Cassazione Civile Sezione III 11 aprile 2016 n. 6974. Nel caso di sinistro stradale causato da veicolo in possesso di un certificato assicurativo formalmente valido, ma rilasciato dopo il sinistro e fraudolentemente retrodatato, tale falsità non è opponibile al terzo danneggiato quando essa provenga dall’agente per il tramite del quale è stato stipulato il contratto. In tal caso l’assicuratore, adempiuta la propria obbligazione nei confronti del terzo, avrà diritto di rivalsa nei confronti dell’intermediario infedele e di regresso nei confronti dell’assicurato.
Il caso.
A causa di sinistro su un autobus, un passeggero morì ed altri trasporati rimasero feriti: convenuti in giudizio responsabile civile e assicuratore, quest’ultimo contestò che la polizza era stata stipulata soltanto dopo il sinistro, ma i danneggiati avevano prodotto un certificato, dal quale si desumeva la copertura assicurativa al momento del sinistro. Il Tribunale e la Corte di Appello accolsero la domanda. L’impresa assicuratrice ricorse in Cassazione.
La decisione.
La stipula di un contratto di assicurazione della responsabilità civile automobilistica produce due ordini di effetti. Nei rapporti tra l’assicurato e l’assicuratore, il contratto è fonte delle rispettive obbligazioni. Se manca, l’assicurato non ha diritto all’indennizzo. Nei rapporti tra il danneggiato e l’assicuratore, invece, il contratto è mero presupposto di fatto per il sorgere dell’obbligazione diretta del secondo nei confronti del primo, la cui fonte è la legge.
Da ciò consegue che il diritto del danneggiato nei confronti dell’assicuratore del responsabile, non scaturendo dal contratto, non ne segue le sorti, e sussiste anche quando la polizza, purché esistente, sia inefficace (ad esempio, ex art. 1899 c.c.) o non operante (ad esempio, per la presenza di clausole delimitatrici del rischio assicurato).
Al fine di favorire la vittima nel compito di individuare l’esistenza e le generalità dell’assicuratore del responsabile, l’art. 7, comma 2, I. 24.12.1969 n. 990 (ratione temporis applicabile, oggi trasfuso nell’art. 127 cod. ass.) imponeva all’epoca dei fatti a chiunque mettesse in circolazione un veicolo soggetto all’obbligo di assicurazione: 1) di avere con sé il certificato assicurativo; 2) di esporre il contrassegno assicurativo. Il medesimo art. 7 legge 990/69 prevedeva che il certificato, una volta emesso, producesse l’effetto di rendere incontestabile rispetto ai terzi danneggiati l’esistenza dell’assicurazione, la sua efficacia e l’obbligo dell’assicuratore di indennizzare i sinistri avvenuti entro i limiti temporali indicati sul certificato stesso.
Il certificato dunque aveva (ed ha tuttora, per quanto “dematerializzato” ex art. 31 d.l. 24.1.2012 n. 1, convertito nella 1. 24.2.2012, n. 27) una duplice funzione: 1) di pubblicità, in quanto finalizzato a dimostrare ai terzi l’avvenuta stipula del contratto; 2) di incontestabilità, in quanto una volta emesso l’assicuratore perde la possibilità di revocarne o contestarne il contenuto.
Sul piano dell’inquadramento giuridico, il certificato costituisce una dichiarazione di scienza a contenuto confessorio, resa dall’assicuratore verso la generalità dei terzi. Al pari della confessione, dunque, il contenuto del certificato non può essere contestato dall’assicuratore, a meno che non provi che esso fu rilasciato per errore di fatto, ovvero estorto con violenza (art. 2732 c.c.).
Sulla scorta di questi principi, peraltro già affermati in precedenza, il Supremo Collegio spiega che cosa accada nell’ipotesi in cui il certificato assicurativo non sia coerente con la polizza sottostante. A tal fine occorre distinguere l’ipotesi in cui il certificato non sia in alcun modo riconducibile alla sfera volitiva dell’assicuratore o delle persone del cui operato questi debba rispondere, da quella in cui sussista tale riconducibilità.
La prima ipotesi sussiste quando al certificato non corrisponda alcun contratto sottostante; ovvero sia stato artefatto dopo il suo rilascio da persone estranee alla struttura aziendale dell’assicuratore. In questo caso manca il presupposto legale (art. 1173 c.c.) perché sorga l’obbligazione dell’assicuratore verso il danneggiato, e quest’ultimo potrà avanzare le sue pretese soltanto nei confronti del responsabile civile e dell’impresa designata dal Fondo di garanzia vittime della strada.
A conclusioni diverse deve invece pervenirsi quando un contratto assicurativo esista, ma: (a) il certificato esponga un periodo di copertura difforme da quello risultante dalla polizza, perché così è stato emesso dalla persona a ciò legittimata; (b) il certificato sia coerente con la polizza, ma l’uno e l’altra siano stati retrodatati rispetto alla loro effettiva sottoscrizione, per volontà dei contraenti o dei loro rappresentanti legittimati. Ricorrendo tali evenienze, nei rapporti interni tra assicurato ed assicuratore si applicherà ovviamente la regola plus valet quod agitur, quam quod simulate concipitur, ed il contratto sarà efficace dalle ore 24.00 del giorno in cui è stato pagato il premio, secondo la regola generale di cui all’art. 1899 c.c.. Nei rapporti tra assicuratore e danneggiato, invece, il primo resterà obbligato al risarcimento del danno, in quanto: 1) un contratto di assicurazione (presupposto legale dell’obbligazione dell’assicuratore) esiste; 2) la natura confessoria del certificato assicurativo consente all’assicuratore di contestarne i contenuti solo quando quel documento sia rilasciato per errore o estorto con violenza: ma né l’una, né l’altra di tali ipotesi sussistono quando proprio l’intermediario assicurativo, che dell’assicuratore abbia la rappresentanza (circostanza mai stata in discussione nel presente giudizio), rilasci il certificato mendace. In tal caso, infatti, gli atti dell’intermediario producono effetti direttamente nei confronti dell’assicuratore, e sono a lui imputabili.
La Corte emette, quindi, il seguente principio di diritto: nel caso di sinistro stradale causato da veicolo in possesso di un certificato assicurativo formalmente valido, ma rilasciato dopo il sinistro e fraudolentemente retrodatato, tale falsità non è opponibile al terzo danneggiato quando essa provenga dall’agente per il tramite del quale è stato stipulato il contratto. In tal caso l’assicuratore, adempiuta la propria obbligazione nei confronti del terzo, avrà diritto di rivalsa nei confronti dell’intermediario infedele e di regresso nei confronti dell’assicurato.
Avv. Carmine Lattarulo ®