Cassazione Civile Sez. III 13 dicembre 2023 n. 34889: la Corte di Cassazione ha stabilito il diritto al rimborso degli interessi pagati sui mutui a tasso Euribor che sono stati manipolati nel periodo compreso tra il 2005 ed il 2008.
L’Euribor (Euro interbank offered rate) è un tasso di interesse di riferimento ampiamente utilizzato sui mercati monetari internazionali e il cui scopo è rispecchiare il costo dei prestiti interbancari in euro. Definito come un indice del «tasso al quale sono offerti depositi a termine in euro nel mercato interbancario da una banca primaria a un’altra banca primaria all’interno della zona euro», si basa sulle quotazioni individuali dei tassi ai quali ciascuna delle banche del panel ritiene che un’ipotetica banca primaria presterebbe fondi a un’altra banca primaria. I mutui a tasso Euribor presentano un tasso d’interesse variabile, che viene calcolato in base all’Euribor: in termini sintetici, il tasso variabile nei contratti di finanziamento in generale (leasing, mutui, ecc.) è composto da una componente fissa, che viene aggiunta, in percentuale, ad una parte variabile determinata in base ad uno o più parametri di indicizzazione (ad es. l’Euribor, il Prime Rate Abi, il Ribor, il Libor). Di regola, i mutui a tasso Euribor vengono indicizzati con diverse scadenze: mensile, trimestrale, semestrale, annuale. Ad ogni scadenza il tasso di interesse viene aggiornato all’indice Euribor.
La Commissione Antitrust Europea, con decisione del 4 dicembre 2013, accertò una manipolazione dell’indice Euribor, avvenuta tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008: quattro banche europeee (nessuna italiana), Barclays Bank, Deutsche Bank, Société Générale e Royal Bank of Scotland, raggiunsero un accordo per alzare i tassi d’interesse. Tuttavia, altre banche, pur essendo estranee all’accordo, utilizzarono quel parametro di riferimento manipolato.
Ciò detto, la Cassazione, con questa storica sentenza, ha stabilito i seguenti principi.
I. L’alterazione dell’Euribor riguarda anche le banche non coinvolte.
Riportiamo il testo integrale: nella pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 2207 del 4/2/2005 è stato precisato che «la legge antitrust 10 ottobre 1990 n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata … siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall’ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto “ex” art. 2043 cod. civ., chi subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l’effetto di una collusione “a monte”, ha a propria disposizione … l’azione di accertamento della nullità dell’intesa e di risarcimento del danno di cui all’art. 33 della legge n. 287 del 1990 … la cui cognizione è rimessa … alla competenza esclusiva, in unico grado di merito, della corte d’appello»; questa Corte (cfr. Cass. 1/2/1999, n. 827) aveva già affermato che l’art. 2 della legge n. 287 del 1990 (la cosiddetta legge “antitrust”), «allorché dispone che siano nulle ad ogni effetto le “intese” fra imprese che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, non ha inteso riferirsi solo alle “intese” in quanto contratti in senso tecnico ovvero negozi giuridici consistenti in manifestazioni di volontà’ tendenti a realizzare una funzione specifica attraverso un particolare “voluto”. Il legislatore – infatti – con la suddetta disposizione normativa ha inteso – in realtà ed in senso più ampio – proibire il fatto della distorsione della concorrenza, in quanto si renda conseguenza di un perseguito obiettivo di coordinare, verso un comune interesse, le attività economiche; il che può essere il frutto anche di comportamenti “non contrattuali” o “non negoziali”. Si rendono – così – rilevanti qualsiasi condotta di mercato (anche realizzantesi in forme che escludono una caratterizzazione negoziale) purché con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, nonché anche le fattispecie in cui il meccanismo di “intesa” rappresenti il risultato del ricorso a schemi giuridici meramente “unilaterali”. Da ciò consegue che, allorché l’articolo in questione stabilisce la nullità delle “intese non abbia inteso dar rilevanza esclusivamente all’eventuale negozio giuridico originario postosi all’origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessiva situazione – anche successiva al negozio originario – la quale – in quanto tale – realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza»; pertanto, qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma essa venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante ai fini dell’accertamento della violazione dell’art. 2 della legge antitrust.
