Cassazione Civile Sezioni Unite 19 dicembre 2018 n. 32781: ai fini della ineleggibilità, devono computarsi anche i mandati espletati anche solo in parte prima della entrata in vigore della legge (21.8.2017) con la conseguenza che non sono eleggibili gli avvocati che abbiano già espletato due mandati consecutivi (esclusi quelli di durata inferiore al biennio, ai sensi del comma 4 dell’art. 3Della legge 113/17).
Fatti di causa
Un avvocato ricorreva in cassazione contro la sentenza del Consiglio Nazionale Forense che aveva rigettato il reclamo da lui proposto, in qualità di componente eletto del medesimo Consiglio dell’Ordine, avverso la proclamazione di alcuni degli eletti e di uno dei candidati alle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. Il reclamo era fondato sulla contestazione dell’eleggibilità di sei componenti proclamati eletti e di un non eletto, per avere costoro già ricoperto la carica di consigliere dell’Ordine per almeno due mandati consecutivi, in relazione all’art. 3, comma 3, della legge n. 113/2017 (“i consiglieri non possono essere eletti per piu’ di due mandati consecutivi; la ricandidatura e’ possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si e’ svolto il precedente mandato”).
La decisione.
Si discute della questione della computabilità, ai fini dell’impedimento all’eleggibilità al consiglio dell’ordine circondariale forense, anche dei mandati elettorali espletati prima entrata in vigore della stessa legge. La materia era regolata, prima della legge 113/17, dall’art. 28 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, che, al suo comma 5 e senza alcuna disciplina transitoria specifica, prevedeva: «risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti; in caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione e, tra coloro che abbiano uguale anzianità di iscrizione, il maggiore di età; i consiglieri non possono essere eletti per più di due mandati; la ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato». La norma è stata riscritta dal nuovo art. 3 della legge 113/17 che prevede, ai suoi commi 3 e 4: «3. Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto di voto, che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell’avvertimento. Fermo restando quanto previsto al comma 4, i consiglieri non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi. La ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato. 4. Dei mandati di durata inferiore ai due anni non si tiene conto ai fini del rispetto del divieto di cui al secondo periodo del comma 3». Il comma 3 dell’art. 17 della stessa legge prevede poi che: «3. In sede di prima applicazione, la durata dei consigli dell’ordine, ivi compresi quelli eletti ai sensi dei commi 1 e 2, è stabilita comunque alla scadenza del 31 dicembre 2018, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 3 della presente legge. Alle elezioni successive si applicano le disposizioni di cui all’articolo 28, comma 7, della legge 31 dicembre 2012, n. 247».
Ebbene, le Sezioni Unite reputano che l’art. 3 comma 3 (secondo periodo) della legge 113/2017 “sia adeguatamente chiara nel senso di escludere la stessa eleggibilità di avvocati che abbiano espletato due mandati consecutivi … e che tale interpretazione … sia da estendere anche alle elezioni in sede di prima applicazione della legge 113/17”. Il testo originario del d.d.l. 2473 della disciplina transitoria resta neutro ai fini dell’individuazione del significato della disposizione, da ricavarsi allora in base alle regole generali dell’ermeneutica. Il tenore testuale finale della norma transitoria deve comportare che pure in sede di prima applicazione della legge 113/17 vige la regola dell’ineleggibilità dei consiglieri per più di due mandati consecutivi (con la sola eccezione di cui al co. 4 dell’art. 3, richiamato dall’art. 3, co. 3, secondo periodo, della legge 113/17, che esclude dal computo dei mandati ostativi quelli di durata inferiore al biennio).
