Corte di cassazione – Sezione III penale – Sentenza 11 luglio 2013 n. 29735. Anche la sezione penale della Suprema Corte ribadisce arresto precedente della sezione civile, secondo il quale anche I nonni, persino non conviventi, hanno diritto al risarcimento del danno causato dalla perdita di congiunto a causa di incidente stradale.
Secondo la Suprema corte non può ritenersi determinante, come sostenuto dal ricorrente, il requisito della non convivenza con i nonni ai fini della determinazione del risarcimento, “poiché attribuire a tale situazione un rilievo decisivo porrebbe ingiustamente in secondo piano l’importanza di un legame affettivo e parentele la cui solidità e permanenza non possono ritenersi minori in presenza di circostanze diverse, che comunque consentano una concreta effettività del naturale vincolo nonno-nipote: ad esempio, una frequentazione agevole e regolare per prossimità della residenza o anche la sussistenza – del tutto conforme all’attuale società improntata alla continua telecomunicazione – di molteplici contatti telefonici o telematici. A ben guardare, anzi, è proprio la caratteristica suddetta di intenso livello di comunicazione in tempo reale che rende del tutto superflua la compresenza fisica nello stesso luogo per coltivare e consentire un reale rapporto parentale e ciò vale tanto per i nonni verso i nipoti quanto – il che è assai comune oggi, senza peraltro, significativamente, porre in dubbio o in una posizione di deminutio la risarcibilità – per i genitori verso figli che lavorano o studiano in altra città o addirittura all’estero”. “Occorre, pertanto, prescindere – prosegue la sentenza – da presunzioni generali juris et de jure – che ontologicamente potrebbe imporre, d’altronde, solo il legislatore entro i principi costituzionali e comunitari di tutela del diritti dell’uomo – diversa essendo la modalità operativa dell’interprete, il quale non potrà che utilizzare quale parametro il concreto configurarsi delle relazioni effettive e parentali in ragione di peculiari condizioni soggettive e situazioni di fatto singolarmente valutabili, escludendo ogni carattere risolutivo della convivenza, che costituisce comunque un significativo elemento di valutazione in assenza del quale tuttavia, può comunque dimostrarsi la sussistenza di un concreto pregiudizio derivante dalla perdita del congiunto”. “Del resto – conclude la Corte -, la condivisibile esigenza di certezza del diritto vivente nel senso di stornare pretese risarcitorie strumentali (o comunque dirette ad abusare del sistema assicurativo della responsabilità civile laddove è obbligatorio) da parte di soggetti di fatto distanti dalla rete affettiva familiare è già adeguatamente garantita da una corretta gestione della causa in sede di merito per pervenire all’accertamento del diritto risarcitorio, cioè dall’adempimento completo dell’onere probatorio da parte del soggetto che chiede risarcimento e non sussistendo alcuna praesumptio a suo favore – che deve essere dal giudice attentamente verificato”.