II. I tassi d’interesse calcolati nel periodo tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008 sono nulli.
Riportiamo il testo integrale: ora, nel caso di specie, il ricorrente aveva invocato la nullità del tasso applicato nel contratto di leasing in quanto determinato per relationem, facendo riferimento al tasso Euribor fissato attraverso un accordo manipolativo della concorrenza da un certo numero di istituti bancari, come accertato dalla Commissione Antitrust Europea con decisione del 4/12/2013 (la quale aveva ravvisato l’avvenuta violazione dell’art. 101 Trattato CE nella parte in cui dispone che «Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra stati membri e che abbiano per oggetto o per l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ed in particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni della transazione … Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto».
III. I tassi d’interesse sono nulli, perchè la decisione della Commissione Antitrust Europea è prova privilegiata.
Riportiamo il testo integrale: detta decisione avrebbe dovuto considerarsi prova privilegiata (Cass. 31/08/2021, n. 23655; Cass. 05/07/2019, n. 18176; Cass. n. 13846 del 22/05/2019, n. 13846; Cass. 28/05/2014, n. 11904; Cass. 22/05/2013, n. 12551; Cass. 09/05/2012, n. 7039; Cass. 18/08/2011, n. 17362) a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che all’intesa illecita avesse o meno partecipato il Banco Bpm S.p.A., giacché raggiunta dal divieto di cui all’art. 2 della l. n. 287/1990 è qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte (Cass. 12/12/2017, n. 29810).
Implicazioni della sentenza.
In un primo momento, la decisione della Commissione Antitrust Europea, del 4 dicembre 2013, non colpiva, con lo stigma della nullità, i mutui “a valle” per la presunta invalidità “a monte” della sua determinazione, in quanto non si rinveniva alcun vincolo di dipendenza funzionale o, quantomeno, un collegamento negoziale oggettivamente apprezzabile tra l’intesa anticoncorrenziale ed il singolo negozio: i contratti fra la singola impresa ed il cliente derivano dall’autonomia privata dei contraenti, ovvero da una autonoma manifestazione di consenso, da cui poteva discendere indubbiamente anche l’eventuale recepimento all’interno del regolamento contrattuale di parametri esterni riproduttivi di un’illecita determinazione, ma la circostanza che l’impresa uniformasse al programma anticoncorrenziale le manifestazioni della propria autonomia privata non appariva sufficiente a privare il successivo contratto a valle di una autonoma ragione pratica. Attualmente, con la sentenza della Cassazione, questo orientamento viene capovolto, perchè le intese tra le quattro banche non hanno rilevanza soltanto nel contratto giuridico originario, ma a tutti quelli successivi della sequenza comportamentale, in quanto realizzante un ostacolo al gioco della concorrenza. Si pongono alcune questioni: i mutui a tasso variabile, che ricoprono il periodo tra il 2005 ed il 2008, sono da considerare radicalmente nulli per indeterminatezza relativa al tasso corrispettivo manipolato (applicazione art. 1284 c.c.) e per contrarietà dell’oggetto del contratto all’ordine pubblico ed economico (applicazione combinato disposto artt. 1418 2° comma e 1346 c.c.), e quindi, sulla base di tale ragionamento, la banca dovrebbe restituire tutti gli interessi del contratto? oppure solo quelli relativi al periodo 2005 – 2008? oppure il contratto è parzialmente nullo e la banca dovrebbe corrispondere soltanto gli interessi pagati in eccesso dal cliente? il cliente potrebbe chiedere la ripetizione degli indebiti interessi, ovvero la sua domanda è irrimediabilmente prescritta? la prescrizione (decennale) decorre dal 2008, oppure dal pagamento dell’ultima rata? l’ultima rata dovrebbe considerarsi quella del contratto di mutuo estinto per pagamento ovvero anche del contratto estinto per surrogazione? vi è possibilità di estendere la nullità del contratto di mutuo anche a quello stipulato con tasso fisso? Sono tutti interrogativi non chiariti dalla Cassazione. Al momento, a parere del deducente, non conviene intraprendere alcuna azione giudiziaria, ma inviare solo una richiesta alla banca, anche al fine di interrompere la prescrizione. Bisogna attendere l’evoluzione di questa sentenza, in primis nella decisione della Corte di Appello di Milano a cui la Cassazione ha rimandato per la decisione nel merito di quella controversia. Inoltre, sarà decisiva la tanta attesa sentenza delle Sezioni Unite, su istanza del 6-7 settembre 2023 della prima Presidente della Cassazione, sulla questione dei mutui con ammortamento alla francese.
Avv. Carmine Lattarulo ©