L’art. 9 del DPR 254/06 prevede che “l’impresa, nell’adempimento degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, fornisce al danneggiato ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno”. Nonostante il chiaro tentativo di limitazione o banalizzazione degli obblighi della compagnia di assicurazione operato nella seconda parte del I comma dell’art. 9 (“tali obblighi comprendono, in particolare, oltre a quanto stabilito espressamente dal contratto, supporto tecnico nella compilazione del contratto, il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento, anche ai fini della quantificazione dei danni alle cose e ai veicoli, il suo controllo e l’eventuale integrazione e la precisazione dei criteri di responsabilità di cui all’allegato a”) risulta innegabile l’espansione delle obbligazioni contrattualmente assunte dalla compagnia di assicurazione nei confronti del proprio assicurato.
Ed invero, l’impresa, secondo il chiaro dettato della invocata norma, è tenuta a fornire al proprio cliente tutte le informazioni necessarie per comprendere i concetti della responsabilità stradale, così illustrando l’attuale fase dottrinale e giurisprudenziale in tema di risarcimento dei danni (sia in ordine alle singole voci che ai criteri di quantificazione) ed a mettere a disposizione del medesimo assicurato adeguate strutture nonché personale competente e preparato alla realizzazione del risultato risarcitorio. A tale riguardo risulta inevitabile il rimando all’art. 2 del Codice del Consumo, che annovera fra i diritti fondamentali del consumatore quello ad ottenere un’adeguata informazione nonché al successivo art. 5 ove si precisa che le informazioni devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore”. Conl’art.4 della legge 229/2003 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001 in GU n.196 del 25.8.2003) il Parlamento ha delegato il governo ad operare il “riassetto in materia di assicurazioni”, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali;
b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio.
In tal modo si delinea con sufficiente chiarezza le reale finalità del momento informativo: garantire la consapevolezza e l’adeguatezza della scelta del consumatore; porre il consumatore in grado di conoscere le caratteristiche essenziali. E’ poi innegabile che la richiesta d’informazione risulta ancor più determinante in presenza di una disparità tra le parti. Tale circostanza impone il rafforzamento del soggetto debole mediante appunto la previsione di meccanismi diretti a compensare il divario tra le posizioni dei contraenti, facendo leva proprio sulla trasmissione dell’informazione e quindi su una maggiore e puntuale conoscenza. Affinchè possa essere considerato consapevole il consenso del consumatore è necessario quindi che esso sia preceduto e motivato da un’adeguata informazione. La compagnia di assicurazione, nella procedura di indennizzo diretto, è chiamata quindi a garantire a favore del proprio assicurato un’informazione adeguata e chiara tale da assicurare la consapevolezza del medesimo in ordine ai contenuti giuridici relativi alla definizione risarcitoria del sinistro di cui è stato vittima. E di tale attività informativa, essendo parte delle prestazioni contrattualmente assunte, la compagnia di assicurazione avrà pure l’onere probatorio, in quanto dovrà provare di aver messo in atto tali prescrizioni, non essendo possibile peraltro invertire l’onere della prova a carico dell’assicurato (facta negativa non sunt probanda!). Nell’ipotesi dunque che sia mancata (o comunque non possa essere validamente provata) tale qualificata informazione, preliminare al consenso prestato dal proprio assicurato alla chiusura positiva della procedura di risarcimento, tale consenso deve essere considerato invalidamente dato, con possibilità del danneggiato di richiedere una somma, ulteriore a quella già percepita asseritamente in maniera definitivamente, per l’integrale risarcimento del danno subito. A prescindere poi dal momento informativo, il danneggiato può, eccependo la lesione del proprio diritto alla “piena realizzazionedel diritto al risarcimento” affermare