Cassazione Civile Sez. III 4 novembre 2020 n. 24481: vale il principo della valutazione “ex ante”, cioè, “in vista” di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio.
La questione.
Le spese relative alla fase precontenziosa sono autonome oppure si confondono nella liquidazione delle spese giudiziali?
La decisione.
In precedenti pronunce (Cass. n. 997 del 2010; n. 6422 del 2017), il Supremo Collegio aveva già indicato che il rimborso delle spese di assistenza stragiudiziale ha natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l’attività svolta da un legale in detta fase pre-contenziosa. In questa sentenza, la Cassazione riafferma il principio della valutazione “ex ante”, cioè “in vista” di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio; da ciò consegue il rilievo che l’attività stragiudiziale è comunque qualcosa d’intrinsecamente diverso rispetto alle spese processuali vere e proprie» (il neretto è redazionale della Corte di Cassazione, rilievo che evoca fastidio ed irritazione della stessa Cassazione avverso alcuna sua stessa giurisprudenza isolata). E’ quindi necessario che il giudice del merito valuti se il danno doveva essere liquidato nella fase amichevole, piuttosto che nel processo: l’utilità di tale esborso, ai fini della possibilità di porlo a carico del danneggiante, deve essere valutata ex ante1, cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio.
Deriva da quanto precede che, all’esito di questa valutazione ex ante, se il giudice del merito converrà che quella stessa lite poteva essere definita, con l’attività e le prove offerte dall’avvocato del danneggiato, già nel procedimento di constatazione, valutazione e liquidazione del danno, ex art. 148 d. lgs 209/2005, oppure nella successiva fase di negoziazione, ex art. 5 del decreto legge 12.9.2014 n. 132, anzicché nel processo, non v’è ragione per escludere tali spese legali, che appartengono a quella fase stragiudiziale e non hanno nulla a che vedere con quella giudiziale. Infatti, come precisato precedentemente dalla stessa Cassazione, la spesa di questa attività non può essere esclusa per il fatto che l’intervento del suddetto studio non abbia fatto recedere l’assicuratore dalla posizione assunta in ordine all’aspetto della vicenda che era stato oggetto di discussione e di assistenza in sede stragiudiziale2.
A nostro avviso, la valutazione ex ante (cioè, il ragionamento secondo il quale nella fase amichevole vi erano elementi sufficienti per raggiungere una transazione, piuttosto che costringere il danneggiato a ricorrere ad un processo) conduce alla liquidazione delle spese stragiudiziali distintamente da quelle giudiziale nei seguenti casi:
sempre, in tutti i casi, perché l’impresa assicuratrice non può offrire assistenza tecnica ed informativa in quanto la sua organizzazione aziendale è incompatibile con la legge europea e nazionale e l’art. 9 dPr 254/2006 è un aborto legislativo3;
laddove l’assicuratore non offra tout court assistenza tecnica ed informativa, falsando lo scopo dell’istituto: dovrà […] ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando … la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, ex art. 9, co.l, d.p.r. 254/2006, dal proprio assicuratore4;
allorquando l’assicuratore non invii amichevolmente, a seguito di richiesta, i documenti di cui all’art. 2 e nel termine di cui all’art. 5 dm 191/2008;
allorquando l’assicuratore non invii offerta contemplata nel combinato disposto degli artt. 8 dPr 254/2006, 147, 148 e 149 d. lgs 209/2005;
laddove l’assicuratore non indichi le motivazioni di diniego dell’offerta: gli artt. 148 del d.lgsl 209/2005 e 8 dPr 254/2006 dispongono che l’impresa deve comunicare specificatamente i motivi per i quali ritiene di non formulare offerta; l’art. 11 del dPr 16.01.1981 n. 45 dispone altresì che il motivo di diniego dell’offerta deve essere analitico e circostanziato;
allorquando l’assicuratore invii offerta, saltando la fase della proposta: secondo il testo dei commi II, VI e VII dell’art. 148 d. lgsl 209/2005, l’impresa, prima di inviare offerta, deve proporre: se non propone, il danneggiato perde il diritto della trattativa, ossia la possibilità di far valere anche le proprie ragioni;
allorquando l’assicuratore invii offerta non motivata: l’art. 148 del d. lgsl 209/2005 recita che la compagnia deve inviare offerta motivata, ossia spiegata, dalla quale si possa comprendere il calcolo aritmetico, mediante il quale giunge all’offerta [titoli di danno pagati (danno da riparazione, iva, noleggio, fermo tecnico, spese di soccorso, danno biologico permanente, temporaneo), percentuale di responsabilità];
allorquando (e quindi nel 100% dei casi) l’assicuratore non presti il consenso informato; l’invio di offerta congrua è condizione necessaria, ma non sufficiente per esaudire la tutela che il legislatore impone all’assicuratore; e’ quindi necessario che il danneggiato riceva un consenso informato, cioè tutte le motivazioni che spiegano perché l’offerta sia congrua, perché solo in questo modo il danneggiato potrà capire se l’offerta ricevuta sia congrua, oppure insufficiente;
allorquando l’assicuratore non partecipi (e quindi il 100% delle volte) alla successiva fase della negoziazione assistita, prevista dal decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, che trancia, di fatto, ancora una volta, la possibilità per il danneggiato di sedersi ad un tavolo di trattative.
In estrema sintesi, secondo il principio della valutazione “ex ante”, le spese stragiudiziali saranno autonome e distinte da quelle giudiziali tutte le volte che lo stesso risultato poteva raggiungersi prima del processo e non nel processo, ma l’assicuratore non abbia consentito al danneggiato di partecipare ad un tavolo di trattative.
Avv. Carmine Lattarulo ©
1 Sulla valutazione ex ante si veda anche Cassazione Civile Sez. III 2 luglio 2019 n. 17685 (“… in relazione all’esito della lite … al fine dell’esercizio del diritto al risarcimento anche nella fase stragiudiziale …”); Cass. Civ. Sez. III 21 settembre 2017 n. 21941; sul concetto di più rapida tutela, si veda altresì Cass. Civ. Sez. III 13 aprile 2017 n. 9548.
2 Cass. Civ. Sez. VI, ordinanza 13 marzo 2017 n. 6422; principio già emesso con nota sentenza Cass. Civ. Sez. III 21 gennaio 2010 n. 997, ribadito in Cass. Civ. Sez. II 7 ottobre 2020 n. 21565.
3 L’impresa assicuratrice non può offrire l’assistenza di cui all’art. 9 dPr 254/2006 attraverso il medesimo personale di cui si è avvalsa nella liquidazione. Oltre alla logica inopportunità di tale valenza, è il legislatore europeo che lo impone. Sebbene in tema di garanzia di “tutela giudiziaria”, l’art. 200 comma II della direttiva 2009/138/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 impedisce che avvengano incompatibilità del personale affinchè gestiscano un solo ramo dell’azienda: … le imprese di assicurazione garantiscono che nessun membro del personale che si occupa della gestione dei sinistri del ramo tutela giudiziaria o delle consulenze giuridiche relative a questa gestione eserciti al tempo stesso un’attività analoga in un’altra impresa che abbia con la prima legami finanziari, commerciali o amministrativi ed operi in uno o più altri rami di cui all’allegato I. Le imprese di assicurazione multirami garantiscono che nessun membro del personale che si occupa della gestione dei sinistri del ramo tutela giudiziaria o delle consulenze giuridiche relative a detta gestione eserciti attività analoga per un altro ramo da esse offerto. Il comma III indica che l’impresa di assicurazione deve affidare la gestione dei sinistri del ramo tutela giudiziaria ad un’impresa giuridicamente distinta. Il principio è risalente: l’art. 3 comma II della direttiva 1987/344/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1987 aveva indicato che nessun membro del personale che si occupi della gestione dei sinistri del ramo tutela giudiziaria o delle consulenze giuridiche relative a questa gestione eserciti al tempo stesso un’attività analoga (…) in un altro ramo da questa esercitato (…); l’impresa deve affidare la gestione dei sinistri del ramo tutela giudiziaria ad un’impresa giuridicamente distinta (…); l’impresa deve prevedere nel contratto il diritto per l’assicurato di affidare la tutela dei suoi interessi, non appena abbia il diritto di esigere l’intervento dell’assicuratore in virtù della polizza, ad un avvocato di sua scelta o, se è consentito dalla legislazione nazionale, ad altra persona in possesso delle qualifiche necessarie. L’art. 200 comma IV della direttiva 2009/138/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 prevede, inoltre, il diritto per l’assicurato di affidare la tutela dei suoi interessi, non appena l’assicurato abbia il diritto di esigerne l’intervento, (…) ad un avvocato di sua scelta. L’art. 201 comma I lo ribadisce: ogni contratto di tutela giudiziaria prevede esplicitamente quanto segue: (…) l’assicurato è libero di scegliere tale avvocato o altra persona. L’art. 4 della direttiva 1987/344/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1987 già lo prevedeva: l’assicurato è libero di scegliere un avvocato o, se preferisce e se è consentito dalla legislazione nazionale, altra persona in possesso delle qualifiche necessarie, per tutelare i suoi interessi qualora sorga un conflitto di interessi. E ovvio che l’avvocato deve essere indipendente dalla società stessa, secondo l’art. 5: quando le parti di una controversia sono assicurate per la tutela giudiziaria presso lo stesso assicuratore vengono adottate disposizioni affinché le consulenze giuridiche e la rappresentanza di ognuna di tali parti siano prestate da avvocati completamente indipendenti. Le preoccupazioni del legislatore europeo sono state trasmesse al legislatore nazionale: infatti, ai sensi dell’art. 183 comma I lett. “c” d. lgs 209/2005, l’assicuratore non si è organizzato in modo tale da identificare ed evitare conflitti di interesse ove ciò sia ragionevolmente possibile e, in situazioni di conflitto, (non ha) agito in modo da consentire all’assicurato la necessaria trasparenza sui possibili effetti sfavorevoli e comunque gestire i conflitti di interesse in modo da escludere che rechi pregiudizio; ai sensi dell’art. 183 comma I lett. “d” d. lgs 209/2005, non ha realizzato una gestione finanziaria indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei contraenti e degli assicurati. Deriva da quanto precede che l’art. 9 dPr 254/2006, ad avviso del deducente, si pone in severo contrasto con il legislatore europeo, tanto con quello nazionale, laddove non abbia previsto chi e come debba prestare assistenza tecnica ed informativa all’assicurato. Attualmente, nel vigore dell’art. 9, la tutela dell’assicurato è prestata dall’avvocato, il quale, sovente, non viene pagato e la sua attività viene svilita e vilipesa gravemente, peraltro dagli stessi avvocati dell’impresa assicuratrice.
4 Cassazione Civile Sez. III 14 febbraio 2019 n. 4306; Cass. Civ. Sez. III 29 maggio 2015 n. 11154; Cass. Civ. Sez. III 19 febbraio 2016 n. 3266.