Cassazione Civile Sez. III 22 dicembre 2022 n. 37477: l’esame medico legale non è subordinato gerarchicamente all’esame strumentale.
Quesito.
Si discute se l’accertamento di una micropermanente passi necessariamente attraverso l’esame strumentale e non quello obiettivo del medico legale.
La decisione.
Viene riconosciuto un ruolo al medico legale, nel suo esame obiettivo, non gerarchicamente subordinato all’esame strumentale. Nella sentenza in commento, la Cassazione ha evocato: ad impedire il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, dunque, non è di per sé l’assenza di riscontri diagnostici strumentali, ma piuttosto l’assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, che ben può essere compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest’ultimo caso munito dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c. La nuova normativa, dunque, valorizza (e, al contempo, grava di maggiore responsabilità) il ruolo del medico legale, imponendo a quest’ultimo la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico legali di valutazione e stima del danno alla persona. Pertanto, sarà risarcibile anche il danno i cui postumi non siano “visibili”, ovvero non siano suscettibili di accertamenti strumentali, a condizione che l’esistenza di essa possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico legale. Tale conclusione, peraltro, si pone in perfetta linea con la constatazione – di recente formulata da Cassazione civile, sez. un. 01/02/2022 n. 3086, secondo la quale nel passaggio dal codice di procedura civile del 1865 al codice vigente l’istituto peritale è stato fatto oggetto, nel rinnovato assetto valoriale che ha posto il giudice al centro dell’ordinamento processuale, di un profondo ripensamento che, ben più di quanto non rendano percepibile l’assunzione di una nuova denominazione e la nuova collocazione nella topografia del codice, ne ha mutato alla radice la natura in nome di una diversa concezione del ruolo che – già in allora, ma tanto più oggi di fronte alla preponderante lievitazione del contenzioso ad alto tasso di specialità – l’apporto del sapere tecnico gioca nella risoluzione delle controversie civilistiche.
Si coglie l’occasione per fornire all’interprete meno esperto della materia, ma non è detto che s’indovini, un quadro più chiaro della confusione creata dal legislatore di Montiana memoria.
Il comma 3 ter dell’art. 32 della legge n. 27/2012 ha modificato il comma 2 dell’art. 139 del codice delle assicurazioni (d. lgs. 7.9.2005 n. 209), aggiungendovi il seguente periodo: in ogni caso le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente. Questo comma 2 dell’art. 139 è stato ulteriormente riscritto dall’art. 1 comma 19 della legge 4 agosto 2017 n. 124, che ha aggiunto un espresso richiamo alle cicatrici ed al danno visivamente riscontrabile, di talchè, salvo modifiche future, allo stato dell’arte è il seguente: ai fini di cui al comma 1, per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrita’ psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attivita’ quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacita’ di produrre reddito. In ogni caso, le lesioni di lieve entita’, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente.
Il comma 3 quater della stessa norma stabiliva invece (senza modificare testualmente il codice delle assicurazioni, tanto da essere stato abrogato dall’articolo 1, comma 30, lettera “b” della Legge 4 agosto 2017 n. 124): il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2006 n. 209 è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione.
Il discrimine delle due norme, una vigente, l’altra abrogata, è il seguente:
- il comma 3 ter richiede un accertamento strumentale, mentre il comma 3 quater considera adeguato riscontro l’accertamento medico legale;
- il comma 3 ter fa riferimento ai soli postumi permanenti, mentre il comma 3 quater fa riferimento sia ai postumi permanenti, sia a quelli temporanei.
