Cassazione Civile Sez. III 14 febbraio 2019 n. 4306: sono dovute le spese di assistenza legale quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando l’assicuratore non abbia prestato la dovuta assistenza tecnica e informativa.
Il fatto.
Un impresa assicuratrice inviava offerta risarcitoria dei danni da uccisione del congiunto priva di spese legali e le parti danneggiate ricorrevano in giudizio, ma il Tribunale e la Corte di appello respingevano la domanda. Veniva quindi proprosto ricorso per cassazione.
La decisione.
Si coglie l’occasione per mettere ordine nella materia. Anche in questa sentenza, il Collegio incide ulteriormente nel solco del principio: “in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, [..] sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie” (Cass. civ., sez. III, n. 11154/2015; Cass. civ., sez. III, n. 3266/2016; Cass. Civ. 6422/2017). Tuttavia, il Collegio ha altresì riconosciuto la possibilità di erogare dette spese attraverso la “fase studio” della tabella delle spese giudiziali, rifacendosi ad un arresto del 2006 n. 2275, nel quale il Supremo Collegio lasciava aperto il dibattito: “… debbono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o di spese giudiziali”.
La Cassazione sovente risolve la questione del “se” riconoscerle, senza curarsi del “come”. Ma non se ne viene a capo, lasciando le parti alla mercè di un dibattito dottrinale: sono spese vive o giudiziali?
L’enigma veniva sciolto dalle Sezioni Unite, che eliminando dubbi e intimi contrasti, affermavano che (solo nella circolazione stradale) le spese stragiudiziali sono danno emergente, non spese giudiziali: “non è corretta affermazione di taluna giurisprudenza (Cass. n. 14594 del 2005) secondo cui le spese legali dovute dal danneggiato/cliente al proprio avvocato in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale possono formare oggetto di liquidazione con la nota di cui all’art. 75 disp. att. cod. proc. civ. (Cass. n. 14594 del 2005), dovendo invece formare oggetto della domanda di risarcimento del danno emergente nei confronti dell’altra parte ….” (Cass. Civ. Sez. Unite 10 luglio 2017 n. 16990; Cass. Civ. Sez. VI 2 febbraio 2018 n. 2644 (Rel. Dott. M. Rossetti). Lo schema da seguire era stato dettato quattro mesi prima dalla III Sezione: “le spese sostenute per l’attività stragiudiziale in materia di infortunistica stradale possono ingenerare una qualche confusione in quanto, ove tale attività non riesca ad impedire l’instaurazione del giudizio, i relativi esborsi finiranno con ogni probabilità per confluire nella più ampia voce delle spese legali (giudiziali) […] la confusione rischia di aumentare in quanto la giurisprudenza, pur facendo riferimento alla figura del danno emergente, finisce per agganciare il relativo rimborso alla voce delle spese legali” (Cass. Civ. Sez. VI, ordinanza 13 marzo 2017 n. 6422); al fine di impedire questo stato confusionale, gli ermellini affermavano: “tanto premesso, ritiene questa Corte di dover ribadire, in continuità con la citata sentenza n. 997 del 2010, che il danno del quale è stato chiesto il risarcimento ha natura di danno emergente”. La Corte incideva maggiormente, eliminando lo stato confusionale sulla natura di dette spese: “l’attività stragiudiziale, anche se svolta da un legale, è comunque un qualcosa di intrinsecamente diverso rispetto alle spese legali vere e proprie”. La Corte risolve l’enigma: è necessario che il giudice del merito valuti se il danno doveva essere liquidato nella fase amichevole, piuttosto che nel processo: “l’utilità di tale esborso, ai fini della possibilità di porlo a carico del danneggiante, deve essere valutata ex ante (sulla valutazione ex ante si veda anche Cass. Civ. Sez. III 21 settembre 2017 n. 21941; sul concetto di più rapida tutela, si veda altresì Cass. Civ. Sez. III 13 aprile 2017 n. 9548), cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio”. Deriva da quanto precede che, all’esito di questa valutazione ex ante, il giudice del merito deve valutare, caso per caso, se la lite poteva essere definita, con l’attività e le prove offerte dall’avvocato del danneggiato, nel procedimento di constatazione, valutazione e liquidazione del danno, ex art. 148 d. lgs 209/2005, e nella successiva fase di negoziazione, ex art. 5 del decreto legge 12.9.2014 n. 132, anzicchè nel processo: nel caso affermativo, non v’è ragione per escludere tali spese legali, che appartengono a quella fase stragiudiziale e non hanno nulla a che vedere con quella giudiziale. Infatti, come precisato nella stessa sentenza dal Consigliere Relatore Dott. Francesco Maria Cirillo, la spesa di questa attività “non può essere esclusa per il fatto che l’intervento del suddetto studio non abbia fatto recedere l’assicuratore dalla posizione assunta in ordine all’aspetto della vicenda che era stato oggetto di discussione e di assistenza in sede stragiudiziale (Cass. Civ. Sez. VI, ordinanza 13 marzo 2017 n. 6422; principio già emesso con nota sentenza Cass. Civ. Sez. III 21 gennaio 2010 n. 997). Pertanto, la possibilità di ottenere le spese stragiudiziali come danno patrimoniale e non come sottovoce delle spese giudiziale può essere schematicamente riassunta nelle seguenti ipotesi:
