Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 9 settembre 2013 n. 36887. Uno ‘scudo’ difensivo più ampio a tutela delle vittime di stalking è stato approntato dalla Cassazione con la sentenza 36887/2013 che impone l’obbligo, agli ‘ex’ indagati per atti persecutori, di cambiare strada o allontanarsi da ogni luogo nel quale si trovino, anche per caso, ad incontrare la parte offesa. E questo indipendentemente dal fatto che quella strada, o quel luogo, siano elencati nella misura cautelare del divieto di avvicinamento emesso dai giudici in attesa del processo. Con questa decisione – in contrasto con precedenti pronunce che preferivano “non comprimere” la libertà di movimento del presunto stalker ed esigevano un elenco dettagliato dei luoghi per lui ‘off limits’ – i supremi giudici voltano pagina e affermano che una simile “predeterminazione sarebbe una inammissibile limitazione del libero svolgimento della vita sociale della persona offesa, che viceversa costituisce il precipuo oggetto di tutela” dallo stalking, reato introdotto dalla legge 38 dell’aprile 2009. Spiegano gli ‘ermellini’ che nel divieto di avvicinamento intimato agli stalker – che rendono impossibile e carica di ansia la vita delle ex ‘colpevoli’ di averli lasciati – “assume primaria importanza la garanzia della libertà di movimento e di relazioni sociali della persona offesa da possibili intrusioni dell’indagato, cha facendo temere la vittima per la propria incolumità finiscano per condizionare e pregiudicare la fruizione di queste libertà”. Insomma la piramide del diritto, quando si parla di stalking, deve essere ribaltata: l’eccessivo garantismo per i ‘persecutori’ deve lasciare il passo all’attenzione a non precipitare le vittime nella gabbia di un “perimetro” di spazi protetti al di fuori del quale si sentano a rischio. L’indicazione dei supremi giudici è semplice e perentoria: gli stalker non solo devono stare alla larga da tutti i luoghi ‘canonici’ come la casa della ex e il suo posto di lavoro, ma devono allontanarsi da lei tutte le volte che le si avvicinano “anche imprevedibilmente”. Così la Cassazione ha convalidato la tutela più ‘estesa’ concessa a una ex moglie pugliese e alle sue figlie molestate dall’ex marito che ha già scontato un periodo di custodia cautelare ai domiciliari e che, tornato libero, chiedeva la cessazione del divieto di avvicinamento da lui ritenuto troppo generico e penalizzante.
Il “persecutore”’ deve cambiare strada se incontra la vittima
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