Molti interpreti ritengono che le azioni ex art. 149 d. lgsl 209/2005 contro l’impresa assicuratrice ed ex art. 2054 cc contro il responsabile non possano cumularsi. L’assunto è infondato per i seguenti motivi.
- Con la sentenza del 19 giugno 2009 n. 180, la Corte Costituzionale ha chiarito che l’azione tradizionale risarcitoria ex artt. 2043 e 2054 cc sopravvive e non può dirsi discriminata dalla procedura di indennizzo diretto. La possibilità di avvalersi della tradizionale azione contro il responsabile civile, accanto a quella dell’indennizzo diretto, è avvalorata dalle seguenti considerazioni.
- Il primo arresto autorevole della giurisprudenza di merito è della Corte di Appello di Roma la quale ha chiarito che non esiste alcuna alternatività tra l’azione verso il responsabile e quella verso l’assicuratore, nel senso che possono essere citati ambedue in giudizio contemporaneamente e cumulativamente: “non è ravvisabile alcuna alternatività tra l’azione verso il danneggiante e il responsabile civile, ex art. 2043 e 2054 cc, e quella diretta verso l’assicurazione ai sensi dell’art. 18 della legge n. 990 del 1969, sicchè la circostanza che sia stata prescelta la prima forma di tutela giurisdizionale da parte del danneggiato non pone alcun ostacolo processuale, né sostanziale, all’esercizio dell’azione risarcitoria nei confronti della compagnia assicurativa ai sensi dell’art. 18 delle legge citata, e alla pretesa creditoria nei confronti della stessa allorchè il diritto non sia stato soddisfatto dal danneggiante o dal responsabile civile” (Corte d’Appello di Roma, sez. III 3 novembre 2010 n. 4502).
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Interpretazione autentica. Si riporta testualmente il passo dell’arresto della Consulta: “… Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 149 consentirebbe, accanto all’azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo utilizzato, la persistenza della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal momento che il Codice della assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di far valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso (ordinanza n. 441 del 2008). Il predetto Codice, nel quadro di un complessivo riassetto della materia (…) introduce un meccanismo che, in presenza di certe condizioni, agevola la tutela del danneggiato e, in prospettiva, come lo stesso giudice a quo riconosce, si propone di creare le condizoni per un miglioramento delle prestazioni assicurative. Pur nell’approssimativo coordinamento delle norme del titolo X del Codice, nel loro complesso e nei rapporti con la disciplina vigente, nulla autorizza a ritenere che siano stati stravolti i principi in tema di responsabilità civile, tanto più che le norme poste dal legislatore delegato sono da interpretare nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega (sentenza n. 98 del 2008 e nn. 170 e 340 del 2007). Nella misura in cui l’azione diretta contro l’assicuratore del danneggiato non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato, non è riconoscibile un vizio nel procedimento di formazione legislativa: il sistema di liquidazione del danno creato nell’esercizio della delega è misurabile nei termini del riassetto normativo delegato. … La prima ragione è quindi di carattere testuale che non ammette interpretazioni di sorta. Il giudice delle leggi chiarisce con i termini sottolineati nel passo che le due azioni sono alternative. Alcuni interpreti ritengono di ricercare nel testo della Corte la inammissibilità della cumulabilità dell’azione ex art. 2054 contro il responsabile con l’azione ex art. 149 contro l’impresa. Ritengono di ricercare l’inamissibilità del cumulo, ma una simile diminuzione di tutela non esiste per davvero, laddove peraltro si legga apertis verbis: “ … il predetto Codice (…) introduce un meccanismo che (…), agevola la tutela del danneggiato e (…) si propone di creare le condizoni per un miglioramento delle prestazioni assicurative. (…) nulla autorizza a ritenere che siano stati stravolti i principi in tema di responsabilità civile (…). Nella misura in cui l’azione diretta contro l’assicuratore del danneggiato non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato, non è riconoscibile un vizio nel procedimento di formazione legislativa …Leggendo e rileggendo il testo, si riscontra un aumento di tutela da una parte e alcun stravolgimento dei principi precedenti, dall’altro, contrariamente al tentativo mal riuscito, invece, di questi interpreti.
