Cassazione Civile Sez. III 2 luglio 2019 n. 17685: se allegate e provate, pur avendo natura di danno patrimoniale, vanno liquidate secondo le tariffe.
La sentenza incide ulteriormente nel solco del diritto del danneggiato al pagamento del danno accessorio di spese stragiudiziali, che possiamo schematicamente riassumere come di seguito.
I. Danno patrimoniale. Le spese legali della fase che ha preceduto il giudizio hanno natura patrimoniale e, come tali, devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali (Corte Cass. Sez. 3, sentenza n. 2275 del 02/02/2006; Cass. Civ. Sez. 3, sentenza n. 997 del 21/01/2010; Cass. Civ. Sez. 6, ordinanza n. 6422 del 13/03/2017).
II. Inapplicabilità dell’art. 9 dPr 254/2006. La norma, che prevede l’irrisarcibilità delle spese legali, si pone in contrasto con l’art. 24 Cost., il quale non preclude la risarcibilità delle spese ulteriori sostenute dal danneggiato per ottenere il risarcimento del danno (Corte Cass. Sez. 3, sentenza n. 11154 del 29/05/2015).
III. Conflitto con le spese giudiziali. Se l’esito della lite è vittorioso, l’attività stragiudiziale, pur essendo assimilabile all’attività giudiziale, va liquidata come danno emergente, laddove: 1) abbia carattere di autonoma rilevanza rispetto alla attività giudiziale [ciò accade quando l’esito vittorioso della lite poteva facilmente prevedersi nella fase stragiudiziale attraverso tutti gli elementi probatori ivi raccolti (cd valutazione “ex ante”)]; 2) sia allegata e provata, secondo le ordinarie scansioni processuali (Cass. Civ. Sez. Unite sentenza n. 16990 del 10/07/2017; Cass. Civ. Sez. VI ordinanza n. 2644 del 02/02/2018).
IV. Liquidazione. Pur essendo un danno patrimoniale, essendo assimilabile alle spese giudiziali, va liquidato secondo le tariffe forensi mediante la apposita tabella “prestazioni di assistenza stragiudiziale”, individuata in relazione allo scaglione del valore della causa (ai sensi dell’art. 18 e dell’art. 19, ultima parte, del DM n. 55/2014), in misura compresa tra i minimi e i massimi tariffari, il cui apprezzamento del giudice è insindacabile in sede di legittimità (Cass. Civ. Sez. VI Ordinanza n. 2644 del 02/02/2018).
Osservazioni. La Cassazione ripete, da tempo risalente, che avendo natura patrimoniale, dette spese vanno risarcite se allegate e provate. La Cassazione ha anche alleviato l’onere del daneggiato, facultandolo alla prova testimoniale, ritenendola prova idoena alla dimostrazione di tale danno: “il mandato professionale per l’espletamento di attività di consulenza e, comunque, di attività stragiudiziale non deve essere provato necessariamente con la forma scritta, ad substantiam ovvero ad probationem, poiché può essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti e il giudice [….] tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza, può ammettere l’interessato a provare, anche con testimoni, sia il contratto che il suo contenuto […] né osta all’ammissione di una simile prova il disposto dell’art. 2233, comma 3, cod. civ., che prescrive la forma scritta per i patti che stabiliscono i compensi professionali degli avvocati, in quanto questa prescrizione riguarda non l’esistenza del mandato professionale, ma la sola misura del compenso (Cassazione Civile, Sez. I, 16/11/2018 n. 29614). Tuttavia, la giurisprudenza di merito dimostra di essere poco incline all’ammissione di tali prove perché seguita a confonderle – e, quindi, sbagliando – con le spese giudiziali. Ovviamente, questa deminutio capitis non potrà ritorcersi – come invece accade – nei confronti del danneggiato, laddove articoli le prove: “il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda, e poi negarle la prova offerta“ (Cass. Civ. Sez. III 7 maggio 2015 n. 9249: Cass. Civ. 29 marzo 1963 n. 789; Cass. Civ. 20 ottobre 1964 n. 2631; Cass. Civ. 05 ottobre 1964 n. 2505).
Avv. Carmine Lattarulo ©
Spese legali: la Cassazione indica i presupposti
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