Corte di Cassazione – sezione V Penale – Sentenza 20 novembre 2013 n. 46326. Attenzione a fornire dati di presunti conducenti per sottrarsi alla decurtazione dei punti della patente. Il caso vede coinvolta due volte l’imputata che riferiva alla Polizia Municipale di Roma che alla guida di due autovetture, di cui era intestataria e con le quali erano state commesse violazioni alle norme del codice della strada alle quali conseguivano, come sanzione accessoria, la decurtazione di punti sulla patente di guida, si trovava altra persona che in quel periodo era incaricata di accompagnare a scuola i figli dell’imputata con le auto della stessa che alla ricezione della comunicazione ministeriale della decurtazione aveva manifestato la propria estraneità agli addebiti in quanto violazioni elevate in orari e zone della città incompatibili con la sua attività di conducente-accompagnatore. Nell’ ipotesi di decurtazione dei punti dalla patente del conducente non identificato al momento dell’accertamento dell’illecito al proprietario dell’autovettura viene chiesto, oltre al pagamento della sanzione, di comunicare i dati del conducente sottoscrivendo e facendo sottoscrivere una autocertificazione la cui falsità è sanzionabile in sede penale ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 76 del Dpr 445/2000 e 483 Cp. In realtà l’articolo 126-bis del codice della strada prevede che nel caso di mancata identificazione del conducente il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196, deve fornire all’organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa strutturato sulla forma della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà richiamando le responsabilità e le sanzioni penali previste in caso di false attestazioni. Inoltre richiede in calce la sottoscrizione del conducente precisando che, in caso di mancata sottoscrizione da parte del conducente, il verbale gli sarà notificato. È opportuno aggiungere che, oltre alla sottoscrizione, si chiede al conducente una fotocopia firmata della patente di guida. Orbene, mentre opportunamente il legislatore nell’articolo 126-bis tace sulle modalità con le quali i dati debbano essere comunicati, la pubblica amministrazione ricorre a una formalità particolarmente “impegnativa” e coinvolge addirittura il conducente “minacciando” di applicare sanzioni nei suoi confronti in caso di mancata sottoscrizione. La legge, è il caso di ribadirlo, non prevede né invoca forme solenni per la dichiarazione e inoltre, da un lato, non minaccia responsabilità penali nel caso di errata comunicazione e, dall’altro, non impone alcun obbligo al conducente. Se si riesce a leggere il quadro normativo alla luce di quanto avviene nella realtà, si capisce facilmente la “ratio” che ha indotto il legislatore a non richiamare le formalità di cui all’articolo 47 Dpr 445/2000 (secondo la definizione di cui all’ articolo 1 lett. h) del Dpr citato la “Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” è il documento sottoscritto dall’interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, che siano a diretta conoscenza di questi, resa nelle forme previste dal presente testo unico”) e a non richiedere sottoscrizioni di conferma al conducente. Inoltre, è appena il caso di osservare che le norme in materia di dichiarazioni sostitutive mirano a soddisfare un’esigenza di semplificazione della documentazione amministrativa concedendo al privato la facoltà di sostituire una certificazione ovvero un atto di notorietà con una dichiarazione dotata di determinate forme. Invece nel caso di specie si assiste ad un vero e proprio capovolgimento della ratio legislativa trasformando una facoltà in obbligo e strumentalizzando a favore dell’amministrazione una prerogativa del privato. Ne consegue che il proprietario del veicolo, in ossequio e in completa aderenza a quanto prescrive la legge, potrebbe limitarsi a comunicare, senza vincoli di forma, al Comando accertatore di aver prestato l’autovettura a tizio che verosimilmente si trovava alla guida il giorno dell’infrazione. La convinzione dell’imputata che alla guida si trovasse l’accompagnatore dei figli va esclusa in quanto alla notifica delle due violazioni, l’una distante dall’altra di due mesi, assunse un identico comportamento inviando al comando della polizia municipale due dichiarazioni uguali con le quali comunicava di non essere lei a condurre le auto bensì l’autista-accompagnatore. Un simile comportammo ha portato gli ermellini a ritenere che le mendaci dichiarazioni inviate alla polizia municipale non sono state fornite allo scopo di non corrispondere il quantum economico bensì orientate a conseguire un diverso ingiusto profitto con altrui danno, quello di non subire decurtazioni di punteggio sulla propria patente di guida. © RIPRODUZIONE RISERVATA