una responsabilità contrattuale a carico del proprio assicuratore. Sarà quest’ultimo, quindi, a fronte delle presunzioni di inadempimento contrattuale, a dover dimostrare di aver agito in conformità di tutti i canoni di correttezza e diligenza nell’ambito del sistema risarcitorio attuale. Ed invero risulta innegabile che con l’art. 9 del DPR 254/06 il contenuto obbligatorio della posizione della compagnia di assicurazione si è arricchita a favore del proprio assicurato anche di un’attività di consulenza e di assistenza (uguale a quella fino ad oggi svolta dai professionisti legali). Ne consegue che l’inadempimento di tale obbligazione (accessoria al raggiungimento della piena realizzazione dei diritti risarcitori) non può non determinare una responsabilità della compagnia, responsabilità che non può non essere di carattere contrattuale. Peraltro si evidenzia che proprio una delle più dichiarate finalità della riforma è quella di enfatizzare il rapporto esistente tra compagnia ed assicurato. La fidelizzazione passa ovviamente attraverso le modalità di adempimento del contratto stesso, ma anche delle modalità e delle strutture di assistenza e di consulenza apprestati nell’ambito del risarcimento diretto. E così, in un gioco di contrappasso dantesco, la compagnia assicuratrice (allettata forse dalla procedura di risarcimento diretto per un’immediata limitazione dei costi dei sinistri attraverso un ridimensionamento delle voci di danno e la soppressione delle spese legali) è tenuta ad ulteriori attività a favore del danneggiato (con inevitabili aumenti di costi di gestione), dovendo garantire con la massima diligenza lo svolgimento del predetto incarico di assistenza con perfetta e corretta buona fede, anche in considerazione dell’anomala sua posizione di debitore che garantisce la corretta e precisa portata del proprio debito.
E’ doveroso pertanto chiedersi se le compagnie di assicurazione si siano dotate di quei meccanismi e di quelle strutture proprie dell’avvocato, che deve difendere e tutelare prima ancora di salvaguardare i propri interessi di lucro. E’ doveroso ancora chiedersi fino a che punto le finalità del legislatore non debbano considerarsi velleitarie ed ipocrite, laddove non hanno previsto nemmeno dei corsi di formazione del personale di cui si avvalgono agenzie, subagenzia ed ispettorati, atteso che queste figure dovrebbero sostituire quella dell’avvocato e, segnatamente, dell’avvocato specialista in infortunistica stradale. E’ assai noto come l’agente assicurativo, ossia la figura per eccellenza dell’assicuratore agli occhi del cliente, non debba avere necessariamente dei requisiti ed attestazioni paragonabili a quelli di un avvocato, essendo possibile che questi svola le mansioni di agente assicurativo anche con un semplice diploma di maturità. E’ lecito, pertanto, domandarsi se il danneggiato disarcionato dal suo legale di fiducia, con il falso presupposto di esser a suo carico il pagamento delle spese legali, abbia la stessa assistenza nella compilazione della richiesta, nella sua integrazione e precisazione, nella consulenza in ordine alla allegazione ed alla valutazione del danno. Ci chiediamo sino a che punto la figura dell’agente, qualora fosse a conoscenza di tutti quegli elementi del diritto che solo un avvocato esperto della materia acquisirebbe dopo anni ed anni di lavoro, possa validamente consigliare di accettare una valutazione della compagnia ovvero di rivolgersi da un avvocato. Ed ancora: sempre che l’agente possa avere questa conoscenza, sino a che punto potrebbe prestare tale consiglio in favore del danneggiato, pena la rappresaglia dell’impresa assicuratrice stessa che lo ammonirebbe di tale contegno contrario alla propria politica? E sempre che volessimo accedere (ma non accediamo affatto) che l’agente abbia cotanta preparazione ed onestà, quale tempo già scarso della sua attività di agente potrebbe prestare a quella, peraltro assolutamente non remunerativa, di pseudoavvocato? Su chi graverebbero i costi di spedizione delle lettere, delle telefonate, delle fotografie, in via esemplificativa e non esaustiva, in mancanza di un avvocato antistatario?