Nonostante la soppressione del comma 3 quater (che dava diritto di cittadinanza al riscontro medico legale), scaturivano le seguenti pronunce anche dopo l’abrogazione:
- il danno alla salute per lesioni di lieve entità può essere liquidato anche senza accertamenti strumentali. I criteri stabiliti dalla legge per individuare l’esistenza di un pregiudizio, infatti, sono fungibili e alternativi tra loro e non cumulativi. Ne consegue che l’accertamento del danno alla persona non può che avvenire con i criteri medico-legali fissati da una secolare tradizione e, dunque, tenendo conto del criterio visivo, dell’esame clinico e di quello strumentale (Cassazione Civile Sez. VI 28 settembre 2020 n. 20339; Cassazione civile, sez. III, 13/05/2021, n. 12961; Cassazione civile, sez. III, 25/08/2020, n. 17692; Cassazione civile, sez. VI, 01/07/2020, n. 13292; Cassazione Civile Sez. VI 16 ottobre 2019 n. 26249);
- l’esame medico legale non è subordinato gerarchicamente all’esame strumentale: l’art. 32 comma 3 quater della legge 27/2012 esalta, ma al tempo stesso grava di maggiore responsabilità, il ruolo del medico legale, imponendo a quest’ultimo la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico legali di valutazione e stima del danno alla persona (Cass. Civ. Sez. III 28 febbraio 2019 n. 5820);
- l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale (Cassazione civile, sez. III, 24/04/2019, n. 11218; Cassazione civile, sez. III, 08/04/2020, n. 7753; Cassazione civile, sez. III, 12/12/2019, n. 32483; Cass. Civ. Sez. VI 11 settembre 2018 n. 22066; Cass. Civ. Sez. III 4 luglio 2018 n. 17444; Cass. Civ. Sez. III 19 gennaio 2018 n. 1272);
- i commi 3 ter e 3 quater, dell’art. 32 di. 1/2012, sono norme non diverse tra loro, che dettano identici precetti; tutte e due le norme non fanno che ribadire il principio già emerso dal diritto vivente, secondo cui il danno biologico è solo quello suscettibile di accertamento medico legale; le due norme vanno dunque intese nel senso che l’accertamento del danno non può che avvenire con i consueti criteri medico legali: e dunque l’esame obiettivo (criterio visivo); l’esame clinico; gli esami strumentali; tali criteri inoltre non sono non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis, siccome conducenti ad una obiettività dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti) (Cass. Civ. Sez. III 26 settembre 2016 n. 18773);
- anche la Consulta, ha escluso che la necessità del riscontro strumentale sia riferibile al danno temporaneo, che, ai sensi del comma 3-quater censurato, può, quindi, essere anche solo «visivamente» accertato, sulla base di dati conseguenti al rilievo medico-legale rispondente ad una corretta metodologia sanitaria (Corte Costituzionale 26 novembre 2015 n. 242);
- il danno permanente alla salute è provato anche in via presuntiva, se ricorrono indizi gravi, precisi e concordanti della sua esistenza e della genesi causale (Cassazione Civile Sez. III 29 novembre 2019 n. 31072).
Deriva da quanto precede che:
- l’impianto normativo consente, accanto al criterio strumentale, anche quello discrezionale;
- non è possibile ritenere che in forza dei giorni di inabilità temporanea riconosciuti dal consulente tecnico, il danneggiato sia rimasto illeso senza postumi permanenti come se l’evento non si fosse verificato ed escludere quel minimo punto che rappresenta la soglia scivolosa tra evento e non evento; infatti, l’inabilità temporanea, per definizione, attiene “ad un periodo di degenza ospedaliera, di allettamento domiciliare ovvero ad un periodo in cui il leso non sia stato in grado di svolgere almeno i due terzi delle attività connesse alle sue abitudini” (Giuffrè 1990, Brontolo, Farneti, Mangili in “Il danno biologico patrimoniale morale”). Di grazia: come sia possibile riconoscere la inabilità temporanea e, quindi, sostenere che una persona sia stata impossibilitata parzialmente ad attendere alle proprie attività abitudinarie (ossia, non autonomamente in grado di alzarsi, vestirsi, lavarsi), prima ancora che lavorative, e nello stesso tempo sia ritornata perfettamente integra?
Avv. Carmine Lattarulo ©