Cassazione Civile Sez. III 7 settembre 2022 n. 26368: le spese dell’assistenza legale nella fase amichevole vanno liquidate al danneggiato anche quando detta attività “possa essere svolta personalmente”.
Quesito.
Si discute se:
la vittima abbia diritto ad un’assistenza tecnica legale della fase che precede il giudizio, anche laddove “possa fare da sola”;
dette spese stragiudiziali dell’assistenza tecnica dell’avvocato debbano essere attratte (sino a confondersi o dissolversi) nelle spese processuali.
La decisione.
Si tratta di una importante vittoria nella diuturna battaglia (perchè di questo si tratta) condotta dagli avvocati a difesa del cittadino.
La Cassazione ha accolto nostro risalente ed inossidabile principio scandito nel ricorso del sottoscritto avvocato. Per la prima volta, a chiare lettere, senza risparmiare toni giustamente aspri e mordaci, ha evocato che le spese legali della fase stragiudiziale, vadano liquidate allorquando l’attività a questa sottesa:
possa essere svolta personalmente dal cittadino;
riesca ad eliminare la fase processuale (transazione);
pur non riuscendo a scongiurare un processo, abbia avuto un carattere di importanza ed autonomia rispetto all’attività condotta nel processo.
Si dirà che in precedenti pronunce la Cassazione aveva già detto che dette spese della fase amichevole vadano liquidate quando abbiano rivestito una autonoma rilevanza rispetto a quelle della fase processuale Sin quì, sembrerebbe che la Cassazione non abbia aggiunto nulla di nuovo. Senonchè, e questa volta, la Suprema Corte ha evocato le seguenti linee guida, sia sul piano civilistico, che su quello processuale, che quì di seguito si vanno ad esporre.
I. E’ necessaria e non superflua l’assistenza legale stragiudiziale della persona che lamenta di essere stata danneggiata anche laddove sarebbe – quasi del tutto – in grado di “fare da sola” (pag. 9 rigo 5 e ss. della sentenza); è’ radicalmente logico che, per il danneggiato (l’attività stragiudiziale), sia attuata proprio da un legale o comunque […] sotto la supervisione di un legale che lo assista […] ancorchè detta attività possa essere svolta personalmente (pag. 9 rigo 11 e ss della sentenza).
Le affermazioni della Cassazione possano sembrare un pò rindondanti e beffarde verso la sentenza del Tribunale di Taranto – Dott. Italo Federici – ma va precisato che il Tribunale di Taranto aveva censurato l’attivita dell’avvocato (cioè il sottoscritto) “trattandosi di attività che potrebbero anche essere compiute personalmente dalla parte danneggiata” (pag. 4 rigo 9 della sentenza del 31.05.2019 n. 1473 del Tribunale di Taranto). Ebbene, la Cassazione ha demolito, pietra su pietra, questa linea di pensiero, anche poco rispettosa verso la dignità dell’avocato, ed ha detto che è’ necessaria e non superflua l’assistenza legale stragiudiziale della persona che lamenta di essere stata danneggiata anche laddove sarebbe – quasi del tutto – in grado di “fare da sola” (pag. 9 rigo 5 e ss. della sentenza); è’ radicalmente logico che, per il danneggiato (l’attività stragiudiziale), sia attuata proprio da un legale o comunque […] sotto la supervisione di un legale che lo assista […] ancorchè detta attività possa essere svolta personalmente (pag. 9 rigo 11 e ss della sentenza).
“Radicalmente logico”!
II. Si deve considerare un danno emergente, che, se allegato e provato, deve essere risarcito ai sensi dell’art. 1223 cc (pag. 10 rigo sestultimo e ss. della sentenza).
