Cassazione Civile Sez. III 9 marzo 2020 n. 6651: non devono sorgere situazioni di pericolo per gli utenti della strada e, ove si verifichino, deve attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere.
Il fatto.
Un albero situato in un canale di scolo prospiciente la strada, a seguito di una tempesta di vento, era caduto sulla strada stessa trasversalmente impedendo il passaggio di una vettura e causando la collisione con la stessa, danneggiandola. Si discute se le fasce di rispetto, previste dagli artt. 16 lett. c), 14 lett. a) e b) del codice della strada e 26 del regolamento di attuazione del codice della strada, rientrino nella competenza dell’ente proprietario della strada, in punto di dovere di vigilanza e persino di manutenzione (su beni non demaniali).
La decisione.
La pronuncia vira decisamente da un precedente orientamento consolidato, quanto superato dal 2008, secondo il quale il custode rispondesse per colpa ex art. 2043 cc, anzicchè ex art. 2051 cc, con la conseguenza inevitabile (ed è questo il punto di maggior rilievo, sebbene scontato) dello spostamento dell’onere della prova in capo al danneggiato che avrebbe dovuto dimostrare i caratteri della invisibilità o della imprevedibilità dell’insidia, come unico argomento utile ad atteggiare la responsabilità del custode. Questo orientamento è ormai stato ampiamente superato dal 2008, momento dal quale la responsabilità del custode sarà di carattere oggettivo.
La Cassazione incide ulteriormente su questo cambio di rotta, affermando, nella fattispecie in esame (tempesta) che il danneggiato che agisca per il risarcimento dei danni subiti mentre circola sulla pubblica via è tenuto alla dimostrazione dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, ma non anche dell’imprevedibilità e non evitabilità dell’insidia o del trabocchetto, né della condotta omissiva o commissiva del custode, gravando su quest’ultimo, in ragione dell’inversione dell’onere probatorio che caratterizza la peculiare fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., la prova di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale potesse presentare, per l’utente, una situazione di pericolo occulto, nel cui ambito rientra anche la valutazione della sua prevedibilità e visibilità rispetto alle concrete condizioni in cui l’evento si verifica (cfr. Cass. 11802/2016).
Il Supremo Collegio aveva altresì confermato questa inversione dell’onere della prova, affermando che la responsabilità della pubblica amministrazione di cui all’art. 2051 c.c. opera anche in relazione alle strade pubbliche, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo i soggetti che ne hanno la custodia liberati dalla responsabilità suddetta solo ove dimostrino che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione che imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode (cfr. Cass. 16295/2019).
Dettato il suddetto onere della prova in capo al custode, la Suprema Corte gli attribuisce un ulteriore obbligo: in tema di circolazione stradale è dovere primario dell’ente proprietario della strada garantirne la sicurezza mediante l’adozione delle opere e dei provvedimenti necessari; ne consegue che sussiste la responsabilità di detto ente in relazione agli eventi lesivi occorsi ai fruitori del tratto stradale da controllare, anche nei casi in cui l’evento lesivo trova origine nella cattiva o omessa manutenzione dei terreni laterali alla strada, ancorché appartenenti a privati, atteso che è comunque obbligo dell’ente verificare che lo stato dei luoghi consenta la circolazione dei veicoli e dei pedoni in totale sicurezza (principio già affermato in Cass. 23562/2011 e Cass. 15302/2013); infatti, sostiene la Cassazione, l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, benché non abbia la custodia dei fondi privati che la fiancheggiano e, quindi, non sia tenuto alla loro manutenzione, ha l’obbligo di vigilare affinché dagli stessi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada, nonché – ove, invece, esse si verifichino – quello di attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere, sicché è in colpa, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1176, secondo comma, cod. civ. e 2043 cod. civ. (n.d.r.: si badi, ex art. 2043 e neppure ex art. 2051 cc.), qualora, pur potendosi avvedere con l’ordinaria diligenza della situazione di pericolo, non l’abbia innanzitutto segnalata ai proprietari del fondo, né abbia adottato altri provvedimenti cautelativi, ivi compresa la chiusura della strada alla circolazione” (cfr. Cass 22330/2014; Cass. 6141/2018).
Si rilevi l’impercettibile passaggio, quanto significativo, dell’onere di vigilanza del custode, il quale risponde per responsabilità persino diretta, ex art. 2043 c.c. e neppure presunta e di carattere oggettivo, ex art. 2051 cc.
Avv. Carmine Lattarulo ©
Il proprietario della strada deve vigilare anche su terreni adiacenti di privati
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