Cassazione Civile Sezione III 3 dicembre 2015 n. 24622: è’ indifferente l’uso che se ne faccia, non rileva la distinzione tra movimento dell’intera massa del veicolo e movimento d’una sua parte, nè la distinzione tra veicoli monofunzionali e polifunzionali, tanto meno che il movimento non sia orizzontale.
Il caso. Un braccio meccanico di un autocarro, durante lavori di costruzione di un immobile ed all’interno del relativo cantiere, urtò i sovrastanti cavi dell’alta tensione, e causò la morte per folgorazione di un operaio. Il Tribunale di Crotone ritenne che l’area all’interno della quale avvenne il sinistro fosse privata, non aperta alla pubblica circolazione, con conseguente disapplicazione della disciplina dell’assicurazione r.c.a. La Corte d’appello di Catanzaro riformò la decisione, ritenendo che l’area del sinistro, pur se privata, era comunque aperta all’accesso di un numero indeterminato di persone, ed accolse di conseguenza la domanda nei confronti dell’assicuratore.
La decisione. La Corte di Cassazione rompe ogni indugio, considerati i precedenti contrasti insorti in seno, e esplicita in modo chiaro ed anche esemplificativo il concetto di circolazione stradale e di conseguente copertura assicurativa. Per comprendere quanto arduo sia stato sino ad ora ottenere un risarcimento del danno da sinistro stradale causato da macchina operatrice in uso diverso dalla circolazione, basti considerare l’apposita garanzia “carico e scarico” che le imprese separatamente contemplano in polizza con preteso pagamento di ulteriore premio. La Cassazione conferma, innanzitutto, che è coperta da garanzia assicurativa la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. La Corte spiega che per l’operatività della garanzia di responsabilità civile obbligatoria è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l’uso che in concreto se ne faccia, semprechè esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo (caso analogo risolto con sentenza Cass. Civ. Sez. Unite 29 aprile 2015 n. 8620). La Corte afferma che non rileva la distinzione tra movimento dell’intera massa del veicolo e movimento d’una sua parte, sia per la lettera della legge, nella quale non si trova tale distinzione, sia per lo scopo dell’art. 18 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 (ratione temporis vigente), che è quello di tutelare le vittime ed impone dunque una interpretazione coerente con questa finalità.
La Cassazione trae slancio per ricordare sue precedenti pronunce: è stato ritenuto ricadente nella circolazione stradale il danno causato dall’apertura o chiusura d’uno sportello d’un veicolo fermo (Sez. 3, Sentenza n. 18618 del 21/09/2005), ovvero dal ribaltamento del cassone di carico d’un camion (Sez. 3, Sentenza n. 8305 del 31/03/2008). Ma soprattutto rileva che l’assicuratore della r.c.a. deve coprire obbligatoriamente i danni causati dalla “circolazione”, e che la circolazione è definita dal codice della strada come “il movimento, la sosta o la fermata” del veicolo (d. lgs. 30 aprile 1992 n. 285, art. 3, comma 1, n. 9). Nel silenzio totale della legge, non può ammettersi che per “movimento del veicolo” debba intendersi solo quello orizzontale dell’intero veicolo. Dal punto di vista della fisica è “movimento” sia lo spostamento del mezzo nel suo complesso, sia lo spostamento delle sue parti. Costituisce infatti ius receptum il principio secondo cui tutta la disciplina dell’assicurazione della r.c.a. è preordinata al conseguimento di uno scopo: apprestare la maggior tutela possibile alle vittime della strada, affermata, oltre che dalla unanime giurisprudenza di legittimità e di merito, anche dalla Corte costituzionale, secondo cui il sistema normativo stabilito con la L. n. 990 del 1969, “ponendo in massimo rilievo la tutela del terzo danneggiato per eventi causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, persegue il raggiungimento delle maggiori garanzie patrimoniali in suo favore. A tale scopo il legislatore ha istituito l’assicurazione obbligatoria in materia, ponendo così la norma di ordine pubblico che ogni veicolo o natante deve essere assicurato; e ciò in vista della realizzazione, nel settore, delle esigenze di solidarietà sociale cui l’art. 2 Cost., ha conferito rilevanza costituzionale” (Corte Cost. 29 marzo 1983 n. 77). Il principio ispiratore non è tuttavia solo di rango costituzionale, ma anche comunitario, come chiaramente affermato dalla Direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16.9.2009, Corte di giustizia dell’Unione europea (Corte giustizia CE 28 marzo 1996 C-129/94; Corte Giustizia CE sez. 30 giugno 2005 C-537/03; Corte Giustizia CE 9 giugno 2011 C-409/09, Corte Giustizia CE 17 marzo 2011 C-484/09). La Corte di Cassazione, tuttavia, dimentica di menzionare ben più recente giurisprudenza comunitaria: Corte di Giustizia Europea 4 settembre 2014, Sezione III, n. C 162/13, nella quale è stato affermato che “l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile deve coprire qualsiasi incidente causato, utilizzando un veicolo secondo la sua funzione abituale”.
Confutando le convinzioni del Pubblico Ministero, la Corte aggiunge, meglio esplicitando, che la legge non consente alcuna distinzione tra veicoli “monofunzionali” e “polifunzionali” e che tale distinzione non implica un premio maggiore da pagare, perchè tale premio non viene in rilievo nel rapporto tra assicuratore e terzo danneggiato, tra i quali non c’è contratto e non si paga premio, ma potrebbe al massimo rilevare nel rapporto interno tra assicuratore ed assicurato.
Avv. Carmine Lattarulo