Corte di Cassazione Sezione I penale 27 marzo 2014 n. 14510. E’ competente la giurisdizione italiana nei casi di migranti dalle coste africane a quelle italiane quando, anche in acque extraterritoriali, essi vengano abbandonati. L”intervento di soccorso in mare non è un fatto imprevedibile, che possa interrompere la serialità causale, ma è un fatto non solo previsto ma voluto e addirittura provocato dall’organizzazione criminale. La condotta dei trafficanti non può non essere valutata nella sua unitarietà, senza frammentazioni e si deve considerare mirata ad un risultato che viene raggiunto con la provocazione e lo sfruttamento di uno stato di necessità. La giurisdizione dello Stato italiano va riconosciuta , laddove in ipotesi di traffico di migranti dalle coste africane alla Sicilia, questi siano abbandonati in mare in acque extraterritoriali su natanti del tutto inadeguati, onde provocare l’intervento dei soccorsi in mare e far sì che i trasportati siano accompagnati nel tratto di acque territoriali dalle navi dei soccorritori, operanti sotto la copertura della scriminante dello stato di necessità, poiché l’azione di messa in grave pericolo per le persone, integrante lo stato di necessità, è direttamente riconducibile ai trafficanti per averlo provocato e si lega, senza soluzione di continuità, al primo segmento della condotta commessa in acque extraterritoriali, venendo così a ricadere nella previsione dell’art. 6 cod.pen. L’azione dei soccorritori che di fatto consente ai migranti di giungere nel nostro territorio, rileva la Suprema Corte, è da ritenere in termini di azione dell’autore mediato, operante in ossequio alle leggi del mare, in uno stato di necessità provocato e strumentalizzato dai trafficanti e quindi a loro del tutto riconducibile e quindi sanzionabile nel nostro Stato, ancorché materialmente questi abbiano operato solo in ambito extraterritoriale. La giurisdizione Italiana va ancora affermata, seppure sotto un’altra angolazione. Infatti, trattandosi di una associazione transnazionale, l’attività ricade sotto la previsione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata ratificata dall’Italia con la legge 146 del 2006.