Il principio della relevatio ab onere probandi ha ambito di applicazione
in sede di appello, sebbene non esistano pronuce giurisprudenziali chiarissime.
Invero, unprincipio assai conferente è quello secondo il quale “la
parte pienamente vittoriosa in primo grado, pur non avendo l’onere di
proporre appello incidentale per richiamare in discussione le
eccezioni e le domande che risultino superate od assorbite, deve
tuttavia riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo
chiaro e preciso, tale da manifestare, in forma non equivoca, la sua
volontà di chiederne il riesame al giudice superiore, al fine di
evitare la presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c..
Pertanto, a tal fine non è sufficiente il mero richiamo,
in sede di appello, di una situazione di fatto riferibile ad una
domanda proposta in primo grado, essendo altresì necessario, ad
evitare che la domanda – se riproposta – possa considerarsi
abbandonata, che ad essa venga fatto specifico riferimento anche
nelle conclusioni del giudizio di II grado”1.
Ad identico risultato, si giungerà attraverso altra
analisi: l’art. 115 cpc prevede che il giudice deve porre a fondamento della
decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte
costituita; l’art. 167 cpc prevede che il convenuto deve proporre
tutte le sue difese in comparsa di costituzione. Ebbene, l’art. 359
cpc prevede testualmente: “nei procedimenti di appello davanti alla
Corte o al Tribunale, si osservano in quanto applicabili, le norme
dettate per il procedimento di primo grado davanti al Tribunale”.
Stesso tenore l’art. 132 disp. att.: “nei procedimenti di appello
si osservano, in quanto applicabili le norme dettate nel secondo
capo” (procedimento davanti al Tribunale). Dal combinato disposto
delle seguenti prescrizioni normative, il principio della relevatio
ab onere probandi
deve essere applicato anche in sede di appello e non vi sono norme
che sostengano il principio opposto.
L’art. 167 comma I cpc, come tale applicabile quindi anche in sede di
appello (359 cpc) imponendo al convenuto di prendere posizione in
comparsa di risposta sui fatti posti dall’attore a fondamento della
sua domanda, fa della non contestazione un comportamento univocamente
rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con
effetti vincolanti per il giudice, il quale dovrà astenersi da
qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà
ritenerlo sussistente, proprio in ragione che l’atteggiamento
difensivo delle parti, valutato alla stregua dell’enunciata regola di
condotta processuale, espunge il fatto stesso dal novero degli
accertamenti richiesti2.
1 Cass. Civ. Sez. III 16 dicembre 1988 n. 6850.
2 Cass. Civ. Sez. III 21 maggio 2008 n. 13078.