Cassazione Civile Sezione VI Ordinanza 26 luglio 2016 n. 15395: non rileva la coscienza della gravità delle lesioni e va liquidato secondo le tabelle, maggiorate equitativamente.
Il fatto.
La Corte di Appello aveva negato il risarcimento del danno non patrimoniale richiesto iure hereditatis dai congiunti di una persona deceduta diciotto giorni dopo l’incidente. Gli eredi ricorrevano in Cassazione.
La decisione.
Si premetta che la Corte di Cassazione dà per scontato che si discuta di danno biologico iure hereditatis temporaneo, non permanente, ossia il danno che la vittima subisca relativo ai soli giorni tra l’evento fatale e la morte, non già (anche) quel danno permanente che lo conduce alla morte (molti interpreti non sono affatto convinti di questa impostazione).
Il Supremo Collegio afferma che lo stato di invalidità che precede il decesso è sufficiente – ove perduri quodam tempore – a far sorgere il diritto al risarcimento del danno, a prescindere dal fatto che il soggetto leso abbia avuto coscienza della gravità delle lesioni e della ineluttabilità del loro esito (danno catastrofico). E’ noto – infatti – che, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte da esse determinata, “è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso”, che è trasmissibile iure hereditatis e che va commisurato soltanto alla inabilità temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte” (Cass. 15491 /2014).
Tale danno biologico-terminale, che è sempre presente a prescindere dallo stato di coscienza del leso, va liquidato – quanto meno – negli importi previsti dalle tabelle relative alla invalidità temporanea assoluta, salvo il riconoscimento di un maggior risarcimento (da apprezzarsi con criterio equitativo puro) nel caso in cui alla gravità delle lesioni si accompagni la sofferenza psichica (danno catastrofico) determinata dalla coscienza della gravità delle infermità e dalla consapevolezza della propria fine imminente.
Avv. Carmine Lattarulo