Cassazione Civile Sezione IV penale 25 giugno 2014 n. 27608. E’ un brusco cambiamento di rotta da parte della Suprema Corte penale, avverso il monolitico principio secondo il quale “chi tampona abbia sempre torto” dettato dalla Cassazione civile. La Cassazione penale afferma che non si può assolvere dal reato di lesioni personali l’automobilista che accosta all’improvviso a margine della strada e che viene tamponato da un ciclista che procedeva anche lui sulla banchina: chi va sulla bici, afferma la Corte, è assimilato al pedone dal codice della strada, ai sensi dell’art. 3 comma 53 del codice della strada (la Corte mi consenta: non è assolutamente così!!) e per particolari motivi di traffico può marciare nell’area compresa fra carreggiata e il marciapiede o lo spartitraffico; l’automobilista che ferma all’improvviso il veicolo occupando la banchina lateralmente deve bene mettere in conto l’eventualità di un tamponamento. Maggiormente credibile è la massima laddove ricorda che gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo per la circolazione. E l’incidente verificatosi rappresenta proprio la concretizzazione del rischio che le norme prudenziali violate puntano a prevenire: l’auto accosta repentinamente sulla banchina laterale destra e il ciclista la tampona, cadendo e infortunandosi. Nella circostanza, il conducente dell’auto non adduce alcuno stato di malessere, il classico colpo di sonno, ragion per cui l’inopinato arresto del veicolo oltre la linea bianca intralcia sicuramente il traffico creando rischi per gli utenti della strada provinciale. In ultima analisi, la Suprema Corte risulta davvero poco convincente laddove sostenga che chi va in bici, proprio perché è equiparato a chi va piedi, ben può circolare sulla banchina che rientra comunque nella struttura della strada e può essere utilizzata dal ciclista per evitare collisioni.
Avv. Carmine Lattarulo