Cassazione civile, Sez. III, 9 luglio 2024 n. 18676: tali attività non investono atti autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del “neminem laedere”.
La questione.
Un Comune organizzava periodicamente, nel periodo estivo, manifestazioni culturali. Alcuni abitanti, residenti in quella piazza, lamentavano, tuttavia, che, sia per l’allestimento del palco, che, poi, per lo svolgimento degli spettacoli, che si protraevano fino a tarda notte, si verificavano rumori che superavano la normale tollerabilità e che rendevano difficile il soggiorno pregiudicando il godimento dell’appartamento che costoro avevano destinato a loro residenza estiva. Alcuni abitanti ricorrevano in Tribunale per il ristoro dei danni, il quale accoglieva la domanda. La sentenza veniva appellata, ma anche la Corte d’Appello si uniformava alla decisione del Tribunale. La questione finiva in Cassazione.
La decisione.
Anche un ente pubblico è soggetto all’obbligo di non provocare immissioni rumorose ed «è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno, così come al “facere” necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del “neminem laedere”.» (Cass. 14209/2023, in caso analogo). La Corte ha tenuto conto dell’interesse pubblico ed ha correttamente osservato che non può giustificare il sacrificio del diritto del privato oltre la normale tollerabilità.
Avv. Carmine Lattarulo ©