Cassazione Civile Sezione III 8 maggio 2015 n. 9315. Trattasi di pronuncia importante perchè la Corte, per la prima volta, spazza via le clausole di arbitrato e definisce a chiare lettere la vessatorietà di quelle clausole che impediscono il ricorso all’autorità giudiziaria ed impongono a carico del consumatore la metà dei costi del procedimento dell’arbitrato: sovente il consumatore viene, infatti, distolto dalla possibilità di attivare l’arbitrato, soprattutto per indennizzi di scarsa incidenza economica, i quali, spesso, non sono utili neppure a coprire le spese dell’arbitrato. Per questo motivo, all’impresa assicuratrice basterà non attivarsi e spingere il consumatore ad attivarsi (e non lo farà) per non pagare indennizzi dovuti. La Corte di Cassazione ha esaminato una clausola di questo stile: «Le controversie di natura medica sul grado di invalidità permanente, nonché sull’applicazione dei criteri di indennizzabilità previste dall’art. 1.10 sono demandate per iscritto ad un collegio di tre medici, nominati uno per parte ed il terzo di comune accordo o, in caso contrario dal Consiglio OM avente giurisdizione nel luogo ove deve riunirsi il collegio dei medici. Il collegio medico risiede nel Comune, sede di Istituto di medicina legale, più vicino al luogo di residenza dell’assicurato. Ciascuna delle parti sostiene le proprie spese e remunera il medico da essa designato, contribuendo per metà delle spese e competenze del terzo medico. È data facoltà al collegio medico di rinviare, ove ne riscontri l’opportunità, l’accertamento definitivo della invalidità permanente ad epoca da definirsi dal collegio stesso, nel qual caso il collegio può intanto concedere una provvisionale sull’indennizzo. Le decisioni del collegio medico sono prese a maggioranza di voti, con dispensa da ogni formalità di legge, e sono vincolanti per le parti, le quali rinunciano fin da ora a qualsiasi impugnativa salvo i casi di violenza, dolo errore o violazione di parti contrattuali. 1 risultati dell’operazione arbitrale devono essere raccolti in apposito verbale, da redigersi in doppio esemplare, uno per ognuna delle parti». Ebbene, la clausola arbitrale avente simile natura irrituale dev’essere considerata vessatoria e, dunque, inefficace. Va, infatti considerato che, di fronte all’evenienza del verificarsi di un sinistro, il diritto di esercitare la garanzia del ricorrente-consumatore risulta oggettivamente tutelato in modo squilibrato rispetto alla posizione dell’assicuratrice, perché l’imposizione convenzionale di ricorrere all’arbitrato irrituale è regolata in concreto in modo tale che, essendo imposto a ciascuna delle parti di sostenere la spesa della nomina e della remunerazione del medico designato unilateralmente, ma anche di contribuire per metà alle spese di nomina e alla remunerazione per il terzo medico, da nominarsi in caso di disaccordo dal Consiglio OM, e non essendo previsto che tale regolamentazione sia solo provvisoria in vista dell’esito finale dell’arbitrato, la prospettiva che il contraente-consumatore ha di vedersi riconosciuto il suo diritto all’indennizzo, anche allorquando esso venga accertato pienamente, con la decurtazione della parte di spesa a suo carico, si risolve in una sostanziale limitazione di detto indennizzo, perché, dovendo il consumatore sopportare la spesa dell’arbitro da lui nominato e metà della spesa della nomina del terzo arbitro, egli finisce per subire un esborso che si risolve in una decurtazione dell’indennizzo. Da tanto discende la presunzione di vessatorietà della clausola ai sensi dell’art. 1469-bis, terzo comma, n. 2 c.c., nonché ai sensi dello stesso n. 18 dello stesso comma, tenuto conto che la posizione del consumatore risulta tale che egli vede derogata la possibilità di poter ottenere, come la potrebbe ottenere tramite la giurisdizione, l’integrale copertura delle spese: infatti, se egli