Cassazione civile sez. III 20/05/2014 n. 11079. Trattasi di un principio ormai consueto, ripetutamente espresso dalla Suprema Corte che trae spunto dalla vicenda riguardante una macchina operatrice trasportata su un rimorchio che subiva danni da parte di un alebro di ulivo sporgente sulla strada. Pur riconoscendo elementi elementi di colpa a carico dell’amministrazione proviniale di Taranto, la Corte ha ritenuto assorbente l’efficienza causale delle condotta del conducente del mezzo sul quale era trasportata la macchina operatrice, cosi allineandosi al principio secondo il quale in tema di responsabilità civile aquiliana, il nesso causale è regolato dai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., per i quali un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della condicio sine qua non) nonchè dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base della quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiono – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili. Il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, di cui all’art. 41 c.p., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nella causalità efficiente, desumibile dall’art. 41 c.p., comma 2, in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto” (tra le altre, cfr. Cass., 10 ottobre 2008, n. 25028). All’identico risultato la Corte perviene passando dall’esame de nesso di causalità a quello speculare del danneggiato, giacchè, in caso di sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, la conseguente responsabilità derivante dal difetto di manutenzione – come affermato, tra le altre da Cass., 16 maggio 2013, n. 11946 e Cass., 22 ottobre 2013, n. 23919 (nella medesima ottica anche Cass., 13 luglio 2011, n. 15375; Cass., 18 ottobre 2011, n. 21508; Cass., 28 settembre 2012, n. 16542; Cass., 12 marzo 2013, n. 6101; Cass., 20 gennaio 2014, n. 999) – può essere attenuata o esclusa in funzione dell’accertamento della concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo. E, nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile al responsabile e l’evento dannoso.
Carmine Lattarulo