Una sentenza importante non ha avuto adeguata attenzione da parte delle migliori riviste specializzate, sebbene abbia introdotto un principio importante in ambito di dimostrazione dell’onere della prova, quando questa è difficoltosa ovvero addirittura impossibile. É la Cass. Civ. Sez. III 20 luglio 2010 n. 16895. Molto spesso l’incendio investe il veicolo interamente tale da non poter permettere di valutare l’origine e quindi la natura dell’incendio, ossia una matrice dolosa, ovvero un difetto del veicolo dal quale ne sia scaturito, per esempio, un corto circuito.
Tale difficoltà investe l’importantissimo principio dell’onere della prova: su quale delle parti grava tale onere? È il danneggiato a dover dimostrare che trattasi di corto circuito, ovvero l’assicuratore che si verta su incendio doloso con la importante conseguenza che in mancanza di prova, sarà l’onerato a subire le conseguenze negative della vertenza? Ci subirà gli effetti processualmente pregiudizievoli della mancanza di prova? il danneggiato? L’assicuratore? L’arresto sopra richiamato ha un dato testuale chiarissimo: “una volta non dimostrato che l’origine dell’incendio sviluppatosi sull’automobile del ricorrente fosse di natura dolosa, il Giudice del Tribunale avrebbe dovuto considerare l’incendio di un’auto propagatosi, poi, ad altre auto, tra le ipotesi di danno prodotto da veicolo in sosta; e pertanto condannare, in solido, il ricorrente con la Compagnia assicuratrice Aurora Assicurazioni S.p.A”. Al medesimo approdo la Suprema Corte era già giunta nel 2009, ove aveva opportunamente rilevato che “in caso di danni derivati a terzi dall’incendio sviluppatosi in un immobile condotto in locazione, la responsabilità per danno cagionato da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c. si configura a carico sia del proprietario che del conduttore allorché nessuno dei due sia stato in grado di dimostrare che la causa autonoma del danno subito dal terzo è da ravvisare nella violazione, da parte dell’altro, dello specifico dovere di vigilanza diretto ad evitare lo sviluppo nell’immobile dell’agente dannoso; ne consegue che, ove sia rimasta ignota la causa dello sviluppo dell’incendio, la responsabilità civile per i danni conseguenti ridonda non a carico del terzo danneggiato, bensì del proprietario e del conduttore, potendo la presunzione di responsabilità del custode essere superata solo con la prova del caso fortuito”(Cass. Civ. Sez. III 12 novembre 2009 n. 23945). L’onere della prova è quindi dell’assicuratore. Se questi non dimostra la circostanza del dolo, deve vedersi accolta la domanda di accertamento del danneggiato nei suoi confronti. Tuttavia, prima di tale arressto, è doveroso segnalare che identica pronuncia era stata emessa, cronologicamente prima, dallo stesso Tribunale di Taranto (sentenza 168/2009 Dott. Ettore Scisci). In altri termini, l’attore deve dimostrare, quindi, che l’incendio si è propagato dalla vettura in sosta; incombe sul convenuto, invece, la dimostrazione dell’interruzione del nesso causale, ossia la natura dell’incendio diversa da quella del corto circuito. Tale distribuzione dell’onere della prova riviene dal concetto di responsabilità del proprietario del veicolo, che include quella derivante dalla custodia ex art. 2051 cc: la responsabilità per custodia prevista dall’art. 2051 cc si presume ed è superabile solo con la prova del fortuito, tale che continua a figurarsi allorchè non sia stato in grado di dimostrare che la causa autonoma del danno del terzo è da ravvisare nella violazione da parte dell’altro, dello specifico dovere di vigilanza diretto a evitare lo sviluppo del suddetto agente dannoso.
Avv. Carmine Lattarulo