Cassazione Civile Sez. I 26 ottobre 2020 n. 23453: non rilevano situazioni che, ove non risultino correlate ad un’oggettiva difficoltà di far fronte alle proprie obbligazioni, determinano un rischio certamente attuale, ma sostanzialmente generico per il recupero del credito e quindi inidoneo a giustificare la segnalazione.
La questione.
Si discute se la mera sussistenza di un inadempimento, di uno stato d’illiquidità non strutturale ma meramente contingente, di un mero ritardo nei pagamenti, possano rappresentare una ipotesi di segnalazione della banca alla Centrale Rischi della Banca d’Italia.
La decisione.
In tema di segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, la Corte di Cassazione ha costantemente affermato che l’appostazione del credito a sofferenza, richiesta dal punto 1.5 delle istruzioni impartite agli intermediari creditizi con la circolare n. 139 del 1991 (ratione temporis alla fattispecie in esame, aggiornata al 22 giugno 2004), non può essere fatta discendere dalla sola analisi degli specifici rapporti in corso di svolgimento tra la singola banca segnalante ed il cliente, ma implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale di quest’ultimo: l’accostamento tra «stato d’insolvenza» (anche non accertato giudizialmente) e «situazioni sostanzialmente equiparabili», risultante dalla lettera della predetta disposizione, ha indotto infatti a privilegiare una nozione di «sofferenza» più sfumata rispetto a quella d’insolvenza prescritta dall’art. 5 del r.d. 16.03.1942 n. 267 ai fini della dichiarazione di fallimento, escludendosi, quindi, la necessità di un giudizio d’incapienza del debitore ovvero di definitiva irrecuperabilità del credito e richiedendosi, invece, una valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come “deficitaria”, ovvero, in buona sostanza, di “grave (e non transitoria) difficoltà economica” del debitore.
Certamente, ai fini della segnalazione, non bisognerebbe attendere una dichiarazione di fallimento: verrebbe meno la stessa utilità del servizio di centralizzazione dei rischi, dal momento che, potendo il debitore essere legittimamente appostato a sofferenza soltanto nel caso in cui versasse in stato di decozione, gli altri intermediari si troverebbero nell’impossibilità di attivarsi in tempo utile per cautelare la propria posizione.
Tuttavia, nell’ottica di fornire agli intermediari un’informativa utile, anche se non esaustiva, per la valutazione del merito di credito della clientela, è stata, per esempio, esclusa la rilevanza della mera sussistenza di un inadempimento, oppure di uno stato d’illiquidità non strutturale ma meramente contingente o ancora di un mero ritardo nei pagamenti, trattandosi di situazioni che, ove non risultino correlate ad un’oggettiva difficoltà di far fronte alle proprie obbligazioni, determinano un rischio certamente attuale, ma sostanzialmente generico per il recupero del credito, e quindi inidoneo a giustificare la segnalazione; si è reputata altresì ininfluente l’eventuale insussistenza di un’oggettiva previsione di perdite, affermandosi che la sofferenza può sussistere anche nel caso in cui il patrimonio del debitore lasci ancora intravedere, pur nel contesto della sua negatività, margini oggettivi di rientro (magari attraverso mezzi non del tutto “normali”), dal momento che ciò che conta è la chiara e documentabile esigenza che allo stato detto patrimonio non si affidi alla previsione di una capacità di rientro “sicuro”: significativa, a tal proposito, è la precisazione contenuta nelle istruzioni, secondo cui la sofferenza può essere ritenuta sussistente «indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’azienda», nonché dall’esistenza di eventuali garanzie, reali o personali, poste a presidio di crediti (cfr. Cass. Civ. Sez. I 6/12/2019 n. 31921; Cass. Civ. 9/07/2014 n. 15609; Cass. Civ. 12/10/2007 n. 21428).
Avv. Carmine Lattarulo ©
La scopertura od il ritardo nei pagamenti non autorizza la segnalazione alla Centrale Rischi
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