Corte di Cassazione Sezione III 23 marzo 2016 n. 5691. La quantificazione in una frazione del danno biologico non preclude una misura diversa e maggiore rispetto alla quantificazione tabellare. La prova del danno può essere quella presuntiva.
Il caso.
I genitori esercenti la potestà su un minore convennero in giudizio la ASL affinchè fosse condannata al risarcimento dei danni riportati dal ragazzo per non aver i medici dell’Ospedale riconosciuto immediatamente la torsione dei testicoli riportata dal minore durante una vacanza in Sicilia con la famiglia: in conseguenza della diagnosi imprecisa, il ragazzo fu operato con ritardo e ciò gli causò la perdita di un testicolo, nel frattempo necrotizzato. Il Tribunale e la Corte di Appello accolsero la domanda del rgazzo. La ASL ricorse in Cassazione.
La decisione.
Il Supremo Collegio convalida il ragionamento del giudice di merito, quello di attribuire al pregiudizio del danno morale un maggior rilievo rispetto alla semplice determinazione di una percentuale del danno biologico. Preliminarmente, nella liquidazione del danno non patrimoniale subito dalla vittima di una lesione del diritto alla salute, questo va liquidato agganciandosi a parametri obiettivi che sono come regola generale costituiti dalle tabelle per la liquidazione del danno, in particolare dalle tabelle del Milano (la Suprema Corte ribadisce, così, la sua valenza, in linea generale e nel rispetto dell’art. 3 Cost., come parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salva l’emersione di concrete circostanze che ne giustifichino l’abbandono). Confermato questo orientamento, la Suprema Corte fa un passo avanti: se la componente del danno non patrimoniale riconducibile al danno morale puro è quantificabile in una frazione del danno biologico, ciò non preclude al giudice di merito, attesa la necessaria personalizzazione del danno, di discostarsi motivatamente da tali parametri, laddove la situazione presenti alcuni elementi che inducano a quantificare il pregiudizio morale subito in una misura diversa e maggiore rispetto alla quantificazione tabellare, ai fini di una integrale riparazione del pregiudizio subito. Pertanto, la liquidazione del danno morale può avvenire anche in modo extratabellare.
Gli ermellini affrontano la questione della prova di tale danno: se è vero che la componente del danno morale non può ritenersi sussistente in re ipsa, ed è soggetta alle ordinarie regole probatorie in ordine alla sua sussistenza e alla sua gravità, è altrettanto vero che si può fare riferimento al ragionamento logico presuntivo, e cioè deducendo da un fatto noto — la lesione fisica e le sue ripercussioni sulla vita futura – il fatto ignoto, ovvero l’entita della afflizione morale che ne è derivata.
Avv. Carmine Lattarulo ®