Cassazione Civile Sez. I 15 settembre 2017 n. 21472: il giudice può integrare la prova carente con altri mezzi di cognizione disposti anche d’ufficio, in particolare con la consulenza contabile o il giuramento
Il fatto.
Un correntista conveniva in giudizio la banca per vederla condannare alla restituzione di somme indebitamente percepite nel corso di rapporto di conto corrente bancario, in subordine a titolo di arricchimento senza causa. Espletata CTU il Tribunale, accertata la nullità delle clausole contrattuali prevedenti l’applicazione di interessi ultralegali, di commissione di massimo scoperto, della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, condannava la banca lla restituzione di ingente somma. L’Istituto di credito impugnava la decisione innanzi alla Corte d’Appello, la quale riformava la decisione e rigettava la domanda del cliente, osservando che occorreva disporre degli estratti conto relativi alla movimentazione del rapporto, che però non erano stati prodotti tempestivamente dalla società. Il Tribunale non aveva accolto l’istanza di esibizione delle scritture contabili della banca proposta nell’atto introduttivo dal cliente. L’azionata pretesa restitutoria era perciò rimasta indeterminata nell’ammontare ed a ciò doveva conseguire il rigetto della domanda. Il correntista ricorreva in Cassazione.
La decisione.
Secondo il disposto di cui all’art. 119, del d.lgs. n. 385/2003, la banca deve fornire al cliente, in forma scritta e, con periodicità annuale, o a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile, l’estratto riguardante i rapporti regolati in conto corrente.
La Suprema Corte aveva già avuto modo, più volte, di affermare che la norma dell’art. 1832 cod. civ. da leggersi in armonia con quella dell’art. 1827 del cod. civ., impone che l’approvazione o la mancata contestazione nei termini del rendiconto spedito da uno dei correntisti, non impedisce di contestare la mancanza o la validità del rapporto che costituisce la causa dell’annotazione (Cass. sez. I. sent. 11.5.2001, n. 6548, Cass. sez. I, sent. 20.9.2013, n. 21597). Inoltre, lo stesso art 109, comma 4, del d.lgs. n. 385/2003, riconosce al cliente il diritto ad ottenere la copia della documentazione inerente le singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni e, per esercitare tale diritto, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, “non è necessario che il richiedente indichi specificatamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentire l’individuazione dei documenti richiesti, quali, ad esempio, i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte” (Cass. sez. I, sent. 12.5.2006, n. 11004). Per questo il correntista ha diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale, atteso che il procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 e ss. cod. proc. civ. è fondato sul presupposto dell’esistenza dell’obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto dell’altra, facendo conoscere il risultato della propria attività (Cass. sez. I, sent. 23.7.2010, n. 17283).
La Corte coglie l’occasione anche per approfondire un punto di carattere processuale: in tema di rendimento dei conti, se la parte obbligata rende il conto solo in modo lacunoso e incompleto, inidoneo ad adempiere gli oneri a suo carico, il giudice può integrare la prova carente con altri mezzi di cognizione disposti anche d’ufficio, in particolare con la consulenza contabile o il giuramento (Cass. sez. L, sent. 26.1.2006, n.1551 e Cass. sez. I, sent. 3.11.2004, n. 21090).
Avv. Carmine Lattarulo
La banca deve fornire gli estratti conto degli ultimi dieci anni.
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