Cassazione Penale Sezione VI 19 novembre 2015 n. 44928: il rifiuto penalmente rilevante, ai sensi dell’art. 328, comma 1 cod. pen., si consuma con la violazione del suddetto obbligo e la responsabilità non è tecnicamente connessa all’effettiva ricorrenza della prospettata necessità ed urgenza dell’intervento del medico, ma già alla mera assenza.
Il caso. Corte di Appello e Tribunale confermavano la sentenza di condanna al medico di turno, di pronta reperibilità, in servizio presso l’ospedale infantile, presso il reparto di traumatologia ed ortopedia, perché indebitamente rifiutava di visitare una paziente di nove anni, per una frattura scomposta al gomito e una frattura composta al polso, dovute ad una caduta da un fienile. Si accertava che il medico non fosse in ospedale e, dopo vari tentativi, si riusciva a contattarlo, sebbene questi, anzicchè recarsi in ospedale, desse disposizioni all’infermiera di rimuovere la stecca della frattura del polso e di applicare una “doccia” nell’arto della paziente, anticipando l’intenzione di procedere ad intervento chirurgico il giorno successivo.
La decisione. Riguarda la fattispecie penale prevista dal primo comma dell’art. 328 cod. pen. (rifiuto ed omissioni di atti d’ufficio). Come aveva già affermato la Corte di Cassazione (Sez. 6 n. 5465 del 18/03/1986), il servizio dì pronta disponibilità, previsto dal d.P.R. 25 giugno 1983 n. 348, è finalizzato infatti ad assicurare una più efficace assistenza sanitaria nelle strutture ospedaliere ed in tal senso è integrativo, e non sostitutivo, del turno cosiddetto di guardia, con la conseguenza che esso presuppone, da un lato, la concreta e permanente reperibilità del sanitario e, dall’altro, l’immediato intervento del medico presso il reparto entro i tempi tecnici concordati e prefissati, una volta che, dalla sede ospedaliera, ne sia stata comunque sollecitata la presenza. Su questi presupposti, concretandosi l’atto dovuto nell’obbligo di assicurare l’intervento nel luogo dì cura, il sanitario non può sottrarsi alla chiamata deducendo che, secondo il proprio giudizio tecnico, non sussisterebbero i presupposti dell’invocata emergenza. L’art. 25 del citato d.P.R. prevede invero che il servìzio di pronta disponibilità è caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall’obbligo per lo stesso di raggiungere il presìdio nel più breve tempo possibile dalla chiamata, secondo intese da definirsi in sede locale. La pronta disponibilità è, quindi, un istituto che consente di garantire una continuità assistenziale nel processo di erogazione dette prestazioni sanitarie.
In tale tipologia di servizio non viene in considerazione la discrezionalità del medico di turno di stabilire se recarsi o meno in ospedale, in considerazione dell’urgenza della disamina del caso o di un intervento chirurgico della paziente, ma il dovere di presentarsi in ospedale proprio per formulare la diagnosi o, comunque, accertare le reali condizioni del paziente una volta che il servizio sia stato richiesto dalla struttura ospedaliera.
La necessità della presenza del medico in ospedale è tanto più necessaria, in quanto richiesta da un medico del Pronto soccorso per un controllo specialistico su un trauma che può presentare complicazioni (nel caso della sentenza, di tipo neurologico).
Come la Corte di Cassazione aveva già avuto modo di precisare, il medico in servizio di reperibilità, chiamato dal collega già presente in ospedale che ne sollecita la presenza in relazione ad una ravvisata urgenza, non può sindacare “a distanza” la valutazione del sanitario e sottrarsi alla chiamata deducendo che, secondo il proprio giudizio tecnico, non sussisterebbero i presupposti dell’invocata emergenza, ma deve recarsi subito in reparto e visitare il malato. L’ urgenza ed il relativo obbligo di recarsi subito in ospedale per sottoporre a visita il soggetto infermo vengono a configurarsi in termini formali, senza possibilità di sindacato a distanza da parte del chiamato.
Ne consegue che il rifiuto penalmente rilevante, ai sensi dell’art. 328, comma 1 cod. pen., si consuma con la violazione del suddetto obbligo e la responsabilità non è tecnicamente connessa all’effettiva ricorrenza della prospettata necessità ed urgenza dell’intervento del medico, ma già alla mera assenza (Sez. 6 n. 12376 del 13/02/2013).
Avv. Carmine Lattarulo