Infatti, le spese legali costituiscono danno patrimoniale consequenziale dell’illecito, secondo il principio della regolarità causale, ex art. 1223 cc1. In altri termini – si perdoni la banalità, lo spieghiamo per i meno esperti della materia -, quando un cittadino deve competere con una grande impresa, riceve un altro danno, quello di rivolgersi forzosamente da un avvocato, perché vi è costretto, altrimenti non potrebbe sostenere il contraddittorio con chi è più forte di lui in termini di risorse economiche, organizzazione e competenza. Pertanto, le spese dell’assistenza tecnica devono essergli risarcite, perché necessarie, come un vero e proprio danno di carattere patrimoniale, alo stesso modo del danno da pagare al carrozziere, al medico, per essere estremamente chiari. Sono quindi un danno emergente, secondo un indirizzo risalente2. Avendo la natura di danno, lo stesso deve essere allegato e provato. Purtroppo, una parte (fortunatamente) minoritaria della giurisprudenza di merito non ammette le prove richieste ed articolate sulla richiesta di questo tipo di danno dell’assistenza legale, esitando per contraddirsi, cioè imputando alla parte di non assolvere all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda e poi negarle la prova offerta3, rischiando la sanzione disciplinare, perché precludere alle parti di esercitare il proprio diritto di difesa costituisce illecito disciplinare per il magistrato4.
Pertanto, la sentenza evoca, una volta di più, il diritto di allegazione e prova di tale posta di danno di assistenza legale.
III. E’ erronea l’impostazione di un’attrazione rigorosa e totale dell’attività stragiudiziale in quella giudiziale, indipendentemente dal fatto che quest’ultima venga poi rifusa oppure no […] confligge ictu oculi con la ratio sottesa alla procedura stragiudiziale anteriore al giudizio, imposta dal d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (pag. 9 rigo 23 e ss della sentenza).
Secondo una parte minoritaria della giurisprudenza di merito, le spese della fase amichevole si consumano in quelle della fase processuale, sino a confondersi ovvero a consumarsi. La Cassazione identifica questo rischio come “attrazione rigorosa”, cioè che dette spese, nel principio della (appunto) … “attrazione rigorosa”, vengano poi dimenticate nella liquidazione, come nel caso della compensazione ovvero della soccombenza reciproca (pag. 9 rigo 21 della sentenza). E’ facile comprendere che laddove si volessero assorbire le stragiudiziali nelle giudiziali e queste ultime venissero annullate per compensazione o soccombenza reciproca, le prime subirebbero la sorte della cd “nullificazione” (cosi testuale la Cassazione a pag. 9 rigo 15 della sentenza).
IV. La lancetta che decide quando le spese stragiudiziali siano autonome rispetto a quelle processuali (e vadano conseguentemente liquidate a parte).
In precedenti pronunce la Cassazione aveva indicato quale fosse lo strumento per decidere se e quando le spese della fase precontenziosa avessero un carattere di autonomia rispetto a quelle processuali, per vitare il predetto rischio della “attrazione rigorosa” (pag. 9 rigo 23 e ss della sentenza) ed il conseguente rischio della loro “nullificazione” (pag. 9 rigo 15 della sentenza in comento). Lo strumento è quello della valutazione “ex ante”5, cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio: all’esito di questa valutazione ex ante, se il giudice del merito converrà che quella stessa lite poteva essere definita, con l’attività e le prove offerte dall’avvocato del danneggiato, già nel procedimento di constatazione, valutazione e liquidazione del danno, ex art. 148 d. lgs 209/2005, e nella successiva fase di negoziazione, ex art. 5 del decreto legge 12.9.2014 n. 132, anzicché nel processo, non v’è ragione per escludere tali spese legali, che appartengono a quella fase stragiudiziale e non hanno nulla a che vedere con quella giudiziale6.
V. L’attività stragiudiziale assolve all’obiettivo di dirimere le contese mediante una sorta di processo tra privati così da alleggerire la macchina giudiziaria e favorire quindi, adeguando il contenzioso alle concrete potenzialità della giurisdizione, la ragionevole durata del processo pubblico (pag. 10 rigo 17 e ss della sentenza).
