Cassazione Civile Sezione VI 10 luglio 2015 n.14517. E’ certamente una delle poste risarcitorie più difficili da ottenere. II grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica non si riflette automaticamente, né tanto meno nella stessa misura, sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno della stessa. Affinché il giudice possa procedere all’accertamento presuntivo della perdita patrimoniale da menomazione della capacità lavorativa specifica, anche nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile la menomazione di quella specifica, liquidando poi questa specifica voce di danno patrimoniale con criteri presuntivi, è necessario che il danneggiato supporti la richiesta con elementi idonei alla prova in concreto del pregresso svolgimento di una attività economica o alla prova in concreto del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata. Serve la dimostrazione che il soggetto svolgesse o avrebbe svolto un’attività lavorativa produttiva di reddito, come aveva recentemente detto la III Sezione, con sentenza del 12 febbraio 2015 n. 2758). La sentenza è tuttavia lacunosa. Infatti, la VI Sezione dimentica che tale presupposto è condizione necessaria, ma non sufficiente per ottenere il danno da lucro cessante. Infatti, con arresti del 27 novembre 2014 n. 25211 e dell’ 1 aprile 2014 n. 7524, la III Sezione aveva ritenuto che occorre (anche) la concreta dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico e la prova del danno grava sul soggetto che chiede il risarcimento. Occorre, cioè, la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse un’attività lavorativa produttiva di reddito, nonché la prova della mancanza di persistenza, dopo l’infortunio, di una capacità generica di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali e ambientali dell’infortunato e altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte. Non è in re ipsa, benchè il CTU ne abbia quantificato la misura: il giudice può accordare il relativo risarcimento solo nell’ipotesi in cui sia allegata la prova di una effettiva o presumibile contrazione del reddito (Cass. Civ. Sez. III 29 luglio 2014 n. 17220). Il danno da lucro cessante, in estrema sintesi, è un danno difficilmente risarcibile e si rinvengono poche pronunce di merito in tal senso, dovendo il danneggiato, in via esemplificativa, dimostrare che: 1) il danno biologico incide sulla capacità lavorativa specifica (CTU); 2) svolgeva un’attività lavorativa produttiva di reddito; 3) vi è stata una contrazione del reddito.
Avv. Carmine Lattarulo