Corte di cassazione civile 25 settembre 2013 n. 21947. La sanatoria dell’abuso concessa dal comune non impedisce al vicino di chiedere i danni e la riduzione in pristino. La ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 21947/2013. I giudici della Suprema corte hanno chiarito che “in tema di distanze nelle costruzioni, ai sensi dell’art. 873 c.c., i provvedimenti amministrativi concessori o di sanatoria edilizia, esplicando i loro effetti sul piano dei rapporti pubblicistici tra P.A. e privato costruttore, non hanno incidenza nel rapporti tra privati, i quali hanno ugualmente facoltà di chiedere la tutela ripristinatoria apprestata dall’art. 872 c.c. per le violazioni delle distanze previste dal codice civile e dalle norme regolamentari integratrici”. “Peraltro – conclude la sentenza -, su un piano più ampio, è stato statuito (cfr. Cass. n. 2658 del 1999 e Cass. n. 992 del 2008) che la sanatoria prevista dagli artt. 31 e seguenti della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 (cosiddetto condono edilizio) e quella rilasciata ai sensi dell’art. 13 della medesima legge n. 47 del 1985, inerendo al rapporto fra P.A. e privato costruttore, non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati, non valgono a mutare la normativa in concreto applicabile e non privano il proprietario del fondo contiguo leso dalla violazione delle norme urbanistiche edilizie, del diritto di chiedere ed ottenere l’abbattimento o l’arretramento dell’opera illegittima”.
La sanatoria edilizia non limita i diritti dei vicini.
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