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Interpretazione della Corte di Cassazione. Con sentenza del 24 aprile 2001 n. 6026, la III Sezione era stata chiamata a risolvere identica questione tra l’art. 18 della legge 1969/990 e l’art. 2054. Essa affermò testualmente: “… va, infatti osservato che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, (Cass. 12.2.1998, n. 1471; Cass. 13.3.1996, n. 2056; Cass. 1.6.1995, n. 6128) l’entrata in vigore della l. n. 990-1969 non ha fatto venir meno il disposto dell’art. 2054 c.c., il cui contenuto è anzi richiamato dall’art. 1 della detta legge. Pertanto il danneggiato ha conservato accanto all’azione diretta di cui all’art. 18, quella codicistica di cui all’art. 2054 c.c. contro il conducente o il proprietario del veicolo. Quanto alla possibilità di proporre cumulativamente dette azioni (quella ex art. 18 l. ass. rca e quella ex art. 2054 c.c.), dopo un iniziale contrasto giurisprudenziale, la giurisprudenza pacificamente ritiene (Cass. 4.10.1996, n. 8717; Cass. 1.6.1995, cit.; Cass. 3.5.1990, n. 3624) che il debito da fatto illecito che fa capo al danneggiante e quello di pagamento dell’indennizzo, che grava sull’assicuratore, sono legati da un vincolo di solidarietà, ancorché atipico, con la conseguenza che è ammissibile la proposizione cumulativa da parte del danneggiato delle relative azioni e così la condanna in solido del danneggiante e dell’assicuratore …”. Non vi è chi non veda che la questione prospettata è la stessa già risolta dalla Suprema Corte.
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Interpretazione letterale. Si potrebbe obiettare che l’art. 149 comma VI laddove disponga che “il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’art. 145 comma II nei soli confronti della propria impresa di assicurazione”, consenta di escludere il responsabile civile dalla partecipazione al processo. Ma non è così. Per convincersene, basti continuare a leggere il comma: “l’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettre l’altra impresa …”. Il termine soli è riferito all’impresa assicuratrice del danneggiato che sostituisce processualmente quelle del responsabile e non esclude ques’ultimo ex artt. 2043 e 2054 cc dal processo. Ricorrendo all’interpretazione letterale, ex art. 12 disp. prel., non esiste alcuna norma che prescrive letteralmente la esclusione del responsabile civile dal processo. Quod lex voluit, dixit. Se il legislatore avesse voluto escludere il responsabile civile dal processo, lo avrebbe detto chiaramente.
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Interpretazione logica. Scire leges – ammoniva Celso – non est earum verba tenere, sed vim ac potestatem. La sentenza richiamata si propone lo scopo di rafforzare la posizione del danneggiato, il quale, qualora fosse costretto a citare solo l’assicuratore e non anche il responsabile civile, avrebbe una diminuzione di tutela, ossia lo scopo paradossalmente opposto a quello voluto dal legislatore e chiarito dalla Consulta, qualora le intenzioni del legislatore non fossero esattamente quelle. Ci chiediamo, quindi, ed occorre che qualcuno ci spieghi, come sia possibile ammettere solo per un istante che la normativa sull’indennizzo diretto porti a ritenere che debba essere citata solo l’impresa assicuratrice, a dispetto dell’azione tradizionale, ove la partecipazione dell’impresa al processo conviveva con quella del responsabile.
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Si osserva al riguardo che l’art. 122 comma I d. lgsl 209/2005 prevede l’obbligo della copertura della assicurazione per la responsabilità civile veros i terzi prevista dall’art. 2054 cc e dall’art. 91 comma II cds; detto articolo 122 pone, quindi, quale presupposto per sddivenire al risarcimento diretto previsto dal d. lgsl 209/2005 la obbligatoria copertura assicurativa, per cui oggetto della garanzia secondon il rchiamato art. 2054 cc è la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, come più spcificamente disciplinata dagli artt. 140 e seguenti d. lgsl 209/2005. Deve dirsi, peraltro, che il succitato art. 122 e successivi di cui al d. lgsl 209/2005 ricalcano sostanzialmente la pregressa normativa e, in particolare, quella prevista dalla legge 990/69 che nonostante l’avvenuta abrogazione conserva la propria valenza sia per l’impianto complessivo della materia che per i risvolti processuali. L’art. 149 d. lgsl 209/2005 dispone che il danneggiato proponga l’azione giudiziaria per ottenere il risarcimento diretto nei soli confronti della propria assicurazione, devendosi con ciò intendere, come abbiamo visto, che l’azione non può essere proposta nei confronti dell’assicurazione del soggetto presunto danneggiante; infatti, l’art. 144 comma III dispone in maniera inquivoca che “nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile civile”. Tale assunto è confermato dall’art. 12 del Regolamento di attuazione, secondo il quale “… l’accertamento della responsabilità è compiuto con riferimento alla fattispecie completa, nel rispetto dei principi generali in tema di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli”. Si rileva, pertanto, dalla lettura in combinato disposto dell’art. 122 d. lgsl 209/2005 (che richiama espressamente l’art. 2054 cc), dell’art. 149/3 stesso decreto e dell’art. 122 dpr 254/2006 che, al fine di poter determinare la responsabilità dell’accaduto, va chiamato in giudizio anche il soggetto danneggiante. Invero, l’art. 144/3 d. lgsl 209/2005 ricalca il previgente art. 23 l. 990/1969 la cui ratio è quella di consentire al presunto responsabile civile di esercitare il proprio diritto di difesa e di non subire eventuali effetti pregiudizievoli (quali l’aumento del premio assicurativo o il caso di mancata capienza del massimale) in un giudizio nel quale non ha preso parte; e, d’altro canto, la mancata partecipazione al giudizio sarebe contraria al principio generale del naeminem laedere. Inoltre l’art. 165 d. lgs 209/2005 prevede un raccordo con le disposizioni del codice civile che va visto oprattutto in riferimento agli artt. 2054 e 2043 cc. Va detto infine che configurandosi per il già richiamato risarcimento diretto una sotituzione ex lege dell’assicurazione del danneggiante da parte dell’assicurazione del danneggiato, il presunto responsabile civile va ritenuto litisconsorte necessario dell’assicurazione “sostituita”.