1. Offerta tardiva: l’offerta deve essere inviate nello spatium deliberandi ex art. 148 d.lgs 209/2005.
2. Inassistenza tecnica ed informativa. Se l’assicuratore non presta assistenza tecnica ed informativa, falsa lo scopo dell’istituto: “dovrà […] ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando … la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, ex art. 9, co.l, d.p.r. 254/2006, dal proprio assicuratore” (Cass. Civ. Sez. III 29 maggio 2015 n. 11154; Cass. Civ. Sez. III 19 febbraio 2016 n. 3266); “il contraddittorio fra le parti […] inizia con la spedizione della lettera raccomandata […] per garantire già in questa prima fase la regolarità del contraddittorio” (Cass. Civ. Sez. III 2 febbraio 2006 n. 2275; Cass. Civ. Sez. III 31 maggio 2005 n. 11606); senza l’intervento dell’avvocato, l’assicuratore non attenderebbe altro che la prescrizione del diritto del danneggiato, giacché la Cassazione ha indicato che l’assicuratore non deve avvisare l’assicurato dell’imminente prescrizione del credito (Cassazione Civile Sezione VI 26 settembre 2018 n. 23069); la posizione di equilibrio di tale diritto nasce in questa fase e non dopo (Cass. Civ. Sez. III 31 maggio 2005 n. 11606), “nel quadro di un complessivo riassetto della materia, si è proposta di rafforzare la tutela del danneggiato” (Corte Cost. 28 marzo 2012 n. 73 Corte Costituzionale 29 marzo 1983 n. 77; Direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009; Corte giustizia CE 28 marzo 1996 n. 129; Corte Giustizia CE, sez. 1, 30 giugno 2005, n. 537; Corte giustizia CE, sez. 3, 9 giugno 2011 n. 409; Corte giustizia CE, sez. 2, 17 marzo 2011 n. 484; Cassazione civile, sez. III, 30 agosto 2013 n. 19963), “anche attraverso la promozione di condizioni per una maggiore effettività e un miglioramento delle prestazioni assicurative” (Corte Cost. 21 giugno 2013 n. 157; Corte Cost. 28 marzo 2012 n. 73) “e non già quella di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato” (Corte Cost. 3 maggio 2012 n. 111), “in coerenza con le finalità […] di un rafforzamento del servizio a tutela dei consumatori e dei contraenti deboli” (Corte Cost. 19 giugno 2009 n. 180). L’intervento di un legale di fiducia è un diritto garantito dalla Costituzione (Cass. Civ. Sez. VI 1 ottobre 2014 n. 20717), è necessario nella fase stragiudiziale per dirimere divergenze nel sistema funzionale “in una più sicura ed efficace protezione del danneggiato ad essere risarcito” il cui scopo della norma, appunto, “è quello di rendere possibile […] la composizione stragiudiziale delle pretese del danneggiato” (Corte Costituzionale 14 febbraio 1973 n. 24), per la complessità della materia ed i numerosi interventi legislativi, ma soprattutto per garantire nella prima fase la regolarità del contraddittorio, ove la compagnia di assicurazione è economicamente più forte, ma anche tecnicamente organizzata e professionalmente attrezzata per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale. Infatti, le spese legali costituiscono danno patrimoniale consequenziale dell’illecito, secondo il principio della regolarità causale, ex art. 1223 cc.(Cass. Civ. Sez. Un. 11 novembre 2008 n. 26973).
3. Offerta non congrua. L’impresa deve inviare offerta, ex artt. 8 dPr 254/2006, 147, 148 e 149 d. lgs 209/2005; la fase stragiudiziale non è franchigia, una sorta di zona franca e di campana di vetro nella quale l’assicuratore non possa essere citato in giudizio, ma è strumentale a tutelare da subito il danneggiato nei confronti del quale l’assicuratore ha un obbligo di cooperazione. La Corte Costituzionale, con sentenza del 3 maggio 2012 n. 111, ha sottolineato detto onere di collaborazione, quello di “adeguatamente considerare il nesso funzionale che, all’interno della normativa denunciata, lega le prescrizioni formali, a carico del richiedente, all’ <<offerta congrua>> che, sulla base della richiesta così formulata, è fatto obbligo all’assicuratore di presentare al danneggiato, in prospettiva di una satisfattiva soluzione della controversia già in fase stragiudiziale, ed anche ai fini di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari … la ratio è, in realtà, quella di rafforzare, e non già quella di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo, come detto, dell’onere di diligenza, a suo carico, con l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore; il quale, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto della istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta adeguata nel quantum. Il che, oltre, e prima ancora, che alla razionalizzazione dell’accesso alla giurisdizione ed alla sua funzionalizzazione, nel settore, ad una tutela di qualità, è volto, appunto, a rendere possibile una anticipata e satisfattiva tutela del danneggiato già nella fase stragiudiziale … Per un altro verso, infatti, le formalità di cui all’art. 148 cda non sono volte ad <<avvantaggiare l’impresa assicuratrice del responsabile nei confronti del danneggiato>>, bensì al contrario, a realizzare, come già evidenziato, una più tempestiva ed efficace tutela di quest’ultimo”.
