Cassazione Civile Sez. III 19 maggio 2020 n. 9198: la richiesta può avvenire anche in corso di causa.
La questione.
Si discute se la banca sia tenuta a fornire la documentazione del rapporto di conto corrente al proprio cliente.
La decisione.
La sentenza, malgrado il conciso testo, si apprezza per incidere nel solco del diritto di accesso del correntista di chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente posta in essere negli ultimi dieci anni, sancito dall’art. 119 TUB (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385).
Sebbene la sentenza non aggiunga nient’altro e nulla di nuovo, ci consente di riassumere ed ordinare l’istituto. Il diritto di accesso bancario ha natura sostanziale e non meramente processuale e la sua tutela si configura come situazione giuridica finale, a carattere non strumentale. Esso, infatti, si è precisato in precedenti arresti, non si esplica nell’ambito di un processo avente ad oggetto l’attuazione di un diverso diritto, ma si configura esso stesso come oggetto del giudizio intrapreso nei confronti della banca in possesso della documentazione richiesta e prescinde dall’eventuale uso che di questa il richiedente possa eventualmente voler fare in altre sedi. Questo rilievo è ragione per tributare alla norma un raggio ampio di efficacia, che non ne circoscriva l’applicazione alla sola fase stragiudiziale del rapporto correntista-banca, ma che, al contrario, proprio nel giudizio veda realizzato il proprio scopo. Ed è per questo motivo che si afferma in sentenza, come del resto già affermato in precedenza, che il potere del correntista di chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente tra gli stessi intervenuto può essere esercitato, ai sensi dell’art. 119, comma 4, TUB (D.Lgs. n. 385 del 1993), anche in corso di causa ed attraverso qualunque mezzo si mostri idoneo allo scopo. Il rilievo non è di poco momento, semplicemente rilevando che in diritto assicurativo vale il principio opposto, ossia che il diritto di accesso ai documenti in mano dell’assicuratore non possa essere esercitato durante il processo, ex art. 146 del codice delle assicurazioni (d. lgs 209/2005). Cosicchè, l’ordine di esibizione dell’art. 210 c.p.c. non è uno uno strumento alternativo rispetto a quello delineato dall’art. 119, comma 4, TUB, perché il primo opera sul piano del processo e costituisce il mezzo attraverso il quale il diritto sancito dal secondo potrebbe esplicarsi, mentre il secondo conferisce un diritto e rileva perciò sul piano del rapporto tra banca e correntista regolato dal diritto sostanziale. Nessuna inferenza interpretativa in chiave restrittiva perciò legittima il raffronto dell’art. 119, comma 4, TUB e l’art. 210 c.p.c., onde può conclusivamente convenirsi che il cliente ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, in sede amichevole o giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale.
In corso di giudizio, se la banca rende il conto solo in modo lacunoso e incompleto, inidoneo ad adempiere gli oneri a suo carico, il giudice può integrare la prova carente con altri mezzi di cognizione disposti anche d’ufficio, in particolare con la consulenza contabile o il giuramento (Cass.Civ. Sez. Lav. 26 gennaio 2006 n. 1551; Cass. Civ. Sez. I 3 novembre 2004 n. 21090). Invece, laddove non penda un giudizio, l’eventuale violazione di tale diritto potrà quindi generare una ipotesi di responsabilità contrattuale da inadempimento ed extracontrattuale ex art. 2043 c.c. per la violazione del generale principio del neminem ledere nell’ambito del c.d. culpa in omittendo (Cass. Civ. Sez. I 27 settembre 2001 n. 12093).
Non è necessario che il richiedente indichi specificatamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentire l’individuazione dei documenti richiesti, quali, ad esempio, i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte (Cassazione Civile Sez. I 24/05/2019 n. 14231; Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2019, n. 3875; Cassazione Penale Sez. 5/12/2019 n. 3337; Cassazione civile, sez. I, 28/05/2018, n. 13277; Cassazione Civile Sez. I 15/09/2017 n. 21472; Cassazione civile sez. I 11/05/2017 n. 11554; Cassazione Civile Sez. I 23 luglio 2010 n. 17283; Cassazione civile sez. I 12/05/2006 n. 11004; Cassazione Civile Sez. I 27 settembre 2001 n. 12093; Cassazione civile sez. I 19/10/1999 n. 11733; Cassazione civile sez. I 22/05/1997 n. 4598; deliberazione n. 14 del 23 dicembre 2004 del Garante della privacy, artt. 7 e 10 comma II del d. lgs 196/2003, art. 13 legge 675/1996).
Invero, è la banca ad avere più incisivi oneri: l’art. 116 TUB (d.lgs 1.9.1993 n. 385) prevede espressamente che le informazioni debbano essere rese dalla banca in modo chiaro ai clienti, mentre l’art. 119 comma I impone alle banche di trasmettere ai clienti una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto. Il IV comma prevede l’obbligo della banca di trasmettere a proprie spese copia della documentazione del rapporto bancario. I dati personali devono essere forniti entro 15 giorni (Cass. Civ. Sez. I 2 agosto 2013 n. 18555).
L’art. 119, comma IV TUB, riconoscendo al cliente della banca, al suo successore a qualunque titolo e a colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni il diritto di ottenere copia della documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, si applica anche a situazioni soggettive che, se pur derivanti da un rapporto concluso, non hanno ancora esaurito nel tempo i loro effetti, con la conseguenza che detto diritto di copia è riconosciuto al cliente della banca e al suo successore prescindendo dall’attualità del rapporto a cui la documentazione richiesta si riferisce (Cassazione civile, sez. I, 12/05/2006, n. 11004; vedi anche deliberazione n. 14 del 23 dicembre 2004 del Garante della privacy (pubblicata su gazzetta ufficiale n. 55 dell’8 marzo 2005), artt. 7 e 10 comma II del d. lgs 196/2003, art. 13 legge 675/1996), anche dopo lo scioglimento del rapporto (Cass. Civ. Sez. I 19 ottobre 1999 n. 11733).
Avv. Carmine Lattarulo ©