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Dello stesso tenore la Suprema Corte. Il responsabile civile è sempre stato considerato litisconsorte necessario: “in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, non il conducente, ma il proprietario del veicolo assicurato è litisconsorte necessario, ai sensi dell’art. 23 l. 24 dicembre 1969 n. 990, ” ratione temporis” applicabile, nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore (Cass. Civ. Sez. III 22 maggio 2007 n. 11885; Cass. Civ. Sez. III 14 dicembre 2007 n. 26298). “Nel giudizio promosso dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore della r.c.a. del responsabile deve essere necessariamente convenuto, quale litisconsorte necessario, anche il proprietario del veicolo che ha causato il sinistro, a nulla rilevando che al giudizio abbia preso parte il conducente responsabile … (ciò comporta che) quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 comma 1 c.p.c., resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio per cassazione, l’annullamento – anche d’ufficio – delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell’art. 383 comma ultimo c.p.c. (Cass. Civ. Sez. III 13 aprile 2007 n. 8825). Si badi che queste sentenza sono recenti e sono state emesse nel 2007, nella piena sopravvivenza del regime dell’indennizzo diretto, prima ancora della sentenza della Consulta. Pertanto, promuovere un processo in cui non sia parte il proprietario del veicolo, significa promuovere un processo nullo.
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Esiste una palese violazione dell’art. 101 cpc. Non si condividono alcune alchimie processuali che consentono di citare in giudizio solo la compagnia assicuratrice della quale si chiede la condanna, estromettendo dal giudizio, in aperto contrasto con il principio del contraddittorio ex art. 101 cpc, il responsabile nei confronti del quale non si chiede alcun accertamento della responsabilità. Quale condanna potrebbe richiedersi senza l’accertamento di una condotta?
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La mancata partecipazione in giudizio del responsabile del sinistro determinerebbe una palese violazione del diritto di difesa del danneggiato il quale non potrebbe giovarsi dello strumento dell’interrogatorio, del giuramento, che mirano alla confessione giudiziale.
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La confessione stragiudiziale, che nel processo ha lo stesso valore di quella giudiziale (2735 cc), non è altro che la denuncia di sinistro, ma questa non si potrebbe mai intendere per riconosciuta, in quanto tale effetto, ai sensi dell’ art. 215 cpc, potrebbe scaturire solo se la parte alla quale la scrittura è attribuita è contumace o non la disconosce. Tale effetto non potrebbe quindi aversi in un processo in cui si esibisce una denuncia sottoscritta a favore di chi se ne avvale, ma a sfavore (e questo è il punto) di chi non ha la possibilità giuridica di disconoscerla. E si sa che molti processi vengono decisi senza ricorrere alle prove testimoniali, ma semplicemente sulla scorta delle denunce contenenti responsabilità. Le denunce sono l’apparato osteoarticolare dei processi sulla circolazione stradale. Ma per assurdo, il processo non si preoccuperebbe di quell’analisi di autenticità della denuncia che persino la demenziale legge sul’indennizzo diretto ha previsto con una serie di informazioni e comunicazioni intercorrenti tra le imprese assicuratrici tese a verificare l’attendibilità dei riscontri. In altre parole, si potrebbe citare in giudizio solo l’impresa assicuratrice, avvalendosi di una denuncia firmata dal responsabile che questi non potrebbe sindacare, semplicemente perchè gli sarebbe negata non solo la sua partecipazione al processo, ma addirittura la conoscenza dello stesso. Un vero e proprio capolavoro del teatro dell’assurdo, con il dovuto rispetto per Beckett e Jonesco!
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La sentenza di un processo in cui non prende parte il proprietario non avrebbe alcuna efficacia di giudicato nei suoi confronti, neppure esterna, con conseguente inutilizzabilità, inopponibilità e conseguente contrasto con altri provvedimenti da quest’ultimo promossi contro il danneggiato.
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Per non farci mancare niente, vi sarebbe una sostanziale violazione delgli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
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A questo punto, è lecita una domanda: cosa accadrà a tutti i processi nei quali sia stata chiamata in giudizio solo la compagnia di assicurazione, allorquando la Suprema Corte ne dichiarerà l’improcedibilità?
Avv. Carmine Lattarulo