Infatti, il legislatore ha ritenuto l’attività dell’avvocato necessaria e imprescindibile, ex artt. 2 comma V, VI e VII e 3 comma I e VI d.l. 12.9.2014 n. 132, atteso che è stato assegnato all’avvocato un ruolo centrale proprio nella fase stragiudiziale per l’adozione di procedure alternative alla ordinaria risoluzione delle controversie nel processo (negoziazione assistita). E’ evidente che l’avvocato assolve ad un doppio onere e carenze del sistema: quello di aiutare lo Stato alla eliminazione del vasto carico giudiziario, nonché quello di assolvere ai compiti di cui all’art. 9 comma II dPr 254/2006 per i quali le imprese assicurative sono istituzionalmente prima, e per scopo di lucro, poi, endemicamente incapaci. E’ evidente che di queste attività non si potrà ricorrere ad attività di beneficenza, laddove si legga all’art. 2 del d.l. 12.9.2014 n. 132 che l’intervento di un avvocato nella negoziazione assistita è obbligatorio, come del resto è obbligatoria la negoziazione assistita nella materia della circolazione stradale, ex art. 3, a pena d’improcedibilità. Ebbene, l’intervento dell’avvocato nella procedura stragiudiziale, ma lo diciamo da tempo, diventa sempre più indefettibile, quando invece la sua presenza in ambito giudiziale può rivelarsi non indispensabile nelle cause non eccedenti il valore di € 1.100,00, ex art. 82 cpc.
I principali responsabili sono da ricercare:
in “alcuni” giudici di pace (possiamo fare nomi e cognomi) che la mattina, in udienza, sminuiscono il ruolo dell’avvocato, salvo poi rivalutarlo, nel pomeriggio, quando, dismessa la toga del giudice, indossano, nel loro studio privato, quella dell’avvocato, invocando gli stessi principi detratti la mattina agli avvocati dei danneggiati;
nella stessa categoria degli avvocati, tuttavia in coloro che difendono le grandi imprese e segnatamente le imprese assicuratrici, i quali accettano di difendere principi contrari a detta categoria e non si rendono conto di aver perso – e definitivamente – la libertà di cui agli artt. 11 comma I, 23 comma V del codice deontologico, e l’indipendenza di cui agli artt. 6 comma II, 9 comma I e 24 comma II del codice deontologico, sempre più svilendo l’immagine della professione forense, di cui all’art. 9 comma II del codice deontologico.
Dietro il fastidio e la sommarietà con la quale si giudica il ruolo dell’avvocato nell’assistenza tecnica, si nasconde sovente insofferenza verso la tutela dei diritti, alimentata dal populismo, che ritiene la mediazione giuridica troppo rigida rispetto alle pretese urgenze della vita reale.
Avv. Carmine Lattarulo ©
1 Cassazione Civile Sez. III 2 luglio 2019 n. 17685; Cass. Civ. Sez. Un. 11 novembre 2008 n. 26973.
2 Cass. Civ. Sez. Unite 10 luglio 2017 n. 16990; Cass. Civ. Sez. VI 2 febbraio 2018 n. 2644 (Rel. Dott. M. Rossetti; Cassazione Civile Sez. III 2 luglio 2019 n. 17685 ).
3 Cass. Civ. Sez. III 7 maggio 2015 n. 9249; Cassazione civile, sez. III 18/11/2014 n. 24469; Cassazione civile, sez. III, 13/06/2014, n. 13539; Cass. Civ. Sezioni Unite 29 marzo 1963 n. 789; Cass. Civ. 20 ottobre 1964 n. 2631; Cass. Civ. 05 ottobre 1964 n. 2505.
4 Cass. Civ. Sez. Unite 28 settembre 2009 n. 20730.
5 Cassazione Civile Sez. VI 10 dicembre 2021 n. 39384. Sulla valutazione ex ante si veda anche Cassazione Civile Sez. III 2 luglio 2019 n. 17685 (“… in relazione all’esito della lite … al fine dell’esercizio del diritto al risarcimento anche nella fase stragiudiziale …”); Cass. Civ. Sez. III 21 settembre 2017 n. 21941; sul concetto di più rapida tutela, si veda altresì Cass. Civ. Sez. III 13 aprile 2017 n. 9548. Il principio “ex ante” è stato altresì affermato dalla Cassazione, a parti invertite, verso l’avvocato, quando è questi a non accettare la transazione proposta dall’assicuratore, non riconoscendogli le spese legali della transazione non accettata dall’avvocato stesso, il quale si era assoggettato al rischio del processo: Cassazione civile, sez. III, 27/04/2015, n. 8476.
6 Cass. Civ. Sez. VI, ordinanza 13 marzo 2017 n. 6422; principio già emesso con nota sentenza Cass. Civ. Sez. III 21 gennaio 2010 n. 997, ribadito in Cass. Civ. Sez. II 7 ottobre 2020 n. 21565.