Cassazione Civile Sez. III 21 marzo 2022 n. 9010: rileva la sussistenza di un vincolo affettivo, mentre la convivenza costituisce la misura, giammai connotatazione indispensabile, per il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale.
La questione.
Si discute se possa richiedersi al responsabile il risarcimento del danno da uccisione del coniuge, laddove quest’ultimo avesse una relazione extraconiugale.
La decisione.
In tema di liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, nel caso in cui si tratti di congiunti appartenenti alla cd. famiglia nucleare (e cioè coniugi, genitori, figli, fratelli e sorelle), secondo il Supremo Collegio, la perdita di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto può essere presunta in base alla loro appartenenza al medesimo “nucleo familiare minimo”, nell’ambito del quale l’effettività di detti rapporti costituisce tuttora la regola, nell’attuale società, in base all’id quod plerumque accidit, fatta salva la prova contraria da parte del convenuto (Cassazione Civie Sez. III sent. n. 25774 del 14/10/2019; Cassazione Civile Sez. VI sent. n. 3767 del 15/02/2018).
Ciondimeno, anche la prova contraria (a carico del danneggiante: si veda Cass. Civ. Sez. VI 15 febbraio 2018 n. 3767; Cass. Civ. Sez. III 13 maggio 2011 n. 10527; Cass. Civ. Sez. III 6 aprile 2011 n. 7844), può essere fornita sulla base di elementi presuntivi, tali da far venir meno la presunzione di fatto derivante dall’esistenza del mero legame co niugale o parentale (nel qual caso sarà, poi, onere del danneggiato dimostrare l’esistenza del suddetto vincolo in concreto, sulla base di precisi elementi di fatto), ovvero, quanto meno, da attenuarla considerevolmente.
Con riguardo alla perdita del rapporto coniugale, in particolare, elementi idonei a far ritenere attenuata ovvero addirittura del tutto superata la presunzione di perdita di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il coniuge defunto, sotto il profilo dinamico-relazionale, sono stati ravvisati nella separazione, legale e/o di fatto, tra i coniugi stessi (cfr. Cassazione Civile Sez. III sent. n. 1025 del 17/01/201; Cassazione Civile Sez. III sentenza n. 25415 del 12/11/2013; Cassazione Civile Sez. III sentenza n. 28222 del 04/11/2019), ferma restando sempre la possibilità per il coniuge superstite di dimostrare la sussistenza di un vincolo affettivo particolarmente intenso nonostante la separazione, ovvero nell’assenza di convivenza, la quale, benché non costituisca, in generale, connotato minimo ed indispensabile per il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale (Cassazione Civile Sez. III ordinanza n. 18284 del 25/06/2021; Cassazione Civile Sez. III ordinanza n. 24689 del 05/11/2020; Cassazione Civile Sez. III ordinanza n. 7743 del 08/04/2020), è certamente rilevante almeno ai fini della determinazione del quantum debeatur (cfr. Cassazione Civile Sez. III sentenza n. 28989 del 11/11/2019; Cassazione Civile Sez. VI ordinanza n. 3767 del 15/02/2018; Cassazione Civile Sez. Lav. ordinanza n. 29784 del 19/11/2018; Cassazione Civile Sez. III sentenza n. 10579 del 21/04/2021; Cassazione Civile Sez. III ordinanza n. 26300 del 29/09/2021). Naturalmente, i vari elementi presuntivi, cioè tutti gli indizi, di vario segno, relativi all’esistenza o all’inesistenza ed all’intensità del vincolo affettivo reciso dal fatto illecito, devono essere sempre oggetto di una valutazione unitaria e complessiva da parte del giudice del merito che, ai sensi dell’art. 2729 c.c., deve tener conto della gravità, della precisione e della concordanza del complesso degli elementi indi ziari a sua disposizione.
Ebbene, l’incertezza in ordine ai concreti termini della convivenza dei coniugi costituisce un indizio che depone in senso contrario all’intensità del vincolo relazionale reciso dal fatto illecito, aggravato dalla concomitante esistenza di una stabile relazione extraconiugale (nel caso della sentenza in commento, una relazione di tipo omosessuale, sebbene a tale mero dato oggettivo non possa attribuirsi, di per sé, uno specifico rilievo ai fini del risarcimento), che a sua volta attesta quanto meno un certo “affievolimento” della saldezza del rapporto coniugale.
Avv. Carmine Lattarulo ©