Una norma transitoria così ricostruita è pienamente in linea con la portata della disciplina a regime e cioè che anche le elezioni in sede di prima applicazione della legge 113/17 si riferiscono ai mandati espletati. Un simile regime definitivo è analogo a quello introdotto per gli organismi rappresentativi di altri ordini professionali (come quello dei dottori commercialisti ed esperti contabili, ai sensi dell’art. 9, comma nono, del d.lgs. n. 139 del 2005, a mente del quale «i consiglieri dell’Ordine ed il presidente possono essere eletti per un numero di mandati consecutivi non superiore a due») e deve qualificarsi (come già si è espressa, testualmente, la Cassazione -21/05/2018 n. 12461) “funzionale all’esigenza di assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti all’esercizio delle funzioni di governo degli Ordini, favorendone l’avvicendamento nell’accesso agli organi di vertice, in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione” (cfr. Cass., Sez. I, 26/03/2015, n. 6128), “nonché ad evitare fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini” (cfr. Cass., Sez. I, 9/10/2007, n. 21100; Cass. 5/06/2007, n. 13181; Cass. 20/05/2006, n. 11895), “potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi degli iscritti e di vigilanza sul rispetto da parte degli stessi delle norme che disciplinano l’esercizio della professione, nonché sull’osservanza delle regole deontologiche”.
In particolare, secondo la Corte, è chiara la valutazione del legislatore della protratta consecuzione dei mandati come idonea a fondare, con la permanenza nella gestione degli interessi di categoria, un rischio di sclerotizzazione delle compagini rappresentative e di viscosità o remore anche inconsapevoli nell’ottimale esercizio delle istituzionali funzioni di rappresentanza e vigilanza. Evidentemente, la norma valuta come da evitare per quanto più possibile il pericolo di una cristallizzazione di posizioni di potere nella gestione di queste a causa della protrazione del loro espletamento ad opera delle stesse persone: protrazione che è, a sua volta, fornite o incentivo di ben prevedibili tendenze all’autoconservazione a rischio di prevalenza o negativa influenza su correttezza ed imparzialità dell’espletamento delle funzioni di rappresentanza. Al contrario, il sistema dovrebbe necessariamente essere sempre ispirato, per le stesse pubblicistiche esigenze che presiedono alla loro strutturazione in sistema ordinistico, a particolare correttezza e rigore nell’esercizio delle professioni così strutturate. Pertanto, per valutazione legislativa ogni prolungato esercizio del mandato, come dalla norma individuato per tempo pari alla durata di due mandati consecutivi (purché ognuno non inferiore a due anni e cioè, per gli Avvocati, in ragione della metà della durata del mandato ordinario), preclude la (immediata) rieleggibilità del consigliere, al fine di impedire la cristallizzazione della sua rendita di posizione e di porre almeno un limite o correttivo a quella che da taluni si è definita come l’evidente asimmetria di potere tra esponenti già in carica – soprattutto se da anni e per un mandato già rinnovato – e nuovi aspiranti alla carica.
Questo risultato costituisce un non irragionevole bilanciamento attuato dal legislatore nell’esercizio della discrezionalità di cui gode in subiecta materia, idoneamente perseguendo l’obiettivo di rafforzare la rappresentatività dei Consigli degli Ordini mediante un ampliamento della partecipazione degli iscritti (v. Cass. 12461/18, ove richiami a: Corte cost., sentt. n. 276 del 2012 e n. 240 del 2008; Cass. 20/05/2006, n. 11895), anche dal lato dell’elettorato passivo, intuitivo effetto dell’esclusione dalla competizione elettorale di coloro che già vi abbiano più volte vittoriosamente preso parte.
E’ quindi, da escludere, dinnazi a siffatta chiarezza, della norma a regime e di quella transitoria, una lesione del principio della eccezionalità delle norme che prevedono cause d’ineleggibilità, in quanto volte ad imporre limitazioni al diritto di elettorato passivo, nonché della conseguente esclusione di una loro interpretazione estensiva o analogica (cfr., tra molte: Corte cost., sentt. n. 27 del 2009 e n. 141 del 1996; Cass. 02/02/2016, n. 1949; Cass. 12/02/2008, n. 3384; Cass. 25/01/2001, n. 1073).
