Cassazione Civile Sezione III 29 gennaio 2018 n. 2066: se nel corso del giudizio emerga la graduazione di colpa tra i vari corresponsabili, ciò non preclude al danneggiato la possibilità di chiedere di essere integralmente risarcito da uno solo dei corresponsabili.
Il fatto.
In una vertenza riguardante richiesta risarcitoria per la perdita quasi completa della vista a causa della mancata tempestiva somministrazione di terapia per l’ipertensione endocranica, il Tribunale accoglieva la domanda nei limiti della responsabilità di una struttura ospedaliera evocata in giudizio, ossia del 10%. Avverso detta sentenza, veniva proposto appello e la Corte d’appello affermava il concorso di responsabilità dei medici di un ospedale (non citato in giudizio) per omesso trattamento anticoagulante e quella dei medici della struttura ospedaliera (citata in giudizio e unica appellata) per il mancato trattamento dell’ipertensione endocranica; senonchè, atteso che la domanda ex art. 2055 cod. civ. (che attraeva anche la responsabilità della prima struttura) era stata proposta solo in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, era stata ritenuta tardiva. Il danneggiato ricorreva in Cassazione.
La decisione.
La Suprema Corte si riporta a una precedente pronuncia, qui ritrascritta, ove ha affermato che il maggior numero di soggetti obbligati non muta né petitum, né causa petendi: “nell’azione di risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., la causa petendi è rappresentata dall’illiceità del fatto allegato e dall’imputabilità del medesimo alla parte evocata in giudizio; la prospettazione dell’eventualità che il fatto stesso sia ascrivibile pure a soggetti diversi, e che quindi l’obbligazione risarcitoria del convenuto discenda da responsabilità solidale ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., non solo non tocca il petitum, dato che la qualità di unico obbligato o di coobbligato non incide sulla debenza dell’intera prestazione, ma nemmeno interferisce sulla causa petendi, tenendosi conto che la posizione debitoria del convenuto stesso rimane ancorata alla sua veste di autore (con dolo o colpa) dell’illecito, indipendentemente dalla circostanza che questo sia causalmente riferibile anche al comportamento di altre persone” (Cass. 26 maggio 1997, n. 4659).
In altra pronuncia, qui richiamata e ritrascritta, aveva soggiunto che l’ampliamento della sfera dei soggetti imputabili non rappresenta domanda nuova, ma mera specificazione e non comporta rinuncia alla solidarietà passiva: “si tratta ora di stabilire se, nel caso in cui il danneggiato abbia agito per far valere la responsabilità di un solo soggetto nella produzione del danno e nel corso del giudizio si pervenga all’affermazione della concorrente responsabilità di quel soggetto e di altro non originariamente convenuto, il danneggiato stesso possa sempre chiedere la condanna all’intero risarcimento del soggetto da lui originariamente convenuto ex art. 2055 c.c. o se tale domanda, se prospettata in appello, debba considerarsi inammissibile siccome nuova. La soluzione della questione dipende dai principi poco sopra affermati e, più in generale, dai canoni fondamentali in tema di obbligazioni solidali, dettati dagli artt. 1292 e segg. c.c., canoni dei quali l’art. 2055 c.c., nel sancire che, se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno, costituisce una specificazione in tema di fatti illeciti. Infatti, la graduazione delle colpe ha mera funzione di ripartizione interna tra i coobbligati della somma versata a titolo di risarcimento del danno e non elide affatto la solidarietà tra loro esistente. Sicché, la circostanza che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso (o, addirittura, abbia agito in maniera tale da escludere del tutto la responsabilità dell’altro) non comporta rinuncia (cfr. art. 1311 c.c.) alla solidarietà tra tutte le persone alle quali lo stesso fatto dannoso si accerta essere imputabile. Per queste stesse ragioni non può ritenersi che la domanda di integrale risarcimento proposta nei confronti di uno dei coobbligati sia nuova sotto il profilo della causa petendi: la natura solidale intrinseca all’obbligazione da fatto illecito imputabile a più persone sorge per la semplice imputazione congiunta della responsabilità e cede solo a fronte di una specifica rinunzia del creditore danneggiato. La suddetta prospettazione, pertanto, non ricade nel divieto di cui all’art. 345, comma primo, cod. proc. civ., ma rimane sul piano dell’argomentazione difensiva” (Cass. 5 ottobre 2004 n. 19934; conforme Cass. 20 giugno 2008 n. 16819).
Pertanto, il Supremo Collegio passa a ribadire il principio di diritto: “in materia di risarcimento del danno da fatto illecito, ove esistano più possibili danneggianti, la graduazione delle colpe tra di essi ha una mera funzione di ripartizione interna tra i coobbligati della somma versata a titolo di risarcimento del danno, e non elide affatto la solidarietà tra loro esistente: ne consegue che la circostanza che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso non comporta la rinuncia alla solidarietà esistente tra tutte le persone alle quali lo stesso fatto dannoso sia imputabile, sicché, se anche nel corso del giudizio emerga la graduazione di colpa tra i vari corresponsabili, ciò non preclude al danneggiato la possibilità di chiedere di essere integralmente risarcito da uno solo dei corresponsabili”.
Avv. Carmine Lattarulo ©
La richiesta risarcitoria integrale verso un solo obbligato, in responsabilità solidale, non è domanda nuova
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