Cassazione Civile Sezione I 4 febbraio 2016 n. 2196: sebbene sia consentito inviare informazioni commerciali nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione mediante iscrizione della propria numerazione nel registro pubblico delle opposizioni (cd. opt-out), non è consentito nelle telefonate senza operatore (cd. telefonate con contatto abbattuto o “mute”), né in quello in cui l’utenza chiamata non risulti inserita in uno degli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico (telefonia mobile).
Il caso. La questione è inerente le chiamate mute: l’utente alza la cornetta e non risponde alcun operatore, vi è silenzio perchè la telefonata è partita automaticamente da un software per permettere il maggior numero di chiamate, a seguito della quale, se nel frattempo nessun operatore si libera, la telefonata cade. Il Garante per la protezione dei dati personali prescriveva a Enel Energia l’adozione di misure atte a garantire che il sistema Saas impedisse la reiterazione di chiamate su contatto abbattuto (cd. chiamate “mute”): escludendo la possibilità di richiamare la specifica utenza per un intervallo di tempo pari almeno a trenta giorni. Enel Energia ricorreva.
La decisione. L’art. 7 della Direttiva CE 95/46 non può essere ostativa dell’art. 11 del cod. della privacy, a tenore del quale i dati personali oggetto di trattamento debbono essere (a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; (b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, e utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; (c) esatti e, se necessario, aggiornati; (d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; (e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati. Le chiamate mute sono scorrette nella modalità perchè mirano a ottimizzare il successo delle chiamate passate agli operatori facendo ricadere il rischio, e il disagio, della chiamata “muta” sui soli destinatari. E’ stato infatti più volte affermato dal Supremo Collegio che, ai sensi degli artt. 4 e 11 del codice della privacy, i dati personali oggetto di trattamento vanno poi gestiti rispettando i canoni della correttezza, pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità del loro utilizzo (Sezioni Unite n. 3033-11, nonché, Sez. I n. 18443-13). E una particolare efficacia in senso confermativo della non correttezza del trattamento si estrapola dalle chiamate multiple (modalità cd. predictive) implicante chiamate inviate dal sistema, tenendo conto delle telefonate fallite laddove non si fosse trovato immediatamente disponibile un corrispondente operatore. Se ne desume che il destinatario, proprio in considerazione della prescelta modalità, è esposto al rischio di non ricevere risposta alla chiamata. Una ulteriore ragione di illeceità risiede nella violazione degli artt. 129 e 130 del codice della privacy che consentono trattamenti dei dati solo con il consenso dell’interessato. Non vale ritenere che il consenso, in base al comma 3- bis dell’art. 130, non sia richiesto in chi sia iscritto negli elenchi degli abbonati ai servizi di telefonia e non abbia esercitato il diritto di opposizione con modalità semplificate e anche in via telematica, mediante iscrizione della relativa numerazione nell’apposito registro pubblico delle opposizioni (cd. opt-out: il destinatario della pubblicità ha la possibilità di opporsi ad invii futuri). Infatti, l’art. 130, comma 3-bis va interpretato in coerenza con la direttiva comunitaria 2002/58-CE sull’e-privacy, la quale, concepita per rispettare le esigenze delle tecnologie digitali, completa la direttiva sulla protezione dei dati personali e comprende tutte le tematiche di potenziale interesse per la sfera privata nell’ambito delle comunicazioni elettroniche. In particolare la soluzione opt-out (opzione di esclusione), poi recepita dall’art. 130, comma 3-bis del codice, è stata dalla direttiva ipotizzata (v. art. 13, 30 comma) solo con riferimento alle chiamate con operatore. In pratica, la direttiva comunitaria 2002/58-CE consente l’opt-out per le chiamate con operatore, non mai invece per le chiamate automatizzate. In ultima analisi, rimane legittimo il trattamento del dato personale tratto da elenchi solo in quanto gli elenchi siano pubblici, come non è – invece – per il caso della telefonia mobile. La Corte, così, detta il suo principio testualmente: “in conformità alla direttiva comunitaria n. 2002/58-CE, relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, l’art. 130, coma 3-bis, del cod. della privacy, che consente, in deroga al principio del consenso espresso previsto dall’art. 129, 20 comma, il trattamento dei dati personali mediante l’impiego del telefono per le comunicazioni di natura commerciale nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione mediante iscrizione della propria numerazione nel registro pubblico delle opposizioni (cd. opt-out), non trova applicazione nel caso in cui l’autore del trattamento abbia inviato telefonate senza operatore (cd. telefonate con contatto abbattuto o “mute”) né in quello in cui l’utenza chiamata non risulti inserita in uno degli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico di cui all’art. 129, 1 0 coma, del codice (come per esempio avviene per i telefoni cellulari)”.
Avv. Carmine Lattarulo