Non si può ritenere che attribuire rilevanza, ai fini dell’ineleggibilità, ai mandati pregressi e cioè anche a quelli espletati pure solo in parte prima dell’entrata in vigore della norma, implichi l’applicazione retroattiva dell’art. 3, co. 3, secondo periodo, legge 113/17. Infatti, al di fuori del diritto penale, il divieto di irretroattività non gode di garanzia costituzionale, a tal fine esigendosi soltanto che la relativa disposizione sia espressa e che la scelta normativa (v. Corte cost. n. 73 del 2017) sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall’efficacia a ritroso della norma adottata. Inoltre, in via dirimente, la Corte Costituzionale ha rilevato che l’introduzione di limiti all’accesso alle cariche elettive e, in generale, all’elettorato passivo non implica altro che l’operatività immediata della legge e non una retroattività in senso tecnico e cioè con effetti ex tunc (Corte cost. 118/94. In altri termini, non può dirsi che la disciplina dei requisiti o presupposti di eleggibilità, necessariamente rivolta a fatti o condotte esaurite prima del momento in cui si svolgono le elezioni, disciplini il passato: in linea generale, infatti, l’identificazione dei requisiti di eleggibilità ha luogo necessariamente al momento dell’elezione dell’organo o in tempo ad essa prossimo, ma non può che avere riferimento a presupposti di fatto verificatisi in precedenza, qualificandoli ai fini della partecipazione alla competizione elettorale. Pertanto, la nuova norma sull’ineleggibilità non regola il passato, ma attribuisce, per il futuro, una nuova rilevanza ed una nuova considerazione – ora ostativa – a fatti passati, eretti a requisiti negativi od ostativi per l’accesso alle cariche elettive o per il mantenimento di quelle in ragione dell’acquisita considerazione di un loro disvalore, conferendo ad un evento del passato una diversa rilevanza, ma non già regolandolo direttamente in modo nuovo. E, poiché è al tempo delle elezioni che occorre fare riferimento, devono allora rilevare fatti o condotte in essere fin da tempo anteriore a quando abbiano assunto tale valenza ostativa.
In definitiva, poiché manca un’espressa disposizione transitoria in senso contrario (e cioè di identificazione dei mandati ostativi con quei soli espletati in tempo successivo all’introduzione dei nuovi elementi ostativi), la conclusione della necessaria rilevanza dei mandati pregressi è imposta dall’esigenza di immediata operatività delle condizioni di ineleggibilità quali valutazioni negative ex lege di quei presupposti e della loro incompatibilità con le funzioni cui il candidato ambisce, in ragione del loro significato o dei rischi che evidentemente implicano, secondo il comune sentimento del particolare momento storico in cui la regola è stata adottata.
Pertanto, secondo la Corte, “non è oggi giustificato interpretare la normativa nel senso di imporre l’attesa dal 2017 per il doppio della durata del mandato”. In conclusione: “la regola dell’ineleggibilità originaria dei consiglieri che abbiano già svolto due mandati consecutivi va interpretata, in conformità alle linee ermeneutiche già adottate in altre materie elettorali o ad esse equiparabili, nel senso che, entrata in vigore una norma che pone quale requisito di eleggibilità l’assenza di esiti o conseguenze di condotte o di fatti verificatisi anche solo parzialmente in precedenza, in difetto di espressa chiara norma in contrario, il requisito deve sussistere pure in riferimento a quei fatti e quelle condotte già verificatisi in tempo anteriore e, così, pure prima dell’entrata in vigore delle norme che li assumevano a presupposti ostativi all’eleggibilità (e cioè prima del 21/07/2017, giorno successivo alla pubblicazione della legge 113/17 sulla Gazzetta Ufficiale n. 168 del 20/07/2017, secondo la previsione del suo art. 20). Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «in tema di elezioni dei Consigli degli ordini circondariali forensi, la disposizione dell’art. 3, comma 3, secondo periodo, della legge 12 luglio 2017, n. 113, in base alla quale i consiglieri non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi, si intende riferita anche ai mandati espletati anche solo in parte prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che, a far tempo dall’entrata in vigore di detta legge (21 luglio 2017) e fin dalla sua prima applicazione in forza del comma 3 del suo art. 17, non sono eleggibili gli avvocati che abbiano già espletato due mandati consecutivi (esclusi quelli di durata inferiore al biennio ai sensi del comma 4 del medesimo art. 3 I. 113/17) di componente dei Consigli dell’ordine, pure se anche solo in parte sotto il regime anteriore alle riforme di cui alle leggi 31 dicembre 2012, n. 247, e 12 luglio 2017, n. 113».
Avv. Carmine Lattarulo ©