potesse agire in via giudiziale direttamente ed ottenesse tutela non subirebbe incidenza dell’esborso previsto dalla clausola. Sicché, sotto tale profilo, l’operare della clausola si risolve anche in una vera e propria deroga, non rimediabile, del resto, attraverso l’impugnazione della decisione negoziale degli arbitri irrituali, alla “competenza” dell’autorità giudiziaria, siccome sussistente nel caso di azione giudiziale. La clausola risulta, inoltre, vessatoria anche laddove stabilisca che il collegio arbitrale, se ne riscontri l’opportunità, deferisca l’accertamento definitivo della invalidità permanente, cioè della situazione evidenziarne il sinistro, affidando alla discrezionalità del medesimo solo il potere di concedere una provvisionale sull’indennizzo e non invece l’obbligatorio riconoscimento di tale provvisionale con riferimento all’invalidità per come accertata. Tale previsione rendendo del tutto incerta la conseguibilità di una tutela pur provvisoria in relazione all’invalidità frattanto riconosciuta si risolve in un oggettivo squilibrio della posizione delle parti a svantaggio del consumatore, nonché nella violazione anche qui dello stesso già citato n. 18: infatti, un rinvio della decisione «ad epoca da definirsi dal collegio» non trova un equivalente nella prospettiva di svolgimento della sua azione che il consumatore avrebbe davanti all’autorità giudiziaria. Dinanzi ad essa, infatti, non è certo previsto un meccanismo di tutela discrezionale come quello di cui alla clausola, atteso che, per un verso, supponendo l’accertamento definitivo della invalidità permanente una certezza su un certo grado di invalidità e non potendosi nel riferimento all’epoca da definirsi intravedersi un equivalente della prosecuzione per la liquidazione, la situazione risulta in alcun modo apparentabile a quella descritta dall’art. 278 c.p.c., sicché, in aggiunta all’evidente squilibrio della posizione delle parti a tutto vantaggio della società assicuratrice (professionista), vi è anche – e nuovamente – un’oggettiva limitazione del diritto di azione e, dunque della competenza dell’autorità giudiziaria. Le svolte osservazioni rendono palese l’esistenza della presunzione di vessatorietà della clausola sulla base delle previsioni della legge italiana (artt. 1469-bis e ss. c.c.) e senza che occorra nemmeno procedere ad una sua esegesi, che accerti se essa sia comunque rispettosa del diritto comunitario in base al quale la normativa degli artt. 1469-bis e ss. venne emanata e segnatamente della lettera g) dell’allegato alla direttiva 93/16/CEE del 5 aprile 1993. Valga pertanto i seguente principio: in un contratto assicurativo per infortuni, concluso sulla base di condizioni generali predisposte dall’assicuratore, si deve considerare vessatoria e, dunque, inefficace, la clausola delle stesse, espressamente qualificata come di arbitrato irrituale, la quale, nel prevedere che le controversie sul grado di invalidità permanente e sui criteri di indennizzabilità siano demandate ad un collegio medico di tre membri, di cui uno ciascuno da nominarsi dai contraenti ed il terzo da un soggetto estraneo, stabilisca: a) che le spese relative alla nomina e remunerazione del membro da nominarsi da ciascuna parte per l’intero e quelle del terzo per metà siano a carico di ognuno dei contraenti (e, quindi, per quanto gli compete, del consumatore); b) che il collegio arbitrale può rinviare ad epoca da definirsi l’accertamento definitivo del grado di invalidità permanente, con la sola possibilità di una provvisionale sull’indennizzo. La vessatorietà discende ai sensi di una congiunta valutazione in forza del primo comma dell’art. 1469-bis e dei nn. 2 e 18 del terzo comma della stessa norma.». E’ appena il caso di rilevare che l’ inefficacia della clausola, a norma del terzo comma, dell’art. 1469-quinquies è dichiarabile d’ufficio.
Carmine Lattarulo