4. Omessa offerta senza motivazione. L’omessa offerta deve essere motivata. Gli artt. 148 del d.lgsl 209/2005 e 8 dPr 254/2006 dispongono che l’impresa deve comunicare specificatamente i motivi per i quali ritiene di non formulare offerta; l’art. 11 del (non abrogato) dPr 16.01.1981 n. 45 dispone altresì che il motivo di diniego dell’offerta deve essere analitico e circostanziato.
5. Offerta non preceduta dalla proposta. Leggendo il chiaro testo dei commi II, VI e VII dell’art. 148 d lgsl 209/2005, l’impresa, prima di inviare offerta, deve proporre: se l’assicuratore non propone, ma invia direttamente, saltando così la prima fase (proposta ex comma II e VI), non consente al danneggiato di rispondere, ovvero non mette nelle condizioni il danneggiato di rispondere, recidendo un suo diritto; che trattasi di un diritto del danneggiato, lo si evince chiaramente dal comma VIII: “decorsi trenta giorni dalla comunicazione senza che l’interessato abbia fatto pervenire alcuna risposta, l’impresa corrisponde al danneggiato la somma offerta …”; in siffatto modo, il danneggiato perde il diritto della trattativa, ossia la possibilità di far valere anche le proprie ragioni; l’obiettivo dell’assicuratore è quello di rendere le ragioni del danneggiato più difficili da servire in un processo che deve celebrarsi al netto dell’offerta inviata senza possibilità di trattativa. L’impresa decide (illecitamente, quindi) di non proporre, ma di offrire direttamente, bruciando la fase della proposta, inviando direttamente l’offerta. In questo salto, vengono pregiudicati i diritti del danneggiato di far valere le proprie ragioni, perché l’offerta deve tener conto delle ragioni del danneggiato, non solo quelle dell’assicuratore.
6. Offerta emessa ma non motivata. La motivazione dell’offerta non si chiede, ma la si ottiene, a prescindere dalla richiesta, in quanto l’art.148 del d. lgsl 209/2005, così come modificato dall’art. 1 comma VII del d. lgsl. 198/2007, recita che la compagnia deve inviare offerta motivata, ossia spiegata, dalla quale si possa comprendere il calcolo aritmetico, mediante il quale giunge all’offerta [titoli di danno pagati (danno da riparazione, iva, noleggio, fermo tecnico, spese di soccorso, danno biologico permanente, temporaneo), percentuale di responsabilità]; la Direttiva 2000/26/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio infatti prevede che l’impresa di assicurazione, quando esegue offerta, deve motivarla: “l’offerta di indennizzo motivata dovrebbe intendersi come un’offerta scritta che contenga la motivazione in base alla quale sono stati valutati i profili di responsabilità e gli elementi di quantificazione del danno”; la direttiva 2005/14/CE ha poi nuovamente confermato la garanzia nei confronti del danneggiato: “al fine di migliorare la protezione delle vittime di incidenti automobilistici, è opportuno estendere la procedura dell’offerta motivata prevista dalla direttiva 2000/26/CE a tutti i tipi di incidenti automobilistici”.
7. Non partecipazione alla negoziazione assistita. L’art. 2 comma I del decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 indica un accordo a “cooperare in buona fede e con lealta’ per risolvere in via amichevole la controversia”; l’art. 4 comma I avverte che “la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto puo’ essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile”; ai sensi dell’art. 9 comma II, la disertazione dell’invito non può essere sostituita da altra procedura equipollente, rilevando che “è’ fatto obbligo agli avvocati e alle parti di comportarsi con lealta’ e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto” e che, ai sensi dell’art. 9 comma III, “i difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite”; deriva da quanto precede che la negoziazione ha carattere peculiare e consente alle parti di svolgere difese più ampie di quelle da servire in un processo, tali da essere inutilizzabili in quest’ultimo.
In tutti questi casi, se la valutazione “ex ante”, “cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio” (Cass. Civ. Sez. Unite 10 luglio 2017 n. 16990; Cass. Civ. Sez. VI 2 febbraio 2018 n. 2644 – Rel. Dott. M. Rossetti -) conduce a ritenere che lo stesso risultato poteva ottenersi prima del giudizio, le spese stragiudiziali vanno considerate come danno patrimoniale, perche dovevano essere erogate prima e non dopo il giudizio, come mera componente delle spese giudiziali.
Avv. Carmine Lattarulo ©
Fonti: “Le spese legali nella circolazione stradale” di Carmine Lattarulo Altalex Editore