Cassazione Civile Sezione III 24 marzo 2016 n. 5880: può essere liquidata come danno non patrimoniale, salvo dimostrazione di una perdita di chance lavorativa futura specifica, soltanto nel caso di lesioni personali di lieve entità e peraltro limitatamente all’ipotesi in cui la loro concreta incidenza sulla futura capacità lavorativa pur generica rimanga oscura.
Il caso.
Il Tribunale di Taranto dichiarava l’esclusiva responsabilità di un conducente che aveva investito un pedone, il quale tuttavia ricorreva in appello per ottenere il danno da lesione della capacità lavorativa. La Corte rigettava l’appello ed il danneggiato ricorreva in cassazione.
La decisione.
Il Supremo Collegio bacchetta la Corte di appello di Taranto: “tale errore è stato commesso dalla Corte tarantina nonostante che essa abbia mostrato e, quindi, abbia ritenuto di fare applicazione della giursprudenza di questa Corte che l’avrebbe dovuta guidare nel procedimento di assunzione della fattispecie ai fini dell’applicazione dell’esatto diritto che la regolava in punto di sussistenza di un danno da perdita della capacità lavorativa in capo al ricorrente”.
Invero, la Suprema Corte affronta l’arduo tema del danno da incapacità lavorativa generica, ossia l’ incapacità che si ripercuote su un soggetto che non lavora ed opera un decisivo revirment ai principi esistenti; cerca di smarcarsi da datate pronunce e segnatamente quella della Cassazione n. 2311 del 2007. Il testo è oscuro, spesso ripetitivo e arduo. In estrema sintesi, introduce un principio di diritto nuovo. La mancata dimostrazione di un attività lavorativa non comporta alcun automatismo tale da relegare tale danno nella sfera del danno non patrimoniale, piuttosto che in quello patrimoniale, soprattutto quando si controverte di un danno non lieve. Rileva, innanzitutto, una perdita di chance di dispiegare la capacità lavorativa in un modo specifico secondo la naturale prospettiva. Nel caso di lesioni sofferte da un soggetto minore, al momento del sinistro ancora studente, e che abbiano determinato una invalidità permanente pari al 30% e, dunque, di non lieve entità, il giudice di merito, investito della domanda di riconoscimento del conseguente danno futuro patrimoniale per perdita di capacità lavorativa generica, non compie un corretto procedimento di sussunzione della fattispecie, allorquando ritenga di procedere alla liquidazione di tale danno all’interno della liquidazione del danno non patrimoniale, essendo tale possibilità limitata – e sempre salva dimostrazione in senso contrario di una perdita di chance lavorativa futura specifica nonostante la lievità della lesione – soltanto al caso di lesioni personali di lieve entità e peraltro limitatamente all’ipotesi in cui la loro concreta incidenza sulla futura capacità lavorativa pur generica rimanga oscura.
Avv. Carmine Lattarulo ®
La grave incapacità lavorativa generica è danno patrimoniale.
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