Cassazione Civile Sezione III 27 novembre 2015 n. 24213: l’art. 1176 comma I c.c. assume un parametro di normale scolarità; l’art. 1176 comma II c.c. prescrive un criterio più rigoroso non compatbile con il professionista “mediocre”, bensì “bravo, serio, preparato, zelante, efficiente”.
Il caso. Un paziente si sottopose ad un trapianto di cornea fornite dalla “banca degli occhi” che provocarono un’infezione che a sua volta causò un danno permanente alla paziente. Il Tribunale di Roma condannò medico e struttura sanitaria, mentre la Corte di Appello di Roma, accogliendo l’appello, liquidò il danno in misura più cospicua.
La decisione. L’art. 2043 c.c. stabilisce che ciascuno è responsabile del danno causato ad altri con una deviazione da una regola di condotta, la quale è non soltanto la norma giuridica, ma anche qualsiasi doverosa cautela concretamente esigibile dal danneggiante. L’accertamento va compiuto alla stregua dell’art. 1176 c.c., pacificamente applicabile anche alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale, che impone al debitore di adempiere la propria obbligazione con diligenza. La diligenza di cui all’art. 1176 c.c. è nozione che rappresenta l’inverso logico della nozione di colpa: è in colpa chi viola norme giuridiche o di comune prudenza. Ma le norme di comune prudenza dalla cui violazione può scaturire una colpa civile non sono uguali per tutti: nel caso di inadempimento di obbligazioni comuni, ovvero di danni causati nello svolgimento di attività non professionali, il primo comma dell’art. 1176 c.c. impone di assumere a parametro di valutazione della condotta del responsabile il comportamento che avrebbe tenuto, nelle medesime circostanze, il “cittadino medio”, ovvero il bonus paterfamilias: vale a dire la persona di normale avvedutezza, formazione e scolarità. Nel caso, invece, di inadempimento di obbligazioni professionali, ovvero di danni causati nell’esercizio d’una attività “professionale” in senso ampio, il secondo comma dell’alt. 1176 c.c. prescrive un criterio più rigoroso di accertamento della colpa. Il “professionista” – secondo il Supremo Collegio – è in colpa non solo quando tenga una condotta difforme da quella che, idealmente, avrebbe tenuto nelle medesime circostanze il bonus paterfamilias-, ma anche quando abbia tenuto una condotta difforme da quella che avrebbe tenuto, al suo posto, un ideale professionista “medio” (il c.d. homo eiusdem generis et condicionis). L’ideale “professionista medio” di cui all’art. 1176, comma 2, c.c., nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, non è un professionista “mediocre”, ma è un professionista “bravo”: ovvero serio, preparato, zelante, efficiente.
All’epoca dei fatti, le linee-guida del Centro Nazionale per i Trapianti garantivano e certificavano la sicurezza e la conservazione degli impianti corneali, ragion per cui la responsabilità non poteva certamente escludersi apponendo una scritta su un’etichetta per pretendere di avere stipulato un patto limitativo della propria responsabilità civile.
Avv. Carmine Lattarulo