giusto e necessiti di interventi correttivi del legislatore che garantisca una copertura totale del datore di lavoro.
Avv. Carmine Lattarulo
Il danno differenziale è un computo di poste omogenee.
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