Cassazione Civile Sezione Lavoro 25 luglio 2014 n. 17006. Una premessa è d’obbligo. La morte di una persona cara costituisce di per sé un fatto noto dal quale il giudice può desumere, ex art. 2727 c.c., che i congiunti dello scomparso abbiano patito una sofferenza interiore tale da determinare un’alterazione della loro vita di relazione e da indurli a scelte di vita diverse da quelle che avrebbero altrimenti compiuto, sicché nel giudizio di risarcimento del relativo danno non patrimoniale incombe al danneggiante dimostrare l’inesistenza di tali pregiudizi. Ma i danni vanno pur sempre allegati (e poi provati anche ricorrendo alla prova per presunzioni). Non è accaduto, invece, che, in quest causa, i parenti del dipendente morto in seguito a infortunio sul lavoro, abbiano compiutamente allegato (ossia, discorso) dei danni subiti dai congiunti, dandoli “per scontato”. Ma la Corte ha rigettato il ricorso, in quanto il danno morale non poteva essere considerato in re ipsa. E’ necessario, quindi, che il pregiudizio prospettato venga compiutamente descritto e che ne vengano comunque allegati e provati gli elementi costitutivi. Questo accade sovente quando ci si rivolge ad inesperti della responsabilità civile.
Avv